Il suicidio è l’estremo tentativo di migliorare la propria vita. (Michelangelo)
Dalle prime notizie pare si sia impiccato alle prime ore del giorno, ma anche se ora e modalità sono da confermare resta il fatto che X si è tolto la vita.
X era un imprenditore di enorme successo nel suo campo, almemo sino a qualche anno fa, poi la crisi, il fallimento e un primo tentativo di suicidio un anno fa. Ora purtroppo ci è riuscito.
Pare che dal 2012 i suicidi addebitabili alla crisi siano circa 600, e che di questi la metà siano imprenditori. Troverete facilmente questi macabri dati su internet, dalle più svariate fonti: peccato manchi quella più autorevole, quella che stila ogni tipo di statistica sulle nostre vite, i nostri comportamenti e le nostre abitudini, l’ISTAT.
In effetti tutti ci siamo chiesti in questi ultimi anni, se fosse davvero finita l’ondata di suicidi che ha caratterizzato questa interminabile crisi economica o se semplicemente i media tacessero per ordini superiori. Pur non escludendo quest’ultima ipotesi, è stato abbastanza facile interrompere virtualmente questa catena di lutti causa crisi/Equitalia e varie. E’ infatti bastato che l’ISTAT decidesse di non fare più statistiche in merito, ritenendo troppo difficile collegare in modo certo queste morti a problematiche economiche.
Di commentare questa decisione non ho nemmeno voglia, il mio senso del pudore lo impedisce, tanto il Sig.X dentro o fuori dalle statistiche non è più tra noi e dopo mesi e mesi di agonia psico fisica ha fatto la scelta peggiore. Sig. X non è morto per incidente sul lavoro, se così fosse riempirebbe le pagine dei giornali, in quel caso si fa ancora statistica certa.
X però è morto “per lavoro” e per le conseguenze dello stesso. Il tempo di “sciur padrun dalle belle braghe bianche” è finito, i grandi imprenditori sono andati all’estero, qui sono rimasti i medio piccoli e i piccolissimi che ogni giorno si barcamenano tra cartelle esattoriali, ogni tipo di tassa e spesso, anche se irrisi periodicamente sulla pagine dei giornali, non guadagnano nemmeno quanto un loro dipendente. Anzi a volte non guadagnano proprio, se non addirittura perdono e perdono fino a quando oltre i denari perdono la ragione.
Il 10 Settembre 2015 il Sole 24 Ore annunciava che in Italia ogni ora chiudono 2 imprese, e dietro queste chiusure spesso ci sono fallimenti. Queste morti meriterebbero più rispetto e attenzione da parte di tutti, per iniziare a riflettere seriamente su cosa è successo dal 2008 ad oggi. Il che aiuterebbe ognuno di noi a comprendere che il mondo è cambiato, che un mondo è proprio finito e che le divisioni sociali sono nella maggior parte dei casi utili solo a chi ci governa.
Il Sig.X non era mio amico, ma lo conoscevo, nel suo ramo era un numero uno asssoluto con la sola colpa di continuare a fare l’imprenditore, investendo, assumendo e sperando che tanto prima o poi la crisi sarebbe finita, mentre l’unica cosa che è finita è stata la sua vita.
Per i tanti, troppi, tutti i Sig.X vorrei lo stesso rispetto e la stessa umana pietà che si riservano all’operaio morto in cantiere, perché si smetta di morire sul lavoro e per lavoro. Con il lavoro si deve semplicemente vivere.
X non era alessandrino, se i media e l’Istat riterranno opportuno non “catalogarlo”, non sarò certo io a mancargli di rispetto.
Diogene (il cane)