Stasera si corre la StrAlessandria, che davvero è uno dei momenti aggreganti della città, occasione di divertimento, svago e festa per tanti: giovani e meno giovani. Quest’anno è stata organizzata, alla faccia della scaramanzia, per venerdì 17, e tra l’altro il meteo sembra metterci uno “zampino” maligno.
Proprio perché abbiamo ben chiara la valenza sociale della manifestazione, e la sua centralità nella vita alessandrina, nei giorni scorsi non abbiamo potuto fare a meno di sottolineare, e lo facciamo di nuovo, l’imbarazzo per uno sponsor, la Solvay, il cui marchio domina a tutto campo sulle magliette ufficiali della corsa. A sottolinearlo sono, sul fronte politico, anche il Movimento 5 Stelle e la Federazione della Sinistra, e naturalmente lasciamo che i partiti facciano il loro mestiere, e speriamo riescano a “smuovere” le coscienze, un po’ intorpidite, degli alessandrini.
C’è chi ha già annunciato che correrà, sì, ma con una maglietta diversa. Chi intende girarla al contrario. Qualcun altro ancora non correrà. Tutte scelte legittime, ma noi ci rivolgiamo agli altri. Ossia a tutti coloro che, stasera, correranno la StrAlessandria vedendo sulle spalle del corridore dinanzi a sé (e portando sulle proprie) il marchio della multinazionale chimica attuale proprietaria dello stabilimento alle porte di Alessandria, a Spinetta, nell’area che abbiamo da tempo denominato “polmone verde”.
Ebbene, documentatevi. Sappiate che esiste un processo, in corso in tribunale ad Alessandria, che dovrà stabilire se sono stati commessi negli anni gravi reati ambientali, e da parte di chi. La settimana scorsa, per puro caso, ho ascoltato un’appassionata conversazione “di corridoio” tra un legale dell’attuale proprietà della fabbrica e alcune giornaliste, da cui emergeva che l’inquinamento c’è eccome, ma i veri responsabili sarebbero da ricercarsi (tesi dell’avvocato) nelle proprietà precedenti e, attenzione, negli enti pubblici locali che, per lunghi decenni, dagli anni Cinquanta in poi, ebbero un atteggiamento alla “non vedo, non sento, non parlo”. E gli ambientalisti locali? E i partiti e i sindacati? Da che io ricordi, “l’eroico” Lino Balza si è sempre trovato in pressoché totale solitudine a gridare “il re è nudo”, mentre nei paesi attorno allo stabilimento la “neve” di primavera o estate, le spighe di grano senza chicchi e persino i “nasi forati” sono sempre stati considerati folklore, o al più accettabili danni collaterali. C’era gente, ho letto, che si accontentava dell’acqua gratis, o del rimborso delle grondaie corrose ogni “due per tre”. Chissà come mai.
Ma possibile che (rileggetivi su questo magazine la recente intervista all’europarlamentare Tino Rossi) ancor oggi non si siano effettuati controlli e rilevazioni rigorose, per sapere con certezza quante e quali sostanze velenose ci sono lì sotto, in che successione temporale sono state sepolte, e quindi da chi? O si sa, e non si dice?
Ma, soprattutto, quali sono i rischi presenti e futuri che la popolazione spinettese e alessandrina dovrà affrontare, a causa di quei veleni?
Non si tratta di fare paralleli tout court con Eternit, Seveso o Ilva: ogni storia ha un percorso diverso.
Si tratta però di chiedersi, invece, perché gli alessandrini sono tanto ignavi da nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, persino di fronte a situazioni così potenzialmente drammatiche e pericolose. A meno che non passi da queste parti un Gabibbo, o una Iena, a mostrar loro la gravità del fenomeno.
Ecco: se oggi il logo della Solvay sulle magliette della StrAlessandria una funzione positiva può avere (assegno di sponsorizzazione a parte), è sicuramente quello di consentirci di riparlare con più forza di una vera emergenza del nostro territorio.
E, se qualcuno di voi avesse voglia di informarsi, e di seguire direttamente il processo, sappia che l’accesso è assolutamente libero, e ascoltare alcune testimonianze davvero istruttivo. Sul sito di Medicina democratica trovate tutti i dettagli, le date, la documentazione. E, naturalmente, buona corsa “consapevole” a tutti.