Cresce la diffidenza nei confronti degli Ogm, di una tecnologia che non rispetta le promesse miracolistiche.
Sono crollati del 18 per cento i terreni seminati con organismi geneticamente modificati (Ogm) in Europa nel 2015 che per la prima volta fa registrare anche una inversione di tendenza a livello mondiale con 1,8 milioni di ettari coltivati in meno.
“Da sempre Coldiretti si oppone alla diffusione delle coltivazioni Ogm e sostenere l’obbligo di indicare in etichetta la loro eventuale presenza nei prodotti importati da altri Paesi per dare l’opportunità di riconoscere i prodotti Ogm free. – afferma il presidente Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino – Un’agricoltura moderna che vuole rispondere alle domande dei consumatori deve fare scelte coerenti con i bisogni di sicurezza alimentare e ambientale nel rispetto del principio della precauzione, per non iniziare a percorrere strade senza ritorno. La scelta di non utilizzare Ogm non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. In questo contesto, è fin troppo evidente che il modello produttivo cui appare orientato l’impiego di organismi geneticamente modificati sia il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione”.
La tutela dei prodotti tipici, la sicurezza degli alimenti che portiamo sulle nostre tavole, la salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente rappresentano gli elementi che caratterizzano la qualità del Paese in cui viviamo e che lo rendono unico e invidiato nel mondo.
Proprio per questo, Coldiretti si sta battendo da molti anni contro il modello produttivo omologante, basato sull’impiego di organismi geneticamente modificati, ribadendo l’esigenza di un’agricoltura di qualità, orientata al mercato, ma fortemente legata al territorio, che sappia dare il giusto valore alla trasparenza delle produzioni, come l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della componente agricola impiegata, per favorire i controlli, consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e per valorizzare il Made in Italy in tutto il mondo.
Dati emersi in occasione dell’analisi del rapporto annuale dell’“International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications” (ISAAA) dal quale emerge che la superficie Ogm in Europa nel 2015 si è ridotta ad appena 116.870 ettari di mais geneticamente modificato (-18%) coltivati in soli 5 Paesi sui 28 che fanno parte dell’Unione.
Peraltro ben il 92 per cento di mais biotech europeo è coltivato in Spagna dove sono stati seminati 107.749 ettari (-21%) mentre le superfici coltivate sono residuali in Portogallo, Romania, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Si tratta di una tendenza che conferma la giusta decisione dell’Italia che ha notificato alla Commissione europea nel 2015 la richiesta di vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio assieme ad altri 18 Stati. (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Slovenia e Ungheria, mentre la Gran Bretagna ha presentato domanda per Scozia, Galles e Irlanda del nord e il Belgio per la Vallonia). La richiesta di esclusione di tutto il territorio italiano dalla coltivazione di tutti gli Ogm autorizzati a livello europeo trova d’accordo quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono oggi al biotech nei campi.
“Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy”, ha continuato il presidente Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino. L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop/Igp che salvaguardano tradizione e biodiversità, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita a chilometri zero che non devono percorrere lunghe distanza con mezzi di trasporto inquinanti, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati come avviene in 23 Paesi sui 28 dell’Unione Europea.
A livello globale nel 2015 sono stati coltivati 179,7 milioni di ettari di colture biotech, con uno storico decremento di 1,8 milioni di ettari rispetto ai 181,5 milioni nel 2014, a causa dei prezzi bassi. Gli Stati Uniti continuano a guidare la produzione biotech con 70,9 milioni di ettari (39% del totale), con un decremento di 2.2 milioni di ettari rispetto al 2014. Il Brasile si conferma al secondo posto con 44,2 milioni di ettari (25% del totale) con un incremento di 2 milioni di ettari rispetto al 2014. Al terzo posto si trova l’Argentina con 24,5 milioni di ettari; poi l’India con 11,6 milioni di ettari ed il Canada con 11 milioni di ettari (circa -5% rispetto al 2014). Nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sui vantaggi economici, cresce lo scetticismo degli agricoltori e dei consumatori. Anche perché gli Ogm in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone) e sono diffusi nell’interesse di poche multinazionali senza benefici riscontrabili.
Insomma, l’agricoltura e il territorio italiano non hanno bisogno degli Ogm, gli Organismi geneticamente modificati: Coldiretti non ha dubbi in proposito e lo ribadisce a gran voce ogni qual volta si presenti l’occasione.