E allora parliamo del Pd. Milano, Napoli, Cagliari, Genova. Quattro candidati pescati nella società civile di sinistra (per niente avulsi dalla politica, ma percepiti dagli elettori come diversi rispetto ai burocrati di partito), quattro sberle al Partito Democratico.
I cui vertici tutte le volte si guardano attorno smarriti, fingendo un’ingenuità che credo abbiano perso in culla. Fecero così anche due anni fa in Piemonte, addossando al Movimento 5 Stelle le colpe della loro sconfitta. Per la serie: “ecco, se non si presentasse nessun altro la gente voterebbe per noi, è evidente”.
L’incredulità di Bersani e (ex) compagni è ‘pelosa’ naturalmente, perché stiamo parlando di gente che mastica pane e politica da quando aveva i calzoni corti.
E sanno benissimo cosa il popolo delle Primarie, con compostezza e determinazione, sta chiedendo da tempo. Politici nuovi, preparati e credibili. Amministratori senza scheletri nell’armadio, e potenzialmente perbene. Che poi a perdere la verginità e a farsi corrompere dal ruolo per ‘realpolitik’ c’è comunque tempo.
Lo sanno benissimo, i burocrati del Pd. Ma sanno anche che tutto ciò passa attraverso la loro rimozione, e fanno muro. Muoia Sansone, con tutti i filistei, piuttosto che rinunciare volontariamente alla cadrega. E’ gente che fa politica di mestiere, e che (anche quando, e spesso è così) si è garantita un posto fisso/paracadute nella pubblica amministrazione, a tornarci si sentirebbe svilita, sconfitta, rimossa.
Limitatamente a Genova, poi, il Pd dovrebbe ringraziare le Primarie: ricandidando in automatico la Marta, sarebbe andato incontro ad una dèbacle annunciata. Con Marco Doria (nella foto) il capoluogo ligure ha, sulla carta, la possibilità di un rilancio a sinistra.
Ma questo ai dirigenti del Pd interessa davvero? Siamo sempre più convinti che una parte di costoro (quelli che contano di più: perché poi in quel partito c’è anche gente che ‘macina’ lavoro con impegno e serietà, senza lucro personale illegittimo) sia incapace di cambiamento vero e disinteressato, e si appresti ad essere travolta dalla fine del berlusconismo.
Perchè Silvietto sta (stava?) alla classe dirigente del Partito Democratico come il Muro di Berlino stava alla Dc (e ben lo comprese, per primo, quel diavolo del divo Giulio: mi ricordo perfettamente le sue luttuose dichiarazioni in merito, mentre tutti gli altri attorno a lui esultavano).
Se sparisce il Cavaliere (e speriamo proprio che sia così, politicamente si intende), come fa il Pd a stare in piedi senza uno straccio di nemico ideologico, così osceno da obbligare tanti a ‘turarsi il naso’? Appoggiando acriticamente oggi Monti, e l’anno prossimo Passera? Beh, ma lì ci sarà già ben accampato il Pdl, con Casini e il terzo polo: quindi o fanno una bella fusione, e lasciano a sinistra campo libero ad una nuova aggregazione di forze, oppure….già, oppure?
Quel che si constata per ora nel Pd è una dirigenza dappoco, che il bene comune non sa davvero cosa sia, se mai ne ha avuto cognizione. Ma per favore che non ce la vengano a menare con il vento dell’antipolitica. Gli elettori chiedono solo facce credibili, gente perbene che sia in grado di affrontare senza ipocrisia il dramma socio economico che è appena agli inizi (checché lasci intendere Monti, con la grande stampa al suo servizio). E che questo avvenga nell’interesse dei più, dei molti: e non pensando soltanto a tutelare alcune élite, peraltro da sempre improduttive. Zavorra del Paese, e non suo motore di sviluppo.
E. G.