Vi ricordate quando qualcuno, nei meravigliosi anni Ottanta, preconizzava l’epoca della ‘fine del lavoro’, ossia un’era in cui, grazie alla tecnologia, avremmo lavorato tutti pochissimo, ‘liberando’ il nostro tempo per attività più nobili e piacevoli?
Oppure, più prosaicamente, il grande statista Romano Prodi che, conducendoci in Europa a condizioni di ‘cambio di moneta’ assolutamente capestro, diceva agli italiani “tranquilli, calma: lavorerete di meno e guadagnerete di più”?
Beh, oggi lo sappiamo, tutte e due le scuole di ‘pensiero’ hanno floppato alla grande. Su un solo punto hanno colto nel segno: in Italia si lavora e lavorerà sempre meno. Almeno intendendo per lavoro un’attività regolare, contrattualizzata, garantita e con diritti decenti per chi la espleta.
Leggetevi l’intervista con Silvia Robutti, che alla Camera del Lavoro di Alessandria si occupa di Nidl, nuove identità del lavoro: che tradotto su scala locale significa i circa 9.000 alessandrini che, in provincia, lavorano come ‘interinali’, o lavoratori in affitto.
Uno di loro, ‘somministrato’ Amazon, lo abbiamo anche intervistato la settimana scorsa: un articolo che ha battuto ogni record di lettori peraltro, il che significa che siamo andati a ‘toccare’ un nervo scoperto.
Siamo realisti insomma: sempre più tocca ‘arrangiarsi’, tra ‘somministrazioni’e voucher, e sorridendo ormai pensando a quella frase infelice (perchè sincera: riconosciamolo almeno a posteriori) di Silvio Berlusconi che indicava nei lavoretti ‘in nero’ la salvezza per tanti italiani.
L’alessandrino però rischia di ‘pagare’ in questi anni un conto salatissimo, in termini di dismissioni o ridimensionamenti di attività industriali (utimi casi, a memoria breve, Essex di Quattordio e Bistefani Bauli di Villanova Monferrato), e quando leggiamo che il nuovo trend di operai o impiegate di mezza età, e di giovani mai entrati/e nel mondo del lavoro, è puntare sui corsi da operatori socio sanitari, un brivido ci corre dietro la schiena: perchè anche questo è un mercato ‘a tempo’, legato ad un irripetibile e insostenibile scenario di anziani mediamente benestanti. Vi pare normale una provincia con 140 mila trattamenti previdenziali su poco più di 400 mila abitanti? E’ un dato abnorme, e l’impressione è che davvero in pochi riescano a porsi il problema del dopo, e di una decrescita di massa davvero poco felice.