Gufi e pappagallini

Soro Bruno 1di Bruno Soro

 

“Non fidarti dei tuoi occhi
delle orecchie tue diffida
vedi buio
forse è luce”.
Bertolt Brecht, Poesie e frammenti, Einaudi, Torino 1999

 

Nel corso di una delle presentazioni del mio libro “Fatti non foste. Divagazioni di economia, politica e società”, il Direttore del settimanale “Panorama di Novi”, dottor Alberto Masoero, ha messo in evidenza come gli «scritti brevi» in esso contenuti coprano un arco temporale che si estende a ben quattro Governi nazionali: l’ultimo Governo Berlusconi (8 maggio 2008 – 16 novembre 2011), e quelli presieduti, rispettivamente, da Mario Monti (16 novembre 2011 – 28 aprile 2013), Enrico Letta (28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014) e Matteo Renzi (Governo in carica dal 22 febbraio 2013). Egli ha messo inoltre in evidenza come quegli articoli appaiano collegati dal un comune «filo rosso», quello del mio atteggiamento dissenziente nei confronti delle politiche messe in atto da ciascun governo. Dal che sorge spontanea la domanda: “ma tu sei di destra, di centro o di sinistra”?
Confesso che mi piacerebbe rispondere semplicemente con un “non lo so”. Tanto più che, col passare degli anni si diventa sempre più “conservatori” e, con il susseguirsi dei governi, si è sempre più tormentati dal dubbio.

E invece, purtroppo, conosco benissimo la ragione del mio dissenso, unGufo dissenso che va ricercato nella “veduta corta” che caratterizza le «scelte» di chi governa (a qualsiasi livello, locale, regionale, nazionale e sovrannazionale), e la “veduta lunga” di chi guarda a tali scelte non da un angolo visuale dettato dalla ricerca del consenso, bensì dall’abitudine di guardare ai fatti nella prospettiva suggerita da Tommaso Padoa-Schioppa (1940-2010) in quello che può essere considerato il suo testamento politico. (1)

A solo titolo di esempio (1) , e per chiarire meglio il mio pensiero, nei ventitré anni in cui Armando Pagella (1926-2006) – Sindaco di Novi Ligure dal 1963 al 1985 -, ha amministrato quella città egli ha assunto numerose scelte lungimiranti, a partire dall’adozione del primo Piano Regolatore cittadino nel 1966. Scelte lungimiranti che hanno spaziato dall’urbanistica (sotto la spinta dell’immigrazione sono sorti alcuni nuovi quartieri popolari, nuovi istituti scolastici, l’area artigianale del CIPIAN), agli interventi infrastrutturali, come il completamento della rete fognaria, la realizzazione della prima Azienda Municipalizzata per la distribuzione dell’acqua e del gas e della discarica controllata per lo stoccaggio dei rifiuti e, infine, la realizzazione del Consorzio per la depurazione del torrente Scrivia. Ricordo bene come tali scelte siano state accolte da un ampio consenso popolare, ancorché accompagnate da una opposizione in Consiglio Comunale dettata più da una avversione ideologica al colore politico dell’amministrazione (3) che volta a contestare il merito delle stesse.

Con la legge elettorale di allora un sindaco veniva eletto dalla maggioranza dei consiglieri comunali e, a meno che non venisse sfiduciato dal Consiglio, restava in carica fino alla scadenza naturale del mandato. Inoltre avrebbe potuto essere rieletto senza alcun vincolo circa il numero dei mandati. Oltre a ciò, tutte le delibere assunte dalla Giunta comunale erano sottoposte al vaglio del Consiglio comunale e i singoli consiglieri esercitavano un effettivo potere di controllo sull’operato del Sindaco e della Giunta. In pratica, tutta la città poteva facilmente venire a conoscenza delle decisioni di volta in volta assunte dall’Amministrazione comunale, il cui operato finiva per essere accettabilmente trasparente. Sia chiaro, non che allora non vi fosse (o non potesse esservi) corruzione, ma sicuramente era più facile sia per i consiglieri che per i cittadini venire a conoscenza di eventuali comportamenti illeciti o amministrativamente discutibili.

Ricordo pure, avendo fatto parte della redazione di un settimanale locale, come i mezzi di comunicazione allora esistenti (che in assenza di internet e televisioni locali si riducevano al passaparola e alla carta stampata) esercitassero un significativo ruolo di critica e di controllo sull’Amministrazione comunale.
Con l’intento di assicurare una maggiore «governabilità», introducendo il nuovo sistema maggioritario, la legge elettorale del 1993 ha innovato e disciplinato l’elezione del sindaco (e del presidente della provincia), affidandone l’elezione direttamente ai cittadini (4). Nel contempo, essa ha aumentato i poteri del sindaco e della giunta (ridimensionando quelli del Consiglio, unitamente al potere di controllo da parte dei consiglieri). Con l’aumento della responsabilità dei sindaci e degli assessori, questa nuova legge ha comportato una significativa riduzione della trasparenza delle scelte amministrative: riducendo la possibilità dei consiglieri (e dei cittadini) di essere puntualmente informati sull’operato degli amministratori, la nuova legge ha di fatto trasferito tutto il controllo sugli atti amministrativi al potere giudiziario (la Corte dei Conti e i Tribunali Amministrativi Regionali).

