di Pier Luigi Cavalchini
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Arrivati al quarto appuntamento di “ScalaMercalliDue” necessita un passo indietro (o “ a fianco”) per capire meglio …. cosa non funziona. Perché qualcosa di perverso ci deve essere – da qualche parte – per provocare tutta una serie di paradossi a cui non riusciamo a porre rimedio.
Per chi non avesse visto la trasmissione, o non ne avesse dato un’occhiata al video completo in rete – sul sito di “RaiTre” alla voce “Programmi” – , si è discusso di alimenti, qualità dell’alimentazione, scarsità di cibo, abbondanza di problemi collegati all’agricoltura e di un mucchio di altre cose. Ma a che pro…se scendendo in strada (Vi assicuro che è successo) ho dovuto piazzare il mio sacchetto di “organico” (preparato secondo i crismi) a fianco di un pacchetto trasparente in plastica tradizionale con tanto di biscotti ammuffiti dentro. Sì, certo, il contenuto era “organico” ma buttarlo lì con tanto di involucro , mi è sembrato – riprendendo il termine d’avvio – paradossale. Probabilmente il condomino “poco civile” era sintonizzato su altro, oppure giocava a carte o ‘che sso io’… il problema è che questa endemica difficoltà a conferire correttamente nei cassonetti è tutta nostra, verrebbe da dire “uno sfregio italico” a comportamenti ritenuti inutili “tanto poi va tutto insieme”.
Iniziamo da questo “contrasto” perchè è successo veramente e perché può essere questa la spiegazione dell’impermeabilizzazione totale ad ogni segnale d’allarme. E qui andiamo a riprendere alcuni dei passaggi della puntata di sabato 19 marzo.
“Siamo ormai sette miliardi e trecentocinquanta milioni sulla Terra, mentre poco più di cento anni fa eravamo in un miliardo soltanto…” Embe’? C’è posto per tutti, c’è il mare, ci sono i deserti… qualcuno ci penserà. “Attenzione: ormai alcune, pochissime, multinazionali ‘padrone del cibo’ si sono insediate in tutti i gangli nevralgici della filiera, dall’esclusiva sui semi (spesso resi sterili di proposito), alla catena perversa ‘monocoltura-concime chimico-diserbante-raccolta con mezzi tuttofare’”. Ah sì… Bene!. Vuol dire che, c dice una voce anonima, “la tecnica è andata avanti e che, così, ho le fragole e le castagne tutto l’anno”. E potrebbe continuare: “Tranquilli, che da qualche parte nel mondo qualcuno lavora per noi… D’altra parte ci spezziamo la schiena tutto il giorno, andiamo in palestra, accudiamo figli e nipoti, abbiamo pure il tempo di visitare i parenti anziani e di ospitare gli amici al sabato sera… Avremo pur diritto ad avere ciò che più ci piace nel supermercato qui sotto casa? Oppure no?”
Probabilmente si tratta della stessa persona che ha tagliato corto con il sacchetto di biscotti, sperando in qualche “angelo separatore” che provveda – poi – a disfare e selezionare ciò che è stato buttato senza criterio.
Sono quegli stessi “angeli”, spessissimo di colore o, comunque, non italiani, che operano nelle imprese di riciclaggio dell’organico; quello che – per chi se lo fosse dimenticato – può produrre un ‘compost’ ammendante per l’agricoltura di ottima qualità. “E ricordiamoci – ci dice un agricoltore cuneese molto contento – che questo ‘compost’ ci costa meno di tre euro a tonnellata, pochissimo rispetto ai prezzi degli ammendanti chimici”. Ce lo dice quasi sottovoce, come se ascoltasse qualche ‘grande fratello’ collegato alla Monsanto o alla Bayer; un faccino vispo e un bell’accento piemontese che fanno a pugni con l’ombra anonima del cassonetto e che ci riportano alle ‘buone cose di un tempo’.
D’altra parte è proprio il ritorno ai sistemi agricoli di una volta il leit-motiv della puntata. Tecnici informatici, avvocati, maestri (a cuiu aggiungere operatori di banca ma anche agricoltori ‘pentiti’) che si sono riavvicinati alla produzione agricola di qualità riprendendo sistemi di semina, coltivazione, innesto e raccolta, tipici di cento e più anni fa. Quali i risultati? Si direbbero più che soddisfacenti con un evidente miglioramento della qualità relativa (con solo una diminuzione, nemmeno poi così forte, della quantità prodotta). Le analisi chimico-fisiche, poi, ne certificano la bontà e, se ce ne fosse ancora bisogno, ci fanno capire quale dovrebbe essere la corretta strada da seguire.
Un percorso già ben delineato dal “Club di Roma” a fine anni Sessanta dello scorso secolo e ripreso – con aggiornamenti – nel bel libro di Michael Pollan “L’enigma dell’onnivoro” del 2008, assolutamente attualissimo.
Un percorso, ancora, che viene suggerito – per contrasto – dalle considerazioni del docente universitario dell’UNIPR prof. Carlo Modonesi quando fa riferimento agli Organismi Geneticamente Modificati e ricorda che “non possiamo affermare che siano pericolosi come non lo possiamo escludere” anche se, immediatamente dopo, ci dice che “le segnalazioni mediche che ci vengono da mezzo mondo e che riguardano l’aumento esponenziale di ‘allergie’ e ‘irritazioni’ dei più vari tipi, ci fanno pensare”.
Un invito simile (…a pensare) ce lo ripete il dott. Mario Lubetkin, uruguaiano, responsabile delle politiche alimentari della Food Alimentation Org. (FAO), guarda caso proprio il luogo in cui la trasmissione è ospitata. Non mancano – nella sua breve intervista – riferimenti all’ONU, a quella che dovrebbe essere un’attenzione mondiale ai problemi della produzione e della commercializzazione del cibo, come pure al mantenimento della ‘biodiversità’. Non sono, all’apparenza, parole al vento perché esistono importanti realizzazioni che certificano il contrario. Una di queste, la “banca della biodiversità dei semi” delle Isole Svalbard a nord della Norvegia, ne è un esempio e – giustamente – ha lo spazio dovuto con un video interamente dedicato a questa realizzazione. Una banca mondiale dei semi, di tutti i semi possibili e immaginabili, totalmente gratuita per il conferitore ma di incredibile importanza per il futuro del pianeta.
Rileggendo, ritrovo poco sopra il poco lusinghiero “parole al vento”, ma è proprio questa la sensazione che abbiamo avuto a fine trasmissione. Una bella parata di esempi virtuosi, più o meno collegati ma con un fardello pesantissimo da portare: “la situazione era simile quindici, dieci, cinque anni fa e troppo poco si è fatto , perché di tempo non ce n’è più e non è possibile “giocare” ancora.
E se provassimo a pensare ad un’Organizzazione delle Nazioni Unite che prescrive esattamente e in dettaglio cosa devono fare i vari Stati del Mondo? Le risorse sono poche, le popolazioni crescono e, giocoforza, i rimedi devono essere netti e generalizzati. …Ne vogliamo discutere in una delle prossime puntate?