“Non esiste vittoria, solo gradazioni di sconfitta” Gavin D’amato
L’avvocato Gavin D’amato discute nel suo ufficio con un cliente che pare intenzionato a divorziare dalla propria compagna.
Per farlo ragionare e spiegargli l’importanza di mantenere almeno la civiltà nel rapporto qualsiasi scelta decida di fare, gli racconta la storia di Barbara ed Oliver Roses, coppia di sua conoscenza che inizialmente pareva destinata ad un futuro colmo di successi.
Giovani e carini, si conoscono in un giorno di pioggia, che cade su di lei rendendola ancora più bella, fasciata in una magliettina bianca e aderente al suo fisico flessuoso e slanciato, da cui Oliver rimane impetuosamente attratto.
Sembra l’inizio di una fiaba: lui avvocato in erba tenace ed ambizioso, lei bionda ginnasta di bell’aspetto dai modi fieri , Cupido che svolazza su di loro mentre si aggiudicano una preziosa statuetta giapponese in un’asta, sfidandosi forse per celare quell’interesse immediato che sentono l’uno per l’altro.
Potrebbe essere un racconto romantico all’insegna dell’amore puro, in cui una coppia si unisce senza prestare attenzione ai beni materiali, con l’enfasi dei primi mesi che si protrae per una vita e rende i ricordi dei primi appuntamenti ancora vividi e carichi di pathos.
Invece no. Il sentimento infuocato diviene risentimento stagnante e si trasforma astio coriaceo, di quelli che sopravvivono ai luminosi Natali dalle tavole imbandite e alla tristezza dei figli, che in fondo poi vanno verso la loro strada senza preoccuparsi troppo del percorso che intraprenderanno i genitori.
Questo ha voluto raccontare Danny De Vito nel suo film del 1989 in veste di regista e voce narrante del nastro, con cui ci illustra, non senza un tocco di amarezza, una vicenda che ha il sapore di una quotidianità già vissuta da molti ex amanti ora ai ferri corti, che hanno giurato affetto eterno a qualcuno e si sono ritrovati a fare i conti con un odio che si è rivelato più resistente della passione.
Una commedia nera magistralmente interpretata da un ottimo cast, che in verità ha come veri protagonisti il disincanto e l’avidità umana, spesso in gradi sovrastare anche l’amore, riuscendo a sgretolarlo in mille pezzi che come uno specchio rotto riflettono le varie sfaccettature di quel compagno che prima ci appariva tanto perfetto e desiderabile.
Lodevole interpretazione di Michael Douglas nel ruolo di Oliver, un brillante giovanotto che si innamora perdutamente di una donna, ma nonostante tutto, dopo pochi anni di matrimonio dedica le sue energie principalmente verso il lavoro, forse convinto di ricompensare la propria compagna con uno stile di vita nettamente superiore alla media, ignorando come a volte ci possa essere una via di mezzo fra due cuori e una capanna e due sconosciuti ricchi ed infelici che occupano lo stesso letto.
Kathleen Turner si mette con talento nei panni di una donna altera e autoritaria, che inizialmente pare voler piegare il proprio carattere di ferro per compiacere un marito che le sembra perfetto, e quando il suo ruolo di moglie inizia ad essere dato per scontato, diventa gelida e risoluta, annientando quella parte di se stessa che la vedeva felice di addobbare alberi Natalizi nonostante piacessero solo a lei.
Danny De Vito convince non solo come regista ma anche come attore, nel ruolo dell’avvocato divorzista Gavin, amico della coppia sempre più titubante e preoccupato nei confronti di quel conflitto matrimoniale che ogni giorno assume le fattezze di una spietata battaglia fatta di colpi bassi e ripicche.
Un film cattivo, che fa riflettere lo spettatore su come a volte l’altra metà della mela possa avvelenarci l’anima ed il cuore, e trasformare la dimora in cui pensavamo di trascorrere tempi felici in un bottino di guerra da ottenere ad ogni costo, mentre diveniamo ogni più infelici e scontenti, lontani da quel fatidico “si” pronunciato con troppa fiducia, e ora ridotto a mera particella grammmaticale senza senso di cui ci si pente ogni giorno.