Dal Mar Morto alla chimica verde: ecco l’Alessandria che svetta [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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C’è l’Alessandria che arranca ogni giorno, si avvita su se stessa, vive di autoreferenzialità pensando di essere al centro dell’universo. È il capoluogo che si autocelebra convinto di bastarsi e che qualche hashtag (#) alla fine di roboanti annunci su Facebook e mirabolanti propagande siano sufficienti al rilancio della città.

E poi c’è l’Alessandria internazionale davvero, quella della ricerca e dello sviluppo, una Alessandria sconosciuta, o comunque poco nota, che rappresenta una straordinaria punta di diamante. È l’Università del Piemonte Orientale (Upo) che quasi ogni giorno conquista primati e porta in nome di Alessandria in giro per il mondo. E porta il mondo ad Alessandria ogni qual volta organizza un evento scientifico nel capoluogo.

Le storie sono molte. Tutte diverse. Narrano di scenari scientifici e di ricerca diDisit enorme portata. E i riconoscimenti non mancano. Ecco, per esempio, Michele Laus, professore ordinario di Chimica industriale al Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica (Disit, il direttore è Leonardo Marchese) di Alessandria, che è stato eletto presidente dell’Associazione italiana di scienza e tecnologia delle macromolecole. Nata per promuovere la ricerca e lo studio delle macromolecole nei loro vari aspetti scientifici e tecnico-applicativi, l’Aim conta circa settecento iscritti provenienti, sia dal mondo accademico (Università e Cnr) sia da quello industriale (compresa la piccola e media industria) ed è rappresentata anche all’interno della European Polymer Federation.

Chimica verdeUn’altra storia? Ecco l’Upo che ha partecipato, nello spazio espositivo nell’area Innovazione della ‘Green Chemistry Conference and Exhibition’ di Cremona dove la professoressa Maria Cavaletto è stata relatrice del workshop “Ottimizzare la degradazione delle biomasse lignocellulosiche per la produzione di molecole ad alto valore aggiunto”. Nelle tre mostre-convegno contemporanee (BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibition, e Food Waste Management Conference) sono state presentate le ricerche, i progetti e, soprattutto, le opportunità concrete della produzione di bioenergia, della chimica verde, e del trattamento degli scarti agroindustriali. Hanno partecipato cinquantacinque tra istituzioni, centri di ricerca, università e associazioni imprenditoriali che hanno presentato più di cento nuovi prodotti, prototipi e progetti.

Oggi al Disit, all’interno della sede in viale Michel 11, svolgono attività didattica e di ricerca settantacinque docenti e ricercatori, diciannove tecnici di laboratorio, e circa settanta fra assegnisti, borsisti e dottorandi, alcuni dei quali provenienti da Università straniere. La ricerca è stata ed è finanziata da numerosi progetti nazionali, dall’Unione Europea, da fondi regionali e locali. Numerosi finanziamenti arrivano anche dal settore industriale. Purtroppo, a parte la Fondazione Cra, storicamente a fianco dell’Ateneo, il peso del contributo pubblico (non solo sul piano economico, ma anche su quelli delle idee e dell’attenzione) resta marginale. Il Disit partecipa inoltre a numerosi programmi di cooperazione e mobilità europei ed è Reference Center delle Nazioni Unite per i programmi di monitoraggio dell’area del Mediterraneo .

Grazie all’Università del Piemonte Orientale, Alessandria è stata scelta per progetti di inestimabile valore come quello che ha coinvolto Isalit, società nata tre anni fa. Isalit, acronimo di Innovative solutions and advanced Led imaging techniques, possiede competenze avanzate nel campo delle analisi di componenti chimici presenti in campioni alimentari, biologici, industriali, nel controllo e ottimizzazione di processo e nell’analisi statistica avanzata. Utilizzando una nuova e innovativa tecnica di monitoraggio dello stato di conservazione dei beni culturali è stata sviluppata all’Upo dal gruppo di ricerca del professor Emilio Marengo, in collaborazione con l’Agenzia Israeliana dei Beni Culturali e la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, il team dalle radici alessandrine lavora da tempo alla conservazione dei Rotoli del Mar Morto, conservati all’Israel Museum di Gerusalemme. Il gruppo di ricerca di Emilio Marengo svolge attività multidisciplinare nei campi alimentare, ambientale, biomedico, industriale, statistico ed in particolare nella conservazione, diagnostica, monitoraggio, caratterizzazione e studio dei beni culturali. Isalit, infatti, oltre ai Rotoli del Mar Morto, lavora su manoscritti della Library of Congress di Washington; affreschi della chiesa di Santa Maria di Castello a Valle Lomellina; sculture dell’artista Carol Rama; dipinti su tela dell’artista Georgia O’Keeffe. La società sta aumentando le competenze nel campo industriale perché “la conservazione di un bene può riguardare ogni struttura od oggetto da tutelare, a cominciare dal settore biomedico”. Ad Alessandria accadono molte cose. Basta solo accorgersene.