Ad Alessandria il sipario si alza. Solo a metà [Centosessantacaratteri]

Sozzetti Enricodi Enrico Sozzetti
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Sipario alzato, ma a metà, per il Teatro comunale di Alessandria. Vero che dopo la chiusura, nell’ottobre del 2010, a causa della contaminazione da amianto, è arrivato il momento della riapertura di alcuni spazi. Vero che la bonifica è durata tre anni ed è stata complessa. Vero che sono in calendario diverse iniziative. Ma è anche vero che l’obiettivo finale di “rendere nuovamente agibile e vivo tutto il nostro teatro comunale” è ancora distante. Il sindaco di Alessandria, Rita Rossa, rigetta che osservazioni di “navigare a vista”. E dice: “Mai avuto paura di navigare, la rotta era ben chiara”. Contenta Vittoria Oneto, assessore comunale alla Cultura: “La bonifica è stata complessa, non ci avrebbe scommesso nessuno. Il nostro progetto mira alla sostenibilità degli spazi e speriamo che il teatro riapra del tutto”.

Nel giorno della presentazione del nutrito calendario di eventi in programma da metàSala Ferrero mese, Palazzo Rosso non ci sta e non vuole sentire alcuna voce fuori dal coro. La Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, con il presidente Pier Angelo Taverna, con atteggiamento pragmatico definisce il 16 aprile (giorno del primo spettacolo) come il momento in cui “si concretizza la prima fase del progetto verso la riappropriazione da parte dei cittadini del proprio teatro” grazie a un investimento che per la Fondazione è stato di duecentomila euro.

Rita Rossa e Vittoria Oneto dicono di non volere usare “toni trionfalistici”, di non sfruttare la riapertura di alcuni spazi “a fini elettorali”, però poi affermano che è stato “bonificato il teatro come sono stati bonificati i conti del Comune”. Siamo ad Alessandria, primo Comune (e quasi unico) in dissesto certificato in Italia, dove uno degli sport preferiti è non solo guardare al bicchiere mezzo pieno (l’ottimismo certamente è il sale della vita), bensì ad almeno un paio di pinte piene anche se poi il contenuto lo si può misurare con il contagocce. Il senso onesto della misura dovrebbe invece essere un bene prezioso. Nel capoluogo provinciale è vero che sono riaperte al pubblico delle aree del teatro comunale. Ma la cosa si ferma qui. Sono in calendario spettacoli e  concerti. E questo è vero e va bene. Però sarebbe più onesto ammettere non solo che “il percorso è fatto di diverse tappe”, ma anche che al momento le cose non sono del tutto come si dice. La sala Ferrero, completa di arredi e impianti nuovi, ospiterà diversi spettacoli. Bene. La sala Zandrino invece sarà lo scenario ideale per “convegni e iniziative”. Il foyer è lo sfondo di manifestazioni che lo animeranno nei prossimi mesi. Il cinema, dicono gli amministratori, difficilmente tornerà. Le nuove tecnologie “costano troppo”. Al massimo si possono organizzare proiezioni tradizionali, ma solo in occasione di specifici eventi. E a queste condizioni programmare la stagione 2016-2017 appare quanto meno complicato, almeno dentro a questi spazi agibili solo in parte.
Teatro vuoto 1Il sipario di alza, quindi. Ma a metà. Perché non essere chiari sul destino della sala grande?  Sono necessari almeno 5/6 milioni di euro. Di finanza di progetto e partnership con privati si parla a livello teorico, in attesa di passi in avanti non meglio precisati. Poi però non si rinuncia al colpo di teatro. E durante la presentazione della stagione primavera-estate ecco che il sindaco annuncia il coinvolgimento della Regione grazie al consigliere Domenico Ravetti “che ha firmato un emendamento alla legge regionale sul Bilancio per fare avere i soldi per il teatro”.

Siamo alla svolta? Non proprio. Vero che Domenico Ravetti (Pd come il sindaco di Alessandria) ha firmato qualcosa. Ma era un ordine del giorno per impegnare la giunta regionale ad assegnare adeguate risorse  per il Teatro di Alessandria nel Programma attuativo regionale dei fondi di sviluppo e coesione. I soldi arriveranno? “Sì. Il problema – risponde Ravetti – non è certamente terminare i lavori e acquistare tutto il necessario per riaprire. Il problema è il soggetto che lo gestirà e il piano industriale per più stagioni”. Al momento non ci sono le condizioni per indicare in modo preciso i tempi e gli importi. La certezza, per ora, è che il Teatro comunale entra a fare parte del programma. “La cifra è legata allo studio di fattibilità” aggiunge Ravetti. Tradotto: senza un approfondito esame dei costi per attrezzare il teatro e un adeguato studio su un progetto di gestione (comprese eventuali attività diverse dagli spettacoli) non è possibile quantificare le risorse.

Intanto però il termine per lo studio di fattibilità comprensivo di progettazione preliminare e piano di gestione per il recupero e rifunzionalizzazione della struttura passa da giugno ad agosto. E dall’estate si farà presto ad arrivare all’autunno. Per la gestione degli spazi della prima e seconda galleria e del resto delle aree le idee sono molte.  C’è quella del museo e della pinacoteca, del bar e del ristorante. Tutti spazi “che vorremmo riempire di contenuti insieme alla città” dice Vittoria Oneto.  Come? Iniziative pubbliche, incontri nelle scuole, un concorso per raccogliere proposte e suggerimenti scanditi da un concorso all’insegna di #ilteatrovive.

Infine, non manca un pensiero per gli ex dipendenti della Fondazione che ha gestito il teatro. “Tenerli agganciati al Comune con una partecipata è stata una scelta precisa perché sapevamo che quelle professionalità potevano essere recuperate” dice Rita Rossa. Si profila un ritorno dei lavoratori della Fondazione Tra, che oggi sono alle dipendenze del Gruppo Amag? In realtà no. Chi oggi legge i contatori, continuerà a farlo. Solo per un dipendente (tecnico esperto e già responsabile della sicurezza) c’è la possibilità di essere distaccato per alcune ore dall’Amag per andare a lavorare in teatro.