Davvero d’ora in poi non saranno più mutuabili le analisi del colesterolo e dei trigliceridi, se non ogni cinque anni, o per patologie conclamate? E così per Tac, risonanze, allergie? E a quanto ammonterà il costo complessivo delle prestazioni, per chi legittimamente intendesse pagarsele?
Provate a parlare in questi giorni con le persone in carne ossa, e con i sempre più terrorizzati e ‘schifati’ medici di famiglia (l’anello debole della catena, ‘schiacciati’ tra le esigenze dei pazienti in carne e ossa, e le minacciose raccomandate ‘di contestazione’ della Asl: raccomandate cartacee, non e-mail. Ci rendiamo conto?), e vi accorgerete che sono questi i temi che tengono banco.
Non certo il pur interessante progetto di nuovo ospedale in Fraschetta da 300 o 400 milioni di euro: di cui peraltro si parlava già trent’anni fa, con la piccola complicazione di avere oggi le casse vuote, a Torino come Alessandria. E project financing, attenzione, è una formula che gli imprenditori, quando ragionano con Stato e enti pubblici, hanno imparato a maneggiare con cura.
Francamente, se pensate che solo dieci anni fa le campagne di sensibilizzazione nazionale ci riempivano la testa (giustamente peraltro) con il concetto di prevenzione, e che al contempo (assai meno giustamente) ogni anno qualcuno si inventava un finto allarme da fine del mondo per far pagare al servizio sanitario nazionale milioni di inutili vaccini (ma l’inutilità dipende sempre dal punto di vista, naturalmente!), non sappiamo capire se oggi siamo messi meglio o peggio di allora.
La certezza, osservando le strategie degli ultimi esecutivi sui temi del welfare (come non ricordare il Monti che dichiarava “gli italiani vivono al di sopra delle loro possibilità?”, e intanto si faceva nominare dall’amico Napolitano senatore a vita, prima di accettare l’incarico da premier pro tempore), è che per costoro la strada sia tracciata: ridimensionamento drastico delle prestazioni del sistema pubblico sia sul fronte sanità che scuola e università, e via libera al privato. Che in sanità, in particolare, significa, per i singoli cittadini che possono permetterselo, attivare proprie polizze assicurative, che consentano al momento opportuno un’adeguata copertura, dagli esami ai ricoveri agli interventi chirurgici. Un meccanismo che in Italia è sempre stato ‘residuale’, e peraltro quei pochi che si sono lasciati tentare, al momento opportuno, si sono ritrovati alle prese con tante di quelle ‘eccezioni’ e specificità da arrivare a concludere che certe polizze sanitarie sono perfette per le persone sane!
Ora, però, se i progetti del renzismo avranno modo di ‘dispiegare’ pienamente le loro ali (e oggi ostacoli veri se ne vedono pochi: la maggioranza Renzi-Berlusconi in Parlamento c’è eccome, e regge, e la prossima legge elettorale la stanno costruendo ad hoc per le loro esigenze), la sanità pubblica potrebbe ridursi nel giro di un decennio un tale ‘colabrodo’ da rendere indispensabile, a chiunque voglia garantirsi cure di livello (e possa permettersele) di attivare percorsi alternativi.
E tutti gli altri? Esami ogni cinque anni, o comunque solo quando i segni evidenti della malattia renderanno le analisi solo ‘certificative’, anziché preventive?
Naturalmente si tratta di un processo in divenire, e oggi la sanità pubblica alessandrina è ancora mediamente di buon livello: però pensare per tempo alle conseguenze di certe scelte potrebbe essere utile, che ne dite? Ci proviamo a farci sentire?