“Stiamo come a Berlino nell’aprile del ’45, negli ultimi giorni prima della caduta. Ma non troverà nessuno disposto a raccontare la propria storia con nome e cognome: abbiamo tutti troppa paura”. Il dipendente della Provincia (o era il fantasma di Palazzo Ghilini?) se ne va sorridendo, e ci lascia il piacere di percorrere lo scalone in solitudine. Qui fino ad un paio d’anni fa il via vai di politici, dirigenti, esponenti del mondo delle associazioni era la norma. Ora al ‘piano nobile’ si incontra qualche impiegato con in mano il caffè, che fa un cenno mesto di saluto con la testa, e rientra nei meandri degli uffici. O gli uscieri, sempre gentili, che comunque al tuo ingresso si alzano in piedi e ti vengono incontro, come nella ripetizione di un gesto che fu, più che nella convinzione dell’atto presente.
Sembra il Palazzo dei passi perduti, la sede della Provincia di Alessandria. Può capitarti di incontrarci il ‘sempiterno’ Agostino Gatti (e i più maliziosi si chiedono “ma a che titolo sta lì?”: eppure ci sta, ed è tra i più assidui), o qualche funzionario che (“sempre se non mi cita: sono in attesa come tutti di conoscere la mia sorte”) acconsente a qualche riflessione sugli ‘anni ruggenti’, quando questo era un ente vivace, con professionalità vere (e forse mai appieno varorizzate) e anche indubbiamente un centro di potere, e uno snodo di relazioni. Ora la realtà è questo lento trascinarsi verso le scadenze stabilite dalla legge Delrio (“una legge men che mediocre”, garantisce un esponente PD, pure lui però in camera caritatis), con le dita incrociate.
La Regione, infatti, ha tempo sino a fine ottobre per deliberare la legge di riordino delle funzioni delle Province, e tutti sono in attesa di capire cosa intenda fare davvero la Giunta Chiamparino in merito alle funzioni dell’ente di area vasta, e di riflesso riguardo al numero dei dipendenti che transiteranno nei ruoli regionali. Di fatto oggi i dipendenti della Provincia di Alessandria sono circa 540 (già escludendo coloro che matureranno i requisiti pensionistici entro fine 2016), ma la nuova pianta organica ne prevede 316, destinati ad occuparsi delle funzioni che resteranno di competenza provinciale, ossia pianificazione territoriale, manutenzione strade e viabilità, assistenza ai comuni, valorizzazione del paesaggio e della natura. E gli altri 220-230? Da novembre, e per 12 mesi, i loro nomi dovrebbero essere inseriti all’interno di un apposito portale nazionale, e trovare ricollocazione all’interno della pubblica amministrazione.
Non solo: pare che l’ultima bozza della legge di stabilità 2016 preveda il commissariamento delle Regioni che entro gennaio non avranno dato seguito al riordino amministrativo imposto dalla legge Delrio.
Sul tema interviene Paolo Mighetti, che in Regione è consigliere di opposizione, nel Movimento 5 Stelle: “Il DDL 145 relativo al riordino delle funzioni delle province si inserisce in un quadro generale preoccupante, innanzi tutto perché si muove in applicazione della famosa legge Delrio. Famosa, però, solo per i suoi contenuti incoerenti e confusionari. In questo panorama la Regione ha deciso di proporre un assetto “a geometrie variabili”, cioè funzioni attribuite in parte alle moribonde province ed in parte alle loro aggregazioni in ambiti ottimali. Un metodo questo veramente efficace per disorientare cittadini, operatori economici ed enti locali, che non avranno più riferimenti fissi sul territorio. Estrema incertezza anche per il destino dei dipendenti, rispetto ai quali è completamente mancata una seria analisi riferita alla situazione esistente e alla riorganizzazione delle funzioni. Il rischio di perdere professionalità è molto elevato, così come quello di vedere i nominativi inseriti nel portale nazionale, con conseguente apertura alla mobilità su tutto il territorio nazionale”.
