Vita h 24 e commercio nella nebbia [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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La nebbia, quella di una volta, ad Alessandria non si vede quasi più. Ma se la nebbia fisica sembra ormai appartenere solo ai ricordi, c’è un altro tipo, forse più pericoloso, che non è mai scomparso. Avvolge la società, impedisce di vedere oltre il proprio naso, blocca pensieri e azioni. E così il capoluogo appare sempre più fuori dal mondo e lontano da processi che, piaccia o meno, condizionano la vita di tutti i giorni.

Il commercio rappresenta uno di questi esempi. La notizia ormai è di alcuni giorni fa con il Carrefour di Tortona che rimane aperto 24 ore su 24. I sindacati protestano (sul rispetto dei diritti contrattuali e di un compenso coerente con le condizioni operative ovviamente nulla da dire: chi lavora ha diritto alla retribuzione), però vedono solo una parte del problema. C’è poi chi alza barriere ideologiche contro l’universo che cambia.
Intanto lo stesso presidente dei commercianti tortonesi, Orlando De Luca, Open24hoursriconosce che questa formula sta entrando nelle piccole città. La decisione della catena sarà stata presa per sperimentare, in una dimensione come quella tortonese, la possibile efficacia dell’apertura e testare il mercato. Un mercato che però non è del tutto nuovo. A Tortona e a Novi c’è già chi ha deciso di provare l’apertura h24: sono un forno e una focacceria. Piccole realtà che hanno deciso di abbracciare una visione che anticipa i tempi e che guarda a clienti che non sono da inventare, ma evidentemente esistono già.

E Alessandria? Pronta a erigere barriere (mentali in primo luogo), negare che fuori esista un mondo e che, volenti o nolenti, i consumatori non si possono obbligare a fare acquisti in negozi aperti dalle 8 alle 12 e dalle 15.30 alle 19.30 dove magari trovi lo stesso prodotto a un prezzo maggiorato di un terzo rispetto alla grande distribuzione. La categoria non è tutta così. Per carità. C’è chi capisce, inventa formule innovative, sorride al cliente e non è terrorizzato dalla grande distribuzione.

I centri commerciali esistono, sono un business colossale e se si può giustamente pensare che spesso siano spazi pieni di vuoto culturale, tristezza e alienazione mentale, resta sempre il fatto che una larga parte di popolazione li frequenta. Interpretare il cambiamento non è certo solo richiamare l’amministrazione comunale alla verifica del regolamento del suolo pubblico per il mercato ambulante, oppure firmare accordo per allestire delle belle fioriere nel centro storico. Il primo, per esempio, è un adempimento tecnico. Il secondo è un intervento di abbellimento che dovrebbe però coincidere con una visione ben più ampia della gestione del commercio. Invece ogni associazione viaggia per conto suo, non supera la visione dell’orticello sotto casa e si riempie di orgoglio per un mercatino o uno spazio espositivo presentato come se fosse l’esposizione universale di Parigi del 1889, quella della Torre Eiffel.

Comune Alessandria basso altoNon che la parte pubblica alessandrina brilli. Il massimo della azione di sostegno e promozione sono il camuffare una struttura abbandonata da anni, chiudere una strada per valorizzare un ristorante, autorizzare dehor (senza un progetto unico per le strutture) e continuare a parlare di centro commerciale naturale riferendosi al centro storico. Lo stesso centro dalla viabilità caotica, dai cantieri che allungano la vita di mesi e mesi rispetto alle scadenze annunciate, dalla costante perdita di identità, salvaguardata ormai solo da un manipolo di volenterosi, e spesso soli, commercianti.

La mancanza di progettualità, non malata di propaganda e annuncite cronica, è il segno più pesante di un capoluogo che pensa di essere al centro del mondo, mentre non si rende conto di quello reale che è appena fuori del confine municipale.