«Bambini affamati che muoiono di fame»
Milad Fadel, giornalista di Al Jazeera
Guardate prima questo video, è breve.
C’è un giornalista (vil razza dannata, lo ripeto ogni volta) siriano che sta facendo il suo mestiere, in prima linea. Mica sulle colonne dei grandi giornali o nei salottini chic, a discutere di riforme costituzionali o altre belinate del genere (non siete d’accordo? Mi spiace…).
Quel giornalista descrive le sofferenze degli abitanti della parte orientale di Aleppo, seconda città del Paese, assediata dalle truppe del regime del presidente Assad. Una situazione insostenibile e dolorosa per circa 300mila civili, minacciati da una profonda crisi che li vede senza cibo e rifornimenti da circa un mese. Eh già, perché nell’indifferenza generale (mi metto io in cima alla lista, non accuso nessuno di voi) le forze siriane “governative” impediscono l’arrivo degli aiuti umanitari.
Il risultato, documentato dalle cronache di Milad Fadel, è che in certe zone della Siria si muore, per mancanza di cibo e di medicinali: “Non possiamo fare altro che sperare di non rivedere ciò che abbiamo visto a Madaya e a Ghouta. Dei bambini affamati che muoiono di fame”.
Il giornalista non riesce a trattenersi, e piange. Da studio si sente questo commento: “Grazie per questa testimonianza”.
Mi unisco al ringraziamento. La speranza che certe atrocità abbiano fine, e che i popoli si riconcilino tra loro, sta tutta in quel quid che ha fatto commuovere Milad Fadel fino alle lacrime. Quel quid è il nostro cuore, che non si arrende di fronte al dolore, all’ingiustizia, alla cattiveria.
Se c’è una speranza di pace e di giustizia per la Siria, sta tutta in quelle lacrime che stanno facendo il giro del globo. Perché solo un uomo veramente commosso può cambiare il mondo.