Referendum Trivelle: quali le implicazioni per il futuro? L’analisi dei politici alessandrini

Referendumdi Pier Carlo Lava

L’esito del referendum sulle trivelle era praticamente scontato: si sono recati al voto circa 15 milioni di italiani corrispondenti al 32,1% degli aventi diritto. Il ‘quorum’, così come nelle ultime sette consultazioni referendarie, dal 15 giugno 1997 ad oggi (escludendo quella sull’acqua e sul legittimo impedimento) non è stato raggiunto. Tra i votanti il SI vince con l’85% dei voti, un dato sul quale crediamo sia opportuno riflettere, anche alla luce delle imminenti elezioni amministrative, del rererendum sulle Riforme (confermatico e senza ‘quorun) di ottobre e, in prospettiva futura, guardando anche alle elezioni politiche. In tal senso abbiamo posto a diversi esponenti politici dei vari partiti a livello locale, regionale e nazionale la seguente domanda: “Quali sono le sue considerazioni sull’esito del referendum e sulle implicazioni politiche in prospettiva?”. Le opinioni in merito sono divergenti, ma convergono tutte sulla necessità di rispettare chi vota diversamente.

 

Federico Fornaro (senatore PD)Fornaro_Federico
Ascoltare il messaggio che arriva dalle urne al governo e al PD

“Negli ultimi 15 anni, solamente in occasione del referendum sull’acqua (2011) e quello costituzionale (2006) si è superata la metà dei votanti, rispettivamente del 54,8% e 52,5%.
L’affluenza di oggi è comunque superiore alle tornate referendarie del 2009 (23,5%), 2005 (25,6%) e 2003 (25,7%).
E’ corretto, quindi, dare un giudizio di partecipazione media, in un contesto di scarsa mobilitazione delle organizzazioni dei partiti e di limitata campagna informativa da parte di tv e giornali.
Il messaggio delle urne è quello che con un po’ di buona politica e capacità di ascolto, il Governo e il Parlamento devono essere capaci di trovare soluzioni equilibrate senza dover chiamare ai seggi i cittadini, sebbene sia da rimarcare il segnale di una forte attenzione sui temi ambientali espresso da quasi un terzo degli italiani.
I dati di affluenza di oggi, con oltre 15 milioni di votanti, confermano, inoltre, che il risultato del referendum sulle riforme di ottobre é tutt’altro che scontato e Renzi commetterebbe un errore madornale a trasformarlo in un referendum sul governo”.
Borioli nuova 2Daniele Borioli (senatore PD)
Intensificare gli sforzi verso le energie rinnovabili

“Era importante salvaguardare un settore produttivo molto importante, che ci pone all’avanguardia in Europa, sul fronte della qualità del lavoro, della tecnologia, della sicurezza ambientale, del bilancio energetico.
Al tempo stesso, occorre non solo rispettare il segnale che proviene dai cittadini che hanno votato per il No. Il loro voto induce a rendere ancora più intensi gli sforzi verso le energie rinnovabili”.

 

Cristina Bargero (deputato PD)Bargero nuova
Un referendum che avrebbe messo a rischio posti di lavoro

“Esprimendo il mio pieno rispetto verso chi è andato a votare, io domenica mi sono astenuta perché nel caso di referendum abrogativo l’astensione equivale a voto contrario, non condividevo il quesito referendario che è stato investito di un significato politico che il quesito in realtà non aveva. E il quesito non era neanche un sì o un no alle energie rinnovabili ma riguardava lo stop alle concessioni esistenti entro le 12 miglia (per le nuove esiste già il divieto), uno stop che avrebbe messo a rischio posti di lavoro. Il referendum inoltre non era stato richiesto dai cittadini ma dai governatori di 9 regioni. Gli Italiani si sono espressi chiaramente e da oggi bisogna abbandonare ogni polemica strumentale sul quesito referendario e occuparci di dare un futuro energetico sostenibile al nostro paese, attraverso un mix graduale di fonti energetiche, che porti nel tempo a una prevalenza di quelle rinnovabili”.
Barosini 11Giovanni Barosini (consigliere comunale UDC e presidente della Commissione Bilancio del Comune di Alessandria)
Abominevoli le affermazioni “Il popolo non dovrebbe esprimersi su questioni troppo complesse”

