Il bello dell’Europa, il bello dell’Occidente è che siamo tanti e tutti diversi.
Possiamo parlare lingue differenti eppure comprenderci attraverso mozziconi di parole, gesti, sorrisi o battiti di ciglia.
Eppure siamo diversi.
È bello e difficile, ma entusiasmante.
Fatico a sopportare quei francesi che mettono davanti ad ogni considerazione la loro grandeur sentendosi sempre a galla.
Stento a condividere l’irruenza degli spagnoli che con le loro consonanti gutturali ti sputano in faccia la superiorità del Real Madrid o del Barcellona.
Mi irrigidisco di fronte alla razionalità tedesca che si trasforma in ottuso preconcetto.
Mi irrito quando un inglese sventola la parola welfare solo perché è una parola inglese.
E taccio su finlandesi e lettoni poiché non ho esperienze dirette e la letteratura, per quanto meno nutrita, è certamente altrettanto interessante.
Questi ragionamenti naturalmente possono declinarsi ad ogni latitudine e nei confronti di ciascun popolo.
Per l’Italia già mi sento avanzare italiani pizza und mandolino oppure les italiens les italiens corredati da epiteti nuovi e quasi mai eleganti. Oggi poi che Renzi marcia di fianco al Primo Ministro Britannico con lo sguardo di Mr. Bean e il passo di Stan Laurel ci sta pure bene.
Ma.
C’è un ma.
Per quanto le storie siano variegate – e i caratteri e le abitudini e il modo di vestire e il modo di pregare – abbiamo un’idea comune.
Che è un’idea di futuro.
Si parte quindi dal presupposto che il futuro esista.
Se così non fosse a nulla varrebbe studiare, migliorarci, costruire strade e sapere, migliorare l’informazione, fare figli.
Ci sono parti del mondo, non lontane da noi anzi ormai tristemente dentro di noi, in cui giovani madri generano figli per un’idea sola.
E crescendo questi figli imparano non a studiare bensì ad indottrinarsi, che è il lato debole della medaglia; imparare tralasciando il senso critico comporta una rigidità di pensiero, un pensiero fermo nel tempo.
Si tratta di una forma povera di globalizzazione che, per quanto arretrata, funziona egregiamente facendo forza del fattore ignoranza.
Come qualsiasi globalizzazione deteriore che si rispetti, comunque.
Attraverso processi cerebrali elementari si giunge al concetto di distruzione come prospettiva per il futuro.
La distruzione prevede – altro elemento ulteriore di perversione – l’autodistruzione in cambio di un palazzo luminoso con un portone di pietre preziose dietro il quale attendono decine di vergini pronte a darsi al martire.
Eccoli, i tanti volti che in questi ultimi mesi hanno preso forma provocando lutti ovunque.
Trasmettono il triste messaggio che si può avere ancora un ideale; ma a quale prezzo?
Per quanto flessibile e poco competente in materia statistica, credo che andando di questo passo le vergini in paradiso tenderanno ad esaurirsi in fretta.
I prossimi martiri resteranno a bocca asciutta e non avranno la possibilità di ritornare a prendersi anche solo un usato sicuro in questo mondo.
Né tantomeno torneranno tutti quei morti, bambini, ragazzi e adulti, incappati senza saperlo in un idiota con una sola idea, loro invece con un’idea comune: quella di crescere ed invecchiare.