Due cose da fare [Lo Straniero]

Marenzana 2di Angelo Marenzana

 

Non sono un esperto di politica internazionale né di giochi di potere, al punto che spesso faccio fatica a seguire le trame di film e libri di spionaggio e intrighi di palazzo. Anche giocando a Risiko mi appisolavo dopo dieci minuti. Però spesso mi capita di pensare che, di fronte al grande lavorio di sottobosco delle potenze internazionali (le cui conseguenze stanno impestando di miasmi mefitici l’intero emisfero), quelli di casa nostra negli anni bombaroli di servizi segreti, stragi di stato e terrorismo, fossero misteri all’acqua di rose.

Oggi, è di turno la Turchia. La sensazione (visto che esperto non sono) è che quanto sta succedendo in queste ore possa segnare un punto di svolta negli equilibri internazionali di geo politica, con grosse ripercussioni sulla vita quotidiana di casa nostra. Al momento, sono circa centomila le persone coinvolte nelle purghe di Erdogan, oltre al divieto di espatrio per la quasi totalità dei cittadini, con la chiusura di 24 emittenti giornalistiche, con il possibile ripristino della pena di morte e lo scorrazzare di fedelissimi islamici, cani da guardia contro una qualunque forma di opposizione. Senza tralasciare i suoi oscuri rapporti con l’Isis e il contrabbando di armi e petrolio. A questo occorre aggiungere che i concetti di democrazia e stabilità (tanto decantati anche dalla retorica istituzionale del nostro premier per fotografare la situazione turca nelle ore successive al tentativo di golpe e l’assenza quasi totale di critiche da parte delle varie forze politiche, forse in nome di un concetto di diplomazia ormai devastato), se è questo il modo di applicarli, fanno ribaltare il significato autentico delle parole e del loro valore.

Ormai la Turchia sta viaggiando a pieno regime verso la formazione di uno stato Turchia repressioneislamico fondamentalista, lasciandosi alle spalle la laicità di Ataturk, e mettendo in mano a donne in nero dalla testa ai piedi la bandiera nazionale sventolata a dimostrazione forse che l’idea di sottomissione femminile nel mondo islamico è solo un giudizio vincolato ai principi della cultura europea. Forse in questo caso si è svelato un mistero. Così come il tanto abusato termine moderato. In Turchia non ci sono terroristi che si fanno esplodere tra la folla, nessuno si immola nel nome del proprio dio. La Turchia è sempre stata considerata un paese islamico, appunto, moderato. Ma faccio fatica a vederne le tracce in ciò che accade oggi.

E mi preoccupo, soprattutto se guardo la cartina geografica e vedo le coste turche così vicine alle frontiere italiane. La distanza da Istanbul e le coste pugliesi è pari a quella tra Taranto e Venezia. Con le porte dell’Europa aperte per un’accoglienza politica. E se devo fare i conti con l’ignavia, l’inettitudine, la retorica e la leggerezza del pensiero di chi ci governa (a tutti i livelli) la preoccupazione è destinata ad aumentare. Forse sarà l’essere poco esperto di politica internazionale ad aumentare il mio disagio nell’immaginarmi quanto potrà succedere nei prossimi anni se andiamo avanti di questo passo, stritolati fra menti criminali e incapaci.

La realtà mi si presenta come un guazzabuglio di fanatismo, tragedia, interessi e imbecillità. Sarò anche un pessimista, ma qualcosa mi ricorda le avvisaglie del nazismo in abito diverso. Nel sentirmi impotente scelgo di fare un paio di cose: una piccola, quasi insignificante ma pratica, ovvero, non acquistare più prodotti turchi, l’altra più grande, e più teorica, rivendicare il concetto sovrano di laicità.