«Il mio gatto fa quello che io vorrei fare, ma con meno letteratura»
Ennio Flaiano
Nel programma di governo del sindaco di Torino Chiara Appendino si annuncia la volontà di promuovere la dieta vegetariana e vegana sul territorio comunale come «atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali attraverso interventi di sensibilizzazione sul territorio».
Un Comune che promuove una dieta? Perché quella vegana e non, per dire, quella mediterranea? Chi decide qual è la “migliore”?
Ma c’è di più. Tra le priorità indicate nel documento programmatico del primo cittadino sabaudo c’è anche quella di «promuovere una cultura del rispetto che riconosca tutti gli animali come soggetti di diritti».
Ora, che gli animali vadano rispettati e trattati bene è sacrosanto. Ci sono anche leggi chiare e severe che sanzionano chi li maltratta o li uccide. Ma quali sono i “diritti” degli animali, oltre a quelli stabiliti dal buon senso? Mi preoccupo troppo? Eppure, nel 2013 un parlamentare pentastellato, Carlo Sibilia, ha depositato una proposta di legge sul matrimonio di gruppo e tra specie diverse (quindi anche tra uomo e animale). La questione è seria, e potrebbe avere anche conseguenze inaspettate.
Proseguiamo. Per conseguire risultati concreti, Chiara Appendino vuole anche istituire «progetti didattici nelle scuole sulla tutela, sul rispetto degli animali e sulla corretta alimentazione in collaborazione con le associazioni animaliste, medici nutrizionisti, organi di politica ed esperti di settore».
Insomma, si punta sulla scuola per imporre una “linea” sull’alimentazione, aspetto non secondario dell’educazione dei figli che invece dovrebbe essere demandato alle famiglie. Che cosa diranno mai ai nostri bambini le associazioni ambientaliste, notoriamente poco equilibrate nei confronti della carne di tutte le razze (umana compresa)? E chi sono quegli “organi di politica”, o (peggio mi sento) gli “esperti di settore” citati nel documento?
Voglio essere libero di mangiare quello che mi pare. E non voglio che sia lo Stato, nelle sue varie forme, a mettere il naso nel mio piatto. Per questo penserò alle “Appendine” di tutto il mondo addentando un bel pezzo di carne di razza bovina piemontese, illustre vanto della nostra regione.
E poi, non vorrei “rubare” tutto il seitan (nella foto) al nuovo sindaco di Torino. E nemmeno a quei torinesi (buon appetito, ragazzi!) che abbracceranno liberamente la nuova e “corretta” alimentazione del loro primo cittadino.
Una volta c’era il popolo bue. Di questo passo arriveremo al popolo seitan?