Vorremmo che questo giorno venisse ricordato.
Vorremmo che in questo giorno ogni persona potesse fare spazio nel proprio cuore, diventando anche per un solo attimo un cittadino della comunità LGBTQI. Vorremmo che a parlare fossero tutti i nostri amici eterosessuali, quelli con cui abbiamo fatto le scuole, quelli con cui passiamo le giornate al lavoro, durante le feste, nei momenti di gioia.
Vorremmo che fossero loro ad indignarsi, ad urlare “Basta omofobia, razzismo e violenza!”.
Perché Noi siamo i loro figli, amici, fratelli e sorelle.
Noi lo facciamo oramai da anni e siamo stanchi di lottare per i nostri diritti, stanchi di spiegare che l’omotransfobia non è un invenzione, ma una piaga che ci uccide continuamente.
E siamo stanchi di come la politica italiana abbia dato poco risalto a questi fatti agghiaccianti, di come alcuni quotidiani abbiano giocato con i titoli di prima pagina come “Il Gay Pride dell’Isis” da Il Tempo, del sostegno e dei discorsi di personaggi buonisti come Adinolfi che da anni diffondono la cultura dell’odio e della discriminazione.
E abbiamo la sensazione che anche questa volta la morte si tinga di un nero sbiadito, come se “D’altronde si tratta di quelli…”. Si quelli là, quelli che se la sono cercata perché sono diversi, che dovrebbero starsene a casa loro, senza mettersi in piazza mostrando il loro amore.
SIAMO STANCHI.
A ridosso di una legge sui diritti civili che ha ancora tanta strada da percorrere, a ridosso dall’Onda Pride che sta colorando le piazze d’Italia contaminandole di gioia.
SIAMO STANCHI E MOLTI DI NOI SONO IMPAURITI….
Queste le ultime parole di Eddy, uno dei ragazzi uccisi ad Orlando, prima di essere trovato dal suo assassino: “Mamma ti voglio bene. Stanno sparando nel locale, sono chiuso nel bagno, chiama la polizia. Sto per morire”.
Il sole non tramonterà mai sulle gloriose conquiste umane. Ma la libertà e l’uguaglianza sono ancora traguardi lontani da raggiungere.
Ciao Eddy, ti vogliamo bene.
Stefania Cartasegna
Presidente di Tessere Le Identità