Cosa resterà del commercio tradizionale? Il tema dei saldi non mi ha mai appassionato (compro da sempre solo ciò che mi è davvero necessario, e quando mi serve), ma è un evergreen. Outlet strapieni, negozi tradizionali in affanno, si legge anche quest’anno.
E la nuova normativa, che consente di fatto di tenere aperto un esercizio 7 giorni su 7, con qualsiasi orario, sulla carta non potrà che assestare un’altra mazzata ai piccoli esercizi a gestione famigliare, o con pochissimi dipendenti. Non c’è partita con un mega emporio che ha tutto personale con contratti part time, o addirittura da week end, e che appunto assume e licenzia quando gli serve, in base ai ‘picchi’ di vendita.
Del resto siamo un Paese che l’orlo del baratro ormai l’ha oltrepassato, e che sembra avere un unico orizzonte, di breve periodo: convincere la gente a rimettere in circolo il rispamio privato (che è enorme, grazie ad una logica da formiche che ci ha caratterizzati per diverse generazioni) per non far affondare la baracca pubblica, le banche ecc….
Dico di breve periodo, perchè mi pare che manchi assolutamente, ai vertici politici e industriali italiani, una visione, un progetto davvero rifondante. E del resto primo passo per rifondare davvero il sistema dovrebbe essere proprio la sostituzione vera (e non posticcia) della classe dirigente, ossia di quei vertici che, avendoci ridotti così, ora pretenderebbe pure di guidarci nel nuovo mondo. Ma mettiamoci nei loro panni, per una volta: finché non troveranno nella popolazione una reazione davvero rabbiosa, perché dovrebbero mollare?
Però sto divagando. Torniamo al commercio: siamo dei romantici perdenti se sogniamo che il sistema degli outlet possa andare finalmente a farsi fottere, e che nelle nostre città possa rifiorire quella rete di negozi e attività che le hanno rese vive e vissute, e la cui progressiva chiusura sta trasformando i centri storici in dormitori? Forse sì.
Forse questo modello americano (ma quello è un Paese sterminato: perché mai noi tendiamo sempre ad importarne il peggio?) è davvero inarrestabile. Sicuramente è entrato ‘nella pelle’ e nella testa di tanti 30/40 enni, con fenomeni tra il pittoresto e il demenziale, come quello dei campeggiatori che occupano i grandi parcheggi dell’Outlet addirittura la notte, o di prima mattina, per non perdersi la pole position dell’inaugurazione dei saldi. Uno scenario apocalittico, da ‘vestite gli ignudi’.
Me li immagino quanto meno ricoperti di stracci, ‘sti poveracci in camper, dato il sacro fuoco per l’acquisto di vestiti.
Una cosa è certa: se questa gente avesse, nei confronti della vita sociale e pubblica, lo stesso livello di attenzione e competenza che ha nel distinguere i marchi e le griffe, l’Italia non sarebbe così mal messa. Ma così non è: purtroppo tanti italiani sono pienamente e fieramente consumatori, e solo marginalmente cittadini. E sono pienamente causa dei propri mali.
E. G.