Ogni oggetto che ci capita tra le mani in qualche modo può ricordarci qualcosa. Qualunque cianfrusaglia è in grado di portarci a ricordi anche molto lontani nel tempo e lontani dal luogo in cui si vive.
Nel bagaglio dei ricordi sono conservati milioni di momenti vissuti o visti o anche soltanto raccontati da altri e quindi ognuno, in presenza di un oggetto, è in grado di ricordarne le evocazioni.
Una fotografia questo potere lo ha intrinseco ancor più di quanto non lo abbiano altri oggetti.
Una immagine può anche appartenere ad una cartolina ed in questo caso appare evidente come oltre ai ricordi suscitati dall’immagine possano intervenire anche altre rimembranze. L’amico o il parente che ci ha spedito il suo pensiero da lontano e il momento esatto della nostra vita in cui questo pensiero è giunto a noi.
Naturalmente anche oggi parliamo di cartoline.
Colgo questa occasione per scusarmi per aver proposto – la scorsa settimana – una cartolina che già era stata da me commentata ampiamente in precedenza, seppure con finalità e motivazioni diverse.
Voglio restare ancora in Corso XX Settembre e quindi nel quartiere Pista per onorare ancora una volta il ricordo di un amico che non c’è più: Antonio Silvani.
Lo voglio fare con una splendida cartolina appartenente ai primissimi anni del secolo scorso. All’incirca potrebbe essere collocata intorno al 1910/1920. Il quartiere era appena sorto da pochi anni, in pratica da quando i vecchi bastioni che proteggevano la città sono stati abbattuti in quanto divenuti inutili.
Non occorre un genio per capire che tra l’immagine antica e il mondo attuale sia passato soltanto un secolo ma che questo lasso di tempo abbia portato tanti cambiamenti sotto il profilo architettonico ma anche e soprattutto per quanto riguarda l’aspetto umano.
La cartolina svela un mondo provinciale, quasi un’atmosfera da paese, se non fosse per una strada troppo larga con un viale al centro per dividere le carreggiate dei due sensi di marcia.
E poi i due signori, uno sicuramente abitante in zona e l’altro probabilmente di passaggio nell’ora in cui il fotografo era alle prese con il suo apparecchio fotografico a soffietto e con il negativo su lastra di vetro. Quattro bambini fermi a curiosare l’opera del fotografo e che inconsapevolmente si sono donati in questo modo alla storia; forse unica testimonianza tangibile, ormai, del loro passaggio su questa terra…
Del bel palazzo con i balconi in cemento ne esiste solo la prima metà, quella verso l’osservatore. Il resto è stato scelleratamente abbattuto diversi anni orsono.
Del primo palazzo di cui si può vedere solo una modesta porzione ormai non resta che il ricordo… e così è stato per molti altri palazzi e ville di tutto il bellissimo (una volta) quartiere.
Anche in questo caso non occorre ascoltare uno studioso o un luminare per capire che ancora una volta ci troviamo davanti ad un ennesimo sacrilegio. Certamente chi ha voluto questo cambiamento non amava a sufficienza la città.
Per corredare il servizio di oggi e rendere giustizia alla cartolina e alla memoria di ciò che raffigura ho pensato di attingere diversi scorci della medesima zona e rendere così più semplice il confronto diretto con il prima e l’attuale.
Su Alessandria e sulla sua salvaguardia Antonio si è sempre battuto come un leone, mettendoci la faccia e avendo sempre il coraggio di dire quel che pensava. Come su tutto ciò di cui si occupava.
Sull’amore per la nostra città Antonio ed io ci siamo sempre trovati d’accordo.