“Domenica 17 mi sono recato a votare, perché ritengo sia sempre e comunque un dovere/diritto.
Considero abominevoli talune affermazioni ascoltate in questi giorni, quale per esempio quella “che il popolo non dovrebbe esprimersi su questioni troppo complesse”…
Penso inoltre che sia dovere istituzionale favorire seriamente la totale comprensibilità di ogni cittadino, attraverso una più capillare e massiccia informazione, rispetto alle tematiche in questione.
Nel merito, un sostanziale cambio di rotta sulle strategie ambientali/energetiche va assolutamente portato avanti, in tal senso si è sprecata una buona occasione.
Sotto il profilo meramente politico, si conferma un quadro estremamente fragile e traballante, soprattutto all’interno del maggiore partito.
Il referendum di ottobre prossimo, a mio avviso, sancirà finalmente l’avvio della “seconda, sì la seconda!, Repubblica”. Pertanto sono molto fiducioso”.

 

Gian Paolo Lumi (Lega Nord) Lumi Giampaolo
Persa un’occasione per manifestare il dissenso al Renzismo e all’Europa

“Purtroppo gli elettori non hanno capito l’importanza del referendum sulle trivelle, poteva essere la prima vera occasione per manifestare pubblicamente il proprio dissenso al Renzismo e all’Europa, concepita come assoggettamento dei popoli ad un potere economico imprenditoriale che la sta soffocando rischiando di cancellarla dalle mappe.
Con il mantenimento delle trivellazioni c’è il rischio di danni ambientali che potrebbero ledere l’immagine turistica dell’Italia e compromettere una voce importante di entrata del bilancio nazionale.
Spero vivamente che il prossimo referendum di modifica costituzionale previsto per il mese di ottobre possa creare le condizioni per cambiare l’assetto governativo di questo Paese.
Nel frattempo la Lega Nord deve con il nostro Segretario Federale Matteo Salvini ottenere più consensi possibili attraverso il giusto impegno capillare su tutto il territorio italiano, al fine di accelerare con altre formazioni il cambiamento politico atteso da molti per un reale rilancio del Paese mediante una tutela economica dei nostri prodotti, delle nostre capacità e di conseguenza creando le prospettive reali di posti di lavoro per i nostri giovani e non, favorendo un clima di sicurezza generale per la nostra gente”.

 
Coloris nuovaDaniele Coloris (consigliere comunale e vice segretario provinciale PD):
La spallata al Governo non è riuscita, vanno rispettate le opinioni diverse

“L’esito del referendum del 17 è molto chiaro se stiamo al merito del quesito, come avremmo dovuto fare…: gli italiani, a grande maggioranza, hanno ritenuto di non modificare la legge in vigore o attraverso l’astensione, o votando no, in maniera pienamente legittima come chi ha votato sì. Sempre nel merito, come ho cercato di dire nelle giornate passate evitando altri significati, non permettere di estrarre gas metano (perché soprattutto è di quello che si stava parlando e quindi di energia ritenuta “pulita “) da giacimenti già esistenti, avrebbe comportato una perdita dei posti di lavoro, un’incremento delle importazioni e dei costi, nessuna politica di riduzione dei consumi, e in definitiva un aumento dei rischi ambientali, stante il trovarsi infrastrutture abbandonante e connessi al rischio del trasporto delle materie prime (il disastro ambientale della petroliera Haven nel golfo di Genova negli anni 90 è stato il più grosso nel mediterraneo).
È stato dato, e sicuramente ha paradossalmente influito sul dato finale , un improprio significato politico a questo referendum, che credo non giovi comunque ai temi posti e in generale all’istituto stesso e che comunque non ha prodotto nessun risultato a chi cercava la “spallata”‘al Governo: Ben altri numeri aveva avuto il referendum del 91 sulla preferenza unica e che venne indicato come volontà popolare a porre fine alla “prima Repubblica”. “Giochetto” al quale peraltro lo stesso presidente del consiglio non si è sottratto, a mio avviso sbagliando, e che ha finito per mischiare legittime ragioni sui quesiti posti, meno legittime ragioni elettorali, anche contrapposte tra loro o peggio strumentali, prove tattiche per altri referendum o congressi futuri, astenuti “a prescindere” per arrivare ad un mix poco codificabile e che rischia di aumentare la confusione e conflittualità.
Penso utile quindi abbassare i toni, riconoscere il chiaro esito come rispettare i non pochi che hanno avuto un opinione diversa e provare ad essere più costruttivi”.

