“Una famiglia che ha in casa un disabile, soprattutto giovane ma non solo, dovrebbe invogliarlo ad uscire, a vivere ogni giorno come una sfida per superare i propri limiti: e lo sport può essere uno strumento splendido, di socializzazione e di autostima”. Giuseppe Bianchi ha sessant’anni, e l’entusiasmo di un ragazzino: è lui ad occuparsi, come segretario, del coordinamento operativo di Volare, la società sportiva dilettantistica alessandrina che, ormai da diversi anni, promuove tornei, raduni, iniziative legate al tennis in carrozzina. “Attualmente a giocare siamo una decina – spiega Bianchi mentre entriamo nella sede del sodalizio, in Borgo Citta Nuova in Pista – ma continuiamo di avere alcune new-entry a breve, sia ragazzi che ragazze: l’anno scorso i nuovi associati praticanti, diciamo così, sono stati quattro, e quest’anno speriamo di superarci”.
Volare nasce nel 2009 dalla precedente esperienza dell’associazione LeAli, per volontà di Paolo Bonino (presidente della società), industriale alessandrino la cui azienda di famiglia continua ad avere un ruolo importante di supporto alla società sportiva dilettantistica, “ma abbiamo su singoli progetti anche il sostegno di altre importanti realtà, come la Fondazione CrAl: e il nostro obiettivo è sempre più quello di cercare di sostenerci da soli, in un’ottica ovviamente assolutamente no profit”.
Giuseppe Bianchi, milanese di nascita, è arrivato a Volare, e quindi al tennis in carrozzina, alcuni anni fa, ma la sua esperienza sportiva comincia molto prima: “Ho avuto la polio a 17 mesi, anche se per mia fortuna in forma più lieve rispetto ad altri casi, per cui mi sposto da solo in autonomia, guido l’auto, e ho sempre avuto una vita attiva: sono cresciuto a Milano, nell’ambito del Don Gnocchi, e ho sempre praticato basket in carrozzina. Poi appunto, arrivato a vivere da queste parti, sono entrato in contatto con gli amici di Volare, ed è nata la passione per il tennis”.
Ma come funziona, esattamente, il tennis in carrozzina? “I campi sono gli stessi, in terra battuta o in sintetico, dipende dai centri sportivi. Le regole anche non differiscono quasi in nulla, se non per il fatto che sono consentiti due rimbalzi, anziché uno solo: ma quelli bravi giocano quasi sempre ad un rimbalzo!”. Nel gruppo di tennisti di Volare ci sono tra gli altri Bruno Panucci, che è anche campione di ping pong, e referente del comitato Paralimpico per la provincia di Alessandria, Luca Cosentino e Paola Demartini, “unica donna del gruppo per ora, e molto brava: ma proprio la settimana scorsa abbiamo incontrato due ragazze molto interessate, e speriamo che entrino presto nel team”. Gli atleti di Volare contano anche su un coach di grande esperienza, Pietro Mazzei di Torino, figura di grande rilievo nel settore.
“Durante la settimana – spiega Giuseppe Bianchi – ci alleniamo per lo più al centro sportivo di Quattordio, con cui abbiamo stipulato una convenzione. Va purtroppo precisato che non tutti i centri sportivi, anche ad Alessandria città, sono ad oggi ancora completamente attrezzati per i disabili, mentre Quattordio da questo punto di vista è davvero un’eccellenza. Lì abbiamo anche una carrozzina ‘sportiva’, sempre a disposizione di chi volesse anche solo provarla, per capire come funziona”. Già, perché a tennis si gioca con carrozzine speciali: “costano intorno ai 3 mila euro, e il sistema sanitario non le passa, per cui ogni atleta deve investire in proprio: ma ne vale la pena, e comunque a Volare cerchiamo sempre di trovare la soluzione, in caso qualcuno davvero manifesti desiderio di impegnarsi, e non sia in condizione di acquistarsi il mezzo”.
Importantissimo è il fronte della promozione e sensibilizzazione, a cui Volare e il suo segretario Bianchi credono molto: “cerchiamo di andare il più possibile nelle scuole e nei centri sportivi, soprattutto nelle realtà più piccole in cui è più facile accordarsi, per spiegare cosa facciamo, e per ribadire che per un disabile è fondamentale uscire di casa, e impegnarsi in uno sport quando le condizioni di salute glielo consentono. Purtroppo ancora oggi, se confrontiamo l’esperienza italiana con quella di altri paesi europei, appare evidente che la mentalità di molte famiglie da noi è ancora quella di tenere il disabile quasi nascosto: un po’ per proteggerlo certamente, ma un po’ anche per vergogna. Ma, a parte che è ingiusto, e non c’è niente da vergognarsi se si è costretti dalla vita (per malattia o spesso per incidente) su una carrozzina, la realtà è che soltanto spingendo il disabile a confrontarsi col mondo, e a dare il massimo, lo si aiuta a stare meglio, e a vivere una vita più piena e soddisfacente”.
Ma in provincia esistono tornei importanti, legati al tennis in carrozzina? “Purtroppo ad oggi no – sottolinea Giuseppe Bianchi – e sarebbe importante provarne ad organizzarne uno, da inserire nel circuito nazionale. I nostri atleti comunque giocano in tutto il nord Italia, e quando qualcuno decide di iscriversi a qualche torneo, anche se lo fa a livello individuale, non gli facciamo mai mancare il nostro sostegno, e anche il supporto logistico quando necessario: insomma, siamo una vera squadra!”
Ettore Grassano