Spoils system all’alessandrina

Tempo di teste che saltano, e di nuove nomine nella galassia di Palazzo Rosso. Il caso di Lorenzo Repetto, ex dominus dell’Amag ormai defenestrato (ma solo a metà, perchè rimane al momento in sella ad Alegas e alle altre società del gruppo) è senz’altro il più eclatante dal punto di vista mediatico, ma non l’unico. Si è dimesso nei giorni scorsi il presidente di Amiu, e ai primi di agosto è in scadenza quello di Aspal. Mentre rimane da sciogliere il “nodo” del re della filiera dei rifiuti, l’ex (e sempre) socialista Piercarlo Bocchio, che cumula tre incarichi e una retribuzione complessiva da manager dell’alta finanza.

Tecnicamente si chiama spoils system, e pare che l’origine dell’espressione sia il motto “To the victor belong the spoils” (in italiano: “Al vincitore spetta il bottino”).

E’ sempre andata così: ogni volta che negli enti locali c’è stato un cambio di “colore” nell’amministrazione, tra le prime conseguenze ecco le nomine “fiduciarie” ai vertici degli enti. Il che mi pare anche legittimo: anzi magari sarebbe saggio stabilire, per legge o per consuetudine da rispettare, che l’avvicendamento scatta in automatico, e senza appesantimenti per le tasche dei contribuenti. Mentre spesso è successo e succede che il politico in scadenza dispensa, negli ultimi 12 mesi di mandato, rinnovi triennali o quadriennali di cariche ai suoi fedelissimi, per garantire loro se non altro un adeguato potere contrattuale, o “buonuscita”. E noi paghiamo doppio.

Stavolta però (che sia per la crisi particolare che stiamo attraversando, o per una nuova classe amministrativa che, sia pur faticosamente, si fa avanti) c’è un segnale nuovo: ossia qualcuno sia sul fronte del centro sinistra (il capogruppo del Pd a Palazzo Rosso, Giorgio Abonante) che su quello del centro destra (il consigliere del Pdl Emanuele Locci) sta ponendo la questione della discontinuità di metodo.

Basta, insomma, con le nomine di mariti, mogli, cugini, amici, galoppini, cavalli o maestri di tennis personali. Raccogliamoli e leggiamoli davvero, questi curricula, e proviamo a dire ad un esercito di laureati (e non) che arrivano dalla società civile che è loro sacrosanto diritto farsi avanti, e proporre le proprie competenze.

Lascio ad ognuno di voi di leggersi quanto chiedono Abonante e Locci, e di valutare.

Aggiungo solo, come piccolo aneddoto personale, che nel 2007 (non per passione, ma come test, lo ammetto) presentai il mio cv agli uffici di Palazzo Rosso, candidandomi come potenziale amministratore di partecipate (mi pare di ricordare che fosse un elenco aperto, non si trattava di una società specifica). Ebbene, dopo una telefonata esplorativa di un’impiegata che mi chiedeva se avessi preferenze o attitudini per qualche settore in particolare, non ne seppi più nulla. Salvo dilettarmi mesi dopo nella lettura completa dei cda delle varie aziende comunali, aiutato da un’amica che mi spiegava chi erano i nomi per me senza volto: “ma come, non lo sai? Questa è l’amante di quello, quello è il cugino di quell’altro, con quest’altro hanno un business collaterale” e via dicendo.

Insomma, la pena che tutti conosciamo (e che fu per decenni bipartisan, o tripartisan se ci mettiamo dentro pure la variabile leghista degli anni Novanta).

Ora è arrivato davvero il momento di girare pagina? Ce lo auguriamo, anche perché in caso contrario la nuova giunta di centro sinistra darebbe un pessimo segnale di continuità. Pensate invece che stupore, che meraviglia se nel cda Amag (superata l’emergenza dei prossimi 12 mesi) ci mettessero persone che ne sanno di acqua e gas, e tecnici che hanno competenze di trasporti all’Atm, e così via. Non faccio il caso di intellettuali competenti alla Fondazione Tra, perché la sparerei troppo grossa (eppure ci fu un tempo…), e soprattutto non è neppure chiaro se per teatro, cinema e affini ci sarà un futuro.

La sfiga, cari amici della società civile, potrebbe però essere in agguato: ritrovarsi a fare gli amministratori “a gratis”, con l’aria che tira, è un’eventualità da considerare. Vuoi vedere che i politici ce la mettono “in saccoccia” ancora una volta?

E. G.