Nel 2016, nella sola regione Piemonte la perdita di valore legata al frumento tenero è stimata intorno ai -11.718.821,03 euro, mentre per il frumento duro ai -1.027.117,36 euro*.
Cifre che fanno riflettere soprattutto se pensiamo alle ricadute economiche nella provincia alessandrina, “capitale” del frumento tenero a livello nazionale.
Un bilancio della #guerradelgrano che ha portato già i primi risultati sul piano Istituzionale dai Governatori e dal Ministro delle Politiche Agricole, ma anche economico con la disponibilità di importanti industrie nazionali alla valorizzazione del grano italiano.
Ma che ancora non basta.
“Per restituire un futuro al grano italiano occorre l’indicazione in etichetta dell’origine del grano utilizzato nella pasta e nei derivati/trasformati – ha affermato il presidente provinciale Coldiretti Roberto Paravidino – ma anche l’indicazione della data di raccolta, anno di produzione, del grano assieme al divieto di utilizzare grano extra comunitario oltre i 18 mesi dalla data di raccolta”.
Ricordiamo che attualmente in provincia sono coltivati circa 33.000 ettari per una produzione annua pari a circa 1.800.000 quintali.
Ogni quintale è pagato 14 euro il che vuol dire circa 14 centesimi al chilo per il grano tenero che viene usato per fare il pane: paragonando quello che sarà poi il prezzo finale al dettaglio ci accorgiamo da soli di quanto oggi si allarga la forbice dal campo alla tavola.
“Serve più trasparenza sul mercato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da Paesi extracomunitari dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia e in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”, ha continuato Paravidino.
Ecco perché il mondo agricolo non è il responsabile degli incrementi dei prezzi di pane e pasta, ma la vittima di speculazioni economiche.
Coldiretti chiede risposte immediate: sull’etichettatura obbligatoria della pasta, del pane e dei prodotti da forno in genere; sul blocco delle importazioni a dazio 0 e controlli del 100% sul grano importato; moratoria bancaria per le imprese cerealicole ed interventi finanziari; progetto per l’ampliamento della capacità di stoccaggio dei consorzi agrari e sostegni pubblici solo alle imprese che lavorano grani italiani.
Le analisi del Ministero delle Politiche Agricole presentate al tavolo sulla crisi dei cereali hanno però anche permesso di smascherare che la speculazioni in atto sul prezzo dei grano colpiscono soprattutto i coltivatori italiani con i prezzi che sono praticamente dimezzati rispetto allo scorso anno per il grano duro.
In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy.
”Da pochi centesimi al chilo dipende la sopravvivenza di centinaia di migliaia di imprese agricole, ma anche il futuro del 15% del territorio agricolo nazionale che l’Italia deve difendere” ha sostenuto il Presidente provincia della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino.
Intanto sui muri della sede della Coldiretti provinciale di corso Crimea ad Alessandria anche nelle prossime settimane continueranno ad essere ben visibili gli striscioni con gli slogan che hanno contraddistinto il momento di sensibilizzazione che si è svolto nei giorni scorsi.
Alla luce di queste considerazioni Coldiretti Alessandria continuerà la propria mobilitazione ad oltranza sino a quando non otterrà risposte concrete a tutela del settore e dell’agricoltura italiana per salvare il “pane quotidiano”.
*Fonte: Valore complessivo Italia: Bilancio Cereali campagna di commercializzazione 2016/2017 (Presentato al Mipaaf 26 luglio 2016)