Già, inutile girarci attorno: che le pubbliche amministrazioni del nostro territorio provinciale possano essere in grado, in questo momento (con i tagli generalizzati di risorse, e i comuni in particolare ‘alla canna del gas’), di farsi carico di 220 dipendenti di Palazzo Ghilini (ma anche via Gentilini, via Porta, via Galimberti: le sedi operative della Provincia sono rimaste 4) appare assolutamente irrealistico.
Sembra sia già partita, oltretutto, la corsa al ‘fai da te’, ossia aiutati che Dio t’aiuta: per cui ogni dipendente prova a bussare alle porte che conosce, ma la risposta è quasi sempre ‘picche’, inevitabilmente. Ma allora che succederà a coloro che, a novembre 2016, ancora non avranno trovato una ricollocazione? “In teoria – sottolinea uno dei nostri interlocutori – a quel punto i dipendenti in soprannumero dovrebbero poter salire sull’arca di Noè, ossia la Regione: e da questa essere ‘distaccati’ alla nuova struttura di area vasta a cui saranno delegate alcune funzioni: anche perché, diciamocelo, il contratto regionale è assai più vantaggioso del nostro, e in questo modo eviteranno di applicarcelo”.
Questioni contrattuali a parte (a proposito: sulla questione Province dove sono i sindacati, cosa fanno e cosa dicono? La loro voce oggi è piuttosto flebile, no?), c’è da confrontarsi con l’attuale situazione della Regione Piemonte, che agli occhi degli osservatori, più che l’arca di Noè, appare sempre più un transatlantico alla deriva, e in affondamento neanche tanto lento.
E’ lo stesso presidente Chiamparino
(dimessosi nei giorni scorsi da presidente della conferenza Stato-Regioni) a parlare esplicitamente di ‘orlo del precipizio’, per cui è più che legittimo chiedersi se un ente in simili condizioni di bilancio possa essere in grado, tra un anno, di farsi carico di diverse altre centinaia di dipendenti, senza tracollare definitivamente.
Intanto, però, qualche chiarimento in più potrebbe arrivare nei prossimi giorni dall’Assemblea nazionale ANCI, in programma proprio a Torino dal 28 al 30 ottobre prossimi. Alla guida della Commissione Affari Istituzionali dell’Anci, tra l’altro, c’è proprio l’alessandrino Gianni Barosini, che a Palazzo Ghilini è stato l’ultimo presidente del consiglio provinciale, e che fa un quadro completo e molto critico della situazione: “La riforma delle Province – afferma lo stesso Barosini – fortemente voluta da Matteo Renzi (ex presidente della Provincia di Firenze) è giunta ad un punto molto delicato. Gli organi istituzionali non vengono più democraticamente eletti dai cittadini, gli indecorosi tagli governativi e regionali ai fondi gestiti dalle Province sono stati pesantissimi e recentemente confermati per il futuro. Il personale in servizio non conosce ancora quale sarà il futuro: una parte sarà trasferito in Regione (ambiente, agricoltura, cultura, politiche sociali) altri (polizia provinciale) confluiranno nei Comuni, altri ancora (centri per l’impiego) in una costituenda Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro. In sintesi, stiamo assistendo alla distruzione di un ente costituzionale di fondamentale importanza storica.
Tutto questo per un risparmio annuale di alcune decine di milioni di euro, mentre il premier noleggia un super jet come quello di Obama ( costo stimato 200 mln di euro? ) e le Regioni italiane continuano a divorare miliardi di euro (vedasi il Piemonte, disavanzo 5,8 mld di euro). Comunque, nella prossima Assemblea nazionale ANCI sarà mia cura quantomeno relazionare sulla reale situazione: mi riferisco ai lavoratori ed ai servizi essenziali”.
Ettore Grassano