di Enrico Sozzetti
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Due alessandrini ai vertici del Piemonte, ma quanto saranno utili al territorio? Pier Massimo Pozzi, 57 anni, è stato eletto segretario generale regionale della Cgil. Incoronato con 158 voti favorevoli (il 90 per cento dei presenti all’assemblea regionale della confederazione) è subentrato ad Alberto Tomasso, che ha raggiunto l’età della pensione dopo avere diretto la confederazione piemontese per sei anni. Paolo Filippi, classe 1962, entra a fare parte del consiglio di amministrazione dell’Agenzia per la mobilità piemontese, presieduta da Claudio Lubatti. La notizia finisce qui, mentre il dietro le quinte alimenterà polemiche e mal di pancia.
Se per Pozzi tutti i risvolti della nomina appartengono alla sfera sindacale e un po’ alla politica che continua a fare riferimento alla storica componente socialista all’interno della Cgil, per Filippi, alla ricerca di un rilancio sulla scena regionale, le cose sono diverse. Quanto ci guadagnerà il territorio? Difficile dirlo. La storia dimostra che per Alessandria avere persone ai massimi livelli delle istituzioni ha determinato ricadute che si possono contare sulle dita di una mano. Allora?
Sul fronte sindacale Pozzi è l’espressione di una componente che ha lavorato a Torino e sui territori provinciali per tessere alleanze e creare le condizioni per un rinnovo senza eccessivi traumi per il sindacato. Pozzi è entrato nella Cgil nel 1978 e l’esperienza è stata maturata nelle categorie dei tessili, dei metalmeccanici e dei chimici, fino a diventare, nel 1999, segretario generale. Dalla fine del 2007 è nella segreteria regionale e nel 2010 ricopre il ruolo di segretario organizzativo. La macchina sindacale la conosce bene, ma sono lontani anni luce la società e il mondo produttivo e del lavoro che ha conosciuto alla guida della Cgil alessandrina rispetto alla realtà di oggi. Saper tessere trame politiche per tenere insieme le molte e variegate anime della Cgil sarà sufficiente?
La politica è quella che sembra più scossa dalla nomina di Filippi. Una indicazione che arriva direttamente da Rita Rossa, sindaco di Alessandria e presidente della Provincia che lo stesso Filippi ha guidato per due mandati. Una decisione, tutta giocata in casa dell’area fassiniana all’interno del Pd e di cui la Rossa è fervente seguace. L’ex presidente di Palazzo Ghilini entra nel Cda dell’Agenzia per la mobilità piemontese in rappresentanza del bacino astigiano-alessandrino. Gli altri membri sono il presidente e i rappresentanti del bacino della Città metropolitana di Torino, del bacino di Cuneo, del bacino del nord-est (Biella, Vercelli, Novara e Verbano Cusio Ossola). Gli incarichi non prevedono “alcuna indennità di carica aggiuntiva” si legge sullo Statuto. L’Agenzia ha il compito di coordinare le politiche di mobilità nell’ambito piemontese, conformemente alla pianificazione e programmazione regionale. Il nome di Filippi sarebbe stato comunicato all’ultimo minuto agli astigiani che non hanno fatto altro che incassare il colpo. Rispetto al Pd alessandrino, invece, questa nomina non farebbe che aumentare le tensioni interne. Paolo Filippi, sempre più critico con il partito al punto da restituire la tessera, è poi rientrato nei ranghi, ma da buon democristiano ha iniziato a lavorare fino a diventare il coordinamento di Futuro Democratico e fare crescere il peso politico al punto di essere decisivo nella designazione di Fabio Scarsi a futuro segretario provinciale del partito.
Ma tutto questo a chi servirà sul serio? Al territorio alessandrino? Oppure a creare le condizioni per una via di uscita al sindaco Rita Rossa? A oggi il primo cittadino, non certo in testa al gradimento della popolazione (come evidenziato da periodiche rilevazioni), non restano molte opportunità per restare alla rilbalta. A meno che non ci sia un voto anticipato per il parlamento, gli scenari elettorali nazionali e regionale sono preclusi per una banale questione di date. Ad Alessandria si vota nel 2017. O Rita Rossa si ripresenta, oppure si creano per lei condizioni diverse per preparare le elezioni dell’anno dopo. In questo caso il Pd potrebbe pensare a candidature come quelle di Giorgio Abonante, mentre Filippi e Rossa guarderebbero altrove.