di Dario B. Caruso.
“Sono passati cinque secoli, ormai.
Quella mattina qualcuno arrivò nel nostro Paese dal mare, approdò sulle nostre sabbie e venne accolto come un amico, venne sfamato, dissetato, amato dalle nostre donne e ornato di pietre preziose e fini tessuti.
(……)
Col passare dei mesi e degli anni, giunsero altri uomini dallo stesso mare e sulle stesse sabbie. Cominciarono ad occupare le nostre strade, le case, le chiese, a sposare le nostre donne, a crescere i nostri figli, a lavorare nei nostri campi (….)
Fino ad occupare i posti di potere.
(……)
Lentamente dalle nostre città scomparvero le opere d’arte, segno del passaggio luminoso di menti superiori: dipinti, sculture, palazzi, viali, suoni e profumi.
Furono asportati – dicono – per lasciare spazio ad altre forme, lontane da noi, incomprensibili ai più anziani ma affascinanti agli occhi dei bambini.
(……)
I Resistenti tennero a lungo le posizioni ma i numeri, ormai sbilanciati a favore del Governo, fecero capitolare le ultime linee.
Fu morte e distruzione.
(……)
Oggi le popolazioni indigene del Paese non ci sono più, sterminate dagli invasori, dal tempo, dalle epidemie diffuse per via aerea, dalle acque infette e dal cibo avariato.
Gli agglomerati urbani sono divenuti sempre più estesi, coprono il 30% del territorio; lì vivono centinaia di milioni di abitanti, ammassati.
Il resto è nulla, a perdita d’occhio.
Darrell ha solamente tredici anni.
Guarda l’orizzonte e sente che oltre quel nulla c’è una terra promessa pronta ad accoglierlo.
Lui, pronto a partire.”
da Il diario fantastico di Darrell Johnson (2492)