Polo chimico: si fa presto a dire bonifica!

Solvay con i giornalisti gioca sulle parole e guadagna spazi e titoloni, che invidiamo. Cerchiamo innanzitutto di chiarirci sui termini. Dicesi “bonifica” l’eliminazione completa e definitiva di inquinanti da terreni e acque.  Dicesi “messa in sicurezza” un intervento di efficacia parziale e temporanea per evitare ulteriori o peggiori inquinamenti. Quando scoppia un’emergenza ambientale si procede con urgenza ad una “messa in sicurezza”, al più propedeutica a una vera e propria bonifica, che è sempre più complessa e soprattutto costosa. Solvay ha annunciato un progetto per il disinquinamento della falda acquifera della Fraschetta (almeno 21 veleni tossici e cancerogeni) definendolo “bonifica”.

È la seconda volta che Solvay annuncia un piano di bonifica. Il primo, a braccetto con Lorenzo Repetto, presidente dell’AMAG, sarebbe consistito nel prelievo e lavaggio delle acque: come raccogliere un lago con un cucchiaio. Il progetto fu subito ridicolizzato da noi e con qualche sospetto ritardo da tutto il mondo.  Noi in alternativa abbiamo sempre sostenuto che l’unica vera bonifica si fa solo se si estraggono dai terreni i veleni che altrimenti colano in falda per l’eternità, e sottolineando che senza bonifica lo stabilimento (attualmente in vendita) è destinato alla chiusura.

Ora Solvay ha annunciato un secondo ”piano di bonifica” che, incentrato sul cromo esavalente a prescindere dagli altri 21 inquinanti, sembra fatto apposta, per i suoi limitati costi futuri, a invogliare gli acquirenti. Il progetto consisterebbe nell’ “innaffiare” alcuni terreni (non tutti peraltro, bensì solo sei aree contaminate) con una sostanza, il ditionito di sodio (nota), che trasformerebbe il cromo6 solubile e cancerogeno in cromo3 non solubile e innocuo. Un sistema non innovativo, molto scolastico, da aula di laboratorio. In campo, si aprono una serie di interrogativi.

Funziona? Dal punto di vista chimico, nel processo il Ditionito di Sodio teoricamente funziona se si riesce a stimare esattamente le quantità giuste. Poco ditionito non riduce tutto il cromo esavalente, troppo ditionito lascia ditionito in eccesso. Il riducente iniettato, sale di sodio dell’acido ditionico, sarebbe innocuo e immobile o non diventerebbe esso stesso in un tempo più o meno lontano una ulteriore fonte d’inquinamento? Il ditionito è tossico esso stesso ed è instabile quindi cerca molecole per combinarsi ed arrivare allo stato di equilibrio naturale. Il vero problema è fare in modo che tra ditionito e cromo vi sia contatto, e ciò viene garantito tramite i test di laboratorio dove si agita tutto dentro un beker, mentre in un territorio esteso è pressoché azzardato dal punto di vista ingegneristico affermare che il rimescolamento avvenga. Infatti non si parla di liquidi dove il contatto intimo tra le particelle è garantito, quindi tutto è reso più difficile e necessita di tempi maggiori, indefiniti o infiniti.

Dunque il ditionito si aggiungerebbe come un nuovo inquinante? a maggior ragione gli altri 21 inquinanti potrebbero interferire nella reazione chimica? Infatti conosciamo e facciamo distinzione tra le 21 diverse sostanze tossiche e cancerogene presenti nei terreni, molte delle quali sono più sensibili e possono complicare le operazioni con reazioni a loro volta inquinanti. La “spruzzata” di ditionito” a quanti metri arriverebbe? L’intervento del ditionito deve tener conto di raggiungere il cromo6 abbastanza in profondità per trasformarlo in cromo3 però mantenendo una adeguata distanza di sicurezza dalla falda acquifera per non inquinarla ulteriormente: difficilmente queste due condizioni possono essere garantite contemporaneamente.

Continuerebbe a percolare in falda il cromo6 non raggiunto dalle “punturine” di ditionito? Fin dove raggiunto ed effettivamente combinatosi diventa cromo3; il rimanente continua a percolare in falda. E sotto gli impianti, dove non si può iniettare il ditionito? Rimane cromo6. Cosa succederebbe al presunto cromo3 fra 1-10 anni? Resta cromo3, che dovrebbe precipitare come ossido di cromo. Tornerebbe allo stato di cromo6? Dipende soprattutto dagli altri inquinanti.

Siccome a questi interrogativi riteniamo le risposte negative, concludiamo che non si tratti di “bonifica” bensì di “messa in sicurezza”, con una spesa minima che serve a prendere ulteriore tempo, 10 anni! Senza risolvere il drammatico problema. Il che non è più tollerabile. A maggior ragione perché ci si limita al cromo esavalente (in aree circoscritte) mentre da un’area vastissima in falda colano in un cocktail altri 20 veleni tossici e cancerogeni: solventi clorurati, cloroformio, tetrafluoretilene, arsenico, nichel, clorofluorocarburo, solfati, ddt, cobalto, mercurio, selenio, vanadio, piombo, cadmio, solventi aromatici eccetera.

Per questi inquinanti Solvay osa definire “bonifica” una cosiddetta “barriera idraulica” che dovrebbe interrompere il loro trasporto nelle acque di falda verso l’esterno  dello stabilimento. L’affermazione è palesemente contraddetta dai risultati della barriera: dopo anni e anni sotto l’ex zuccherificio e la fattoria Pederbona  gli astronomici livelli di veleno sono sempre gli stessi. In realtà succhiare tramite pozzi e lavare una immensa falda sotterranea sarebbe una pretesa folle ed è una truffa chiamarla bonifica. Fa sorridere poi la presunta bonifica dei metalli pesanti tramite felci che li assorbirebbero dalle radici per trasferirli nel fogliame, poi sfalciato ed inviato a smaltimento. Più seria, ma assai limitata, è stata l’estrazione dei vapori dal suolo. Dunque tutti gli interventi di Solvay si alternano all’insegna della precarietà, definita bonifica. Così è anche per le discariche tossico cancerogene che vengono definite bonificate perché riammucchiate e ricoperte con teloni. Ridicolo. Dubitiamo che un professore ordinario di chimica all’università di Alessandria, Domenico Osella, si esponga a definire tutto ciò come “bonifica”. Infine va rimarcato che Solvay per questi parziali e discutibili tentativi di messa in sicurezza chiede autorizzazione delle autorità, come fosse una certificazione di bonifica. A questa assurda pretesa la risposta degli Enti non può che essere sempre la stessa: Solvay non ha bisogno di autorizzazioni preventive, faccia ciò che ritiene di suo dovere, gli Enti valuteranno a posteriori i risultati.

Medicina democratica Movimento di lotta per la salute Sezione provinciale di Alessandria

(nota) Si legge sulla scheda tossicologica del Sodio Ditionito:
A temperatura ambiente è in stato solido, bianco, con odore pungente, composto nocivo, può incendiarsi spontaneamente, nocivo per ingestione, contatto con pelle o occhi è irritante, libera gas tossici a contatto con acidi, acqua, aria, agenti ossidanti, alogenati, ecotossicità media in acqua, anche diluito produce miscele tossiche con acqua, non inserire in terreni o acquiferi, in caso d’incendio sviluppa SOx.