A seguito di tutto ciò, i partiti organizzati hanno perduto la loro funzione del controllo politico sull’operato dei propri amministratori (non più tenuti alle estenuanti discussioni sulle scelte amministrative all’interno degli organismi di partito), cosa che consentiva l’individuazione e la «selezione dei migliori», confinandone esclusivamente il compito alla funzione di «comitato elettorale».
Con questo, non intendo affatto sostenere che «si stesse meglio quando si stava peggio», ma unicamente sottolineare come, con l’intento di favorire la «governabilità», la limitazione del potere di controllo dei consiglieri comunali sull’operato dei sindaci (e degli assessori) ha fatto sì che mentre prima esso veniva esercitato su ogni singolo provvedimento (rendendo più agevole il controllo politico da parte degli elettori), ora è possibile unicamente al momento del voto.

Un simile cambiamento ha comportato un indebolimento del potere di controllo degli elettori sugli eletti, con la conseguenza che si è finito per favorire la corruttela (meno persone controllano più facile è sfuggire al controllo). Non ultimo, la non rieleggibilità dopo il secondo mandato (posto che i sindaci abbiano così bene amministrato da meritare di essere rieletti), ha fatto sì che, nel primo mandato risulti scoraggiata l’assunzione di provvedimenti lungimiranti che possano compromettere la loro rielezione (adottando provvedimenti sul tipo della limitazione del traffico nei centri storici, la raccolta dei rifiuti differenziata, una maggiore acquiescenza nei confronti di interventi infrastrutturali che provochino disagi ai cittadini nel breve termine, ma che assicurino vantaggi ad altri cittadini nel lungo termine), mentre nel secondo non si avrà più alcun interesse ad assumere scelte che travalichino l’arco di tempo del mandato stesso (a meno che, subdolamente, e prevedendo un cambio del segno politico dell’amministrazione, non si intenda mettere in difficoltà quella successiva o impedire che la stessa possa farsi vanto di meriti non suoi).

PappagalloPotrei sbagliarmi, ma siamo sicuri che i «pappagallini» che ripetono instancabilmente le parole del leader siano da preferire a quei «gufi» che hanno:

a) sottolineato le conseguenze (il danno finanziario) dell’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI, una delle imposte più importanti nei bilanci dei comuni) da parte del Governo Berlusconi;

b) irriso l’opinione del Ministro Brunetta quando, in piena crisi economica (accadeva alla fine di giugno del 2010) sosteneva che “l’Italia è un paese bellissimo dove si vive bene e dove il potere d’acquisto consente una qualità della vita forse superiore a quella tedesca”;

c) manifestato fin dall’inizio il loro scetticismo nei confronti dell’entusiasmo con il quale gli italiani avevano accolto sia il neonato «Governo delle riforme» presieduto da Mario Monti, nonché il «Governo del fare e delle Larghe intese» di Enrico Letta;

d) sottolineato il cambiamento di stile introdotto dall’ex Sindaco di Firenze Matteo Renzi nel linguaggio politico nazionale, ma nel contempo mettendo in guardia che l’esito della «rottamazione» e del «cambiamento» non necessariamente volge sempre verso il meglio?
Se per Bertolt Brecht è “bello lo scuoter del capo su verità incontestabili”, confesso di nutrire seri dubbi circa il fatto che, al fine di assicurare la «governabilità», l’Italia possa essere meglio politicamente guidata da un Presidente del Consiglio «Sindaco d’Italia», espressione di un «Partito della Nazione» che fa capo allo stesso Presidente del Consiglio, per di più controllato da un Parlamento depotenziato e in gran parte composto da «nominati».

A differenza dei «pappagallini», il «gufo», quand’anche si cercasse di ammaestrarlo, non parla. Sta attento, però: “fa due occhi così”!

 

(1) T. Padoa-Schioppa, La veduta corta. Conversazione con Beda Romano sul Grande Crollo della Finanza, il Mulino, Bologna 2009.

(2) Quanto segue fa riferimento ai mutamenti intervenuti nelle amministrazioni comunali e provinciali a seguito dell’approvazione della legge 25 marzo 1993 n. 81 sulla elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle provincie. A giudizio di chi scrive, da semplice elettore e pertanto inesperto di questioni legislative, tali mutamenti paiono estensibili, per analogia, a quelli che potrebbero intervenire a seguito dell’approvazione della legge elettorale e della riforma costituzionale per iniziativa del Governo Renzi.

(3) Il Sindaco Pagella era espressione del Partito Comunista Italiano, partito che ha goduto per tutto l’arco del suo mandato di una schiacciante maggioranza assoluta.

(4) Un analogo processo, volto a separare le scelte politiche da quelle amministrative, è stato introdotto anche con la legge elettorale che prevede l’elezione diretta dei presidenti dei consigli regionali (unitamente alla possibilità di nominare assessori anche al di fuori dei consiglieri eletti), con effetti di deresponsabilizzazione simili a quelli delle amministrazioni comunali e provinciali.