 

Roberto Sarti (presidente Gruppo Lega Nord Comune di Alessandria)Sarti Roberto nuova
Il Governo ha politicizzato la consultazione, sfruttando la disaffezione nei confronti della politica

“Ha votato il 31,5% degli italiani. Esulta Renzi ,il Presidente non eletto con un voto democratico, che ,coerentemente dal suo punto di vista,ha invitato a non recarsi alle urne. Esulta re Giorgio Napolitano fautore della democrazia tronca, della democrazia del non voto. Esultano ovviamente i petrolieri. Esultano meno, molto meno, gli italiani a cui questa consultazione referendaria è costata circa 300 milioni di euro dal momento che non si è voluto accorparla alle elezioni amministrative.
Un referendum il cui tema è risultato da subito poco chiaro al maggior numero degli italiani; anziché toccare argomenti strettamente inerenti l’ambiente e la salute pubblica il Governo ha preferito politicizzare la consultazione, avere dagli italiani un voto pro o contro l’esecutivo. Un errore, forse calcolato, tenendo presente la grave disaffezione che serpeggia da tempo nel Paese nei confronti della politica.
300 milioni di euro utilizzati per le beghe politiche e di leadership interne al PD, in particolare tra Renzi e il Governatore della Puglia Emiliano. 360 milioni di euro che oggi servono al Presidente del Consiglio per rafforzare il centralismo statale nei confronti del regionalismo, segnale di un pericoloso ritorno al passato. Grazie comunque ai quasi 15 milioni di italiani che hanno partecipato alla consultazione referendaria esercitando un diritto che da troppi anni ci viene negato. Non dimentichiamoci però che il referendum indetto per il 17 Ottobre sulle riforme costituzionali è un referendum confermativo che non richiede nessun quorum. Questo significa che non c’è bisogno di una soglia minima di votanti. A vincere il referendum sarà semplicemente l’opzione più votata tra “sì” e “no” alla conferma della legge. Ride bene chi ride ultimo”.

Fabbio Piercarlo nuovaPiercarlo Fabbio (consigliere comunale e capogruppo PDL Comune di Alessandria)
Una faida fra le correnti del PD

“Interessava forse a qualcuno il merito del referendum no-triv? Non ne sono sicuro. Sono stato poco alla mia sezione elettorale, ma mi è bastato per comprendere che il tempo impegnato dagli elettori ad esprimere il voto non consentiva loro anche la lettura di un testo peraltro poco comprensibile. More solito.
In più, nel vero merito, pochi ci hanno pensato ad andare e incomincio ad avere il sospetto che la maggioranza degli italiani abbiano utilizzato la partecipazione al voto per le più disparate ragioni.
Dal gusto tutto popolare, quasi carnascialesco di disubbidire al Renzi in veste di potente di turno, al tentativo di mantenere intatto un loro diritto, che, se si finisce per sottovalutare continuamente, rischia prima o poi di trovare qualcuno che possa credere che votare sia inutile.
E di uomini del destino ne abbiamo piena la storia dello stivale, che magari ancora Italia non era neppure. C’è poi il problema tutto interno al PD di dirimere una faida correntizia che sinceramente – anzi, francamente, direbbe un invecchiato D’Alema – ha animato gli oppositori e non ha risolto per nulla la battaglia interna del partito del Premier.
Una competizione che è anche un furbesco tentativo di tenere tutte le posizioni dello scacchiere politico all’interno dei Dem, per lasciare spazio zero agli avversari.
Poco probabile che questo gioco riesca, più probabile che si possa qualificare il tutto come una caciara fra comari, una zuffa da aia primaverile e nulla più. Ma il referendum? Quale? Quello delle trivelle… ah, ma non dovevamo votare altro?”