Processo polo chimico: 4 condanne per disastro colposo. Medicina Democratica: “Pene lievi, come per aver attraversato col rosso”

Tribunale_alessandriaSolo 4 condanne, “e ad un paio d’anni, quasi prescritti, come…per aver attraversato con il rosso”, commenta con amarezza Medicina Democratica.

Ed in effetti, dopo tre anni di processo, più di cinquanta udienze in Tribunale ad Alessandria, e centinaia di testimonianze, documentazioni, studi, analisi, tesi contrapposte, l’impressione è che la montagna abbia partorito il topolino.

Ieri sera, alla lettura della sentenza di primo grado del processo per inquinamento delle acque del polo chimico di Spinetta Marengo, se c’era qualcuno che avrebbe potuto festeggiare non era certo l’accusa, mettiamola così. E tantomeno le numerose parti civili a cui sono stati riconosciuti indennizzi per lo più modesti: peraltro, molte delle stesse parti civili neppure erano presenti alla lettura del verdetto, così come mancava completamente (ed è mancata per tutta la durata del processo) Alessandria intesa come comunità di cittadini, con rare eccezioni. Previsto risarcimento anche per il Ministero dell’Ambiente.

Ad essere condannati, dunque, sono stati soltanto 4 degli 8 imputati (Francesco Boncoraglio, Luigi Guarracino, Giorgio Carimati e Giorgio Canti), a due anni e mezzo a testa, e soprattutto per il reato non di avvelenamento doloso, come richiesto dall’accusa, ma soltanto di disastro colposo. Mentre non sussiste il contestato reato di omessa bonifica.

Il pubblico ministero Riccardo Ghio aveva chiesto complessivamente 127 anni di reclusione, diversificati a seconda dei ruoli svolti nella vicenda che, ricordiamo, cominciò 7 anni fa, quando fu rilevata la presenza di cromo esavalente, e di altre 20 e più sostanze tossiche nel sottosuolo del polo chimico di Spinetta Marengo.

Basta leggere le reazioni, per capire chi esce vincitore (o almeno soddisfatto) da questa contesa giudiziaria.

“La Corte di Assise di Alessandria – afferma una nota di Solvay – ha riconosciuto,Solvay Spinetta stabilimento accogliendo le tesi della difesa Solvay Specialty Polymers Italy SpA, la totale insussistenza del reato di avvelenamento doloso delle acque e del reato di omessa bonifica, originariamente contestati.
La Corte di Assise ha escluso qualsiasi responsabilità degli amministratori delegati protempore di Solvay Specialty Polymers Italy SpA.
Per quanto riguarda la condanna di alcuni suoi dipendenti per il reato di disastro ambientale è stato escluso il dolo e ritenuta soltanto l’ipotesi colposa. Ciò nondimeno Solvay Specialty Polymers Italy SpA ritiene ingiustificata tale condanna colposa e ribadisce la fiducia nell’operato dei propri manager che assisterà in appello per vedere riconosciuta la loro completa estraneità da ogni forma di addebito e la correttezza della gestione del sito”.

Riva ConfindustriaSoddisfazione arriva anche da Fabrizio Riva, Direttore di Confindustria Alessandria (a sinistra nella foto): “Riteniamo che la sentenza, disattendendo in grande parte le tesi accusatorie, abbia, tra l’altro, tenuto in considerazione che Solvay è una azienda che opera con responsabilità ed ha dimostrato impegno con rilevanti sforzi sia sul piano tecnico che economico per assicurare la sostenibilità ambientale delle sue produzioni.
Solvay è una importante realtà produttiva della provincia di Alessandria, lo stabilimento di Spinetta Marengo è oggi un sito produttivo di punta, tecnologicamente avanzato, con significative esportazioni di prodotti in tutto il mondo e con rilevanti ricadute positive sia sul piano occupazionale che economico sul territorio alessandrino”.

 

Delusione e amarezza, invece, nel commento di Medicina Democratica (a destra,Balza Lino 2 Lino Balza): “La sentenza del processo Solvay di Spinetta Marengo è deludente e preoccupante. Deludente per le parti civili vittime dell’ecocidio che esigeva condanne e risarcimenti severi. Preoccupante per gli abitanti della Fraschetta, consapevoli che soltanto una costosissima bonifica del territorio potrà scongiurare un futuro di indagini epidemiologiche con sempre più morti e malattie. Deludente e preoccupante anche per le innumerevoli comunità italiane che proprio dalla Magistratura di Alessandria attendevano una coraggiosa inversione di tendenza alle sentenze (Eternit, Thyssenkrupp, Bussi, ecc.) che hanno scandalizzato l’universo ecologista e aperto un vasto dibattito sulla Giustizia in materia ambientale per la loro sostanziale impunità tramite la derubricazione dei reati dal pesante dolo alla lieve colpa e le prescrizioni, per non dire delle assoluzioni. Tutte le aspettative, deluse ad Alessandria, ruotavano attorno all’ormai famoso articolo 439 del codice penale che condanna la consapevolezza del delitto contro la collettività, il dolo appunto: “Chiunque avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per consumo, è punito con la reclusione non inferiore a…”. Da 10 a 18 anni ha chiesto il Pubblico Ministero per gli 8 imputati. E non un paio di anni, quasi prescritti, come…per aver attraversato con il rosso. Sono infatti almeno 21 le sostanze tossiche e cancerogene prima scaricate di nascosto in falda e poi addirittura omesse di bonifica. Una bonifica che necessiterebbe un risarcimento miliardario. Gli occhi del mondo penale e ambientalista sono rimasti per 7 anni puntati sul tribunale di Alessandria, 3 anni in Corte di Assise, dove la battaglia in campo dottrinale è stata esaltata dagli enormi interessi economici in gioco, in vista di una sentenza di possibile portata storica in campo giudiziario. In questi 7 anni, invece, gli occhi delle vittime hanno pianto testimoniando in aula e non pochi si sono nel frattempo spenti in attesa di giustizia. Noi, che in tribunale ci siamo battuti più di ogni altro, possiamo dire che oggi i più deboli hanno ottenuto giustizia? Non possiamo. Lo lasciamo dire agli avvocati, come ai politici che alle elezioni vincono tutti. Nell’aula campeggia la fatidica scritta “La legge è uguale per tutti” che altrimenti interpretò Raffaele Guariniello: “Sono stato nella Magistratura per decenni e ho cercato di fare il bene dei più deboli”.

E. G.