The Vegan Zombie – il cibo dei mostri [Il Superstite 250]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

A margine della mostra Ma cos’è questa robina qua? Storie e leggende metropolitane sul cibo, organizzata dall’amico Paolo Toselli, mi si chiede un intervento che risulti al contempo inedito, originale e divertente. Come sempre mi si chiede l’impossibile, anche perché, quando ne avrò parlato alla conferenza di venerdì 25 settembre (il giorno prima della pubblicazione di quest’articolo) intitolata La leggenda è servita – storie alimentari di questo e altri mondi, l’avrò fatto dopo le esibizioni di Paolo e Laura Bonato, ovvero nello specifico non avrò trovato nulla di particolarmente interessante da esporre.

Allora, dato che Paolo si sarà sbizzarrito sulla relazione tra cibo e alieni (due suoi famosi specialistici terreni), io ci provo sul serio ad andare sull’inedito spinto tentando di individuare una relazione tra la cultura alimentare e i mostri del gotico, sia quello classico che quello post-moderno. Intanto, rispondendo nei limiti del mio possibile a una domanda all’apparenza facile: di che si nutrono le creature della notte? Beh, non è che esistano dubbi. Con i dovuti “distinguo” tra vampiri, lupi mannari, zombi e qualche altro parente alla lontana, la carne e il sangue sono i componenti assoluti della loro dieta. Che, come tutti i regimi alimentari monotematici, presenta pesanti controindicazioni che si riverberano sull’aspetto fisico dei nostri. Per quale motivo, infatti, nonostante le notturne suzioni sul collo di avvenenti e aristocratiche fanciulle (in mancanza delle quali può funzionare anche una pecora…), i vampiri appaiono sempre così pallidi ed emaciati?

Due le scuole di pensiero: la prima recita che la qualità del sangue ingurgitato daRobina Dracula & C. fosse proprio pessima, ovvero sangue grasso, povero, pieno di disvalori, fatto cui non facciamo nessuna fatica a credere perché nell’Ottocento Vittoriano, secolo di nascita e di maggior attività dei succhiatori di plasma, i costumi alimentari erano decisamente squilibrati anche all’interno delle classi più abbienti e ne fa fede la generale depressione del sistema immunitario inglese con un’età media di vita di poco superiore ai quarant’anni. L’altra tende a inquadrare i vampiri come una categoria quanto mai a rischio esistenziale perché un conto è dichiararsi succhiasangue un conto è riuscire a farlo al quantitativo necessario per la sopravvivenza.
Insomma, spessissimo non si trovano vittime e non è che tutti possano vantare la fortuna di Dracula in grado di spostarsi a Londra a suo piacimento. Pensatela come volete, ma non ci sono dubbi che un corrispettivo territoriale accostabile al cibo dei vampiri siano i sanguinacci (insaccati variabili a seconda delle ricette diverse tra regione), il sardo ‘su zurrette a base di sangue fresco di agnello impastato con lardo e menta, la frittura di sangue di pollo tipica della Lomellina, il calabrese u’ sanceri ovvero sangue fresco essiccato e trasformato in salsicciotto nonché simile al toscano biroldo caratteristico della Garfagnana. Si potrebbe proseguire per pagine e pagine ma l’impressione è che in Italia (all’estero è ancor peggio…) si consumi molto più sangue di quel che si vuole ammettere, al punto tale che in ogni ASL circola un pubblico documento di cui riporto alcuni stralci:

Il sangue di alcune specie animali, proprio per la sua composizione, ha rappresentato, soprattutto in determinati periodi e per certe categorie di consumatori, una fonte alimentare considerevole e costituisce ancora oggi l’elemento caratterizzante di specifici prodotti “tipici”. La sua utilizzazione per uso alimentare umano ha reso necessaria una precisa regolamentazione sulle modalità di prelievo e di lavorazione. Il sangue deve: provenire esclusivamente da animali riconosciuti sani prima e dopo la macellazione. essere raccolto, dopo recisione dei grossi vasi del collo, senza ledere l’esofago, osservando tutte le cautele igieniche evitando possibili inquinamenti. essere accompagnato, in caso di trasporto, da apposita documentazione. Per la raccolta igienica del sangue devono essere utilizzati coltelli cavi in acciaio inossidabile, di misura proporzionale alle singole specie animali. Il sangue può essere raccolto dai singoli soggetti ma, per le grandi catene di macellazione, esistono sistemi per cui gli animali vengono montati su giostre e i tubi di raccolta sono raccordati a un dispenser di anticoagulante (sodio citrato) e collegati a singoli contenitori o cisterne di raccolta che devono essere costruiti con idonei materiali, come previsto dal D.M. 21 marzo 1973 e successive modifiche ed integrazioni…

… Il sangue è comunemente considerato un sottoprodotto della macellazione pur avendo un elevato valore nutrizionale. In questi ultimi anni si è diffuso, anche nel nostro Paese, l’interesse per il sangue e sono state effettuate numerose ricerche allo scopo di verificare se esista la possibilità di utilizzarlo in misura maggiore di quanto si è fatto fino ad ora…
… Il sangue costituisce circa il 6-7% del peso totale di un animale, con variazioni percentuali in base alla specie animale considerata. Con il dissanguamento, però, solo circa la metà di questo sangue può essere rimossa. Il dissanguamento, e quindi il quantitativo di sangue ricavabile, è influenzato da un certo numero di fattori, da tenere ben presenti per estrarre il più alto numero di litri da ogni carcassa. Il più importante di questi fattori è rappresentato dal tempo di recisione dei vasi del collo: essi dovrebbero essere recisi il più presto possibile dopo lo stordimento degli animali, perché in questo momento è massima la pressione sanguigna e quindi è elevata la quantità di sangue che fuoriesce dai vasi.

Sottolineando che abbiamo omesso dal documento le parti più impressionanti, non si può non ammettere che in una certa parte – minima di sicuro ma significativa – siamo vampiri. E anche zombi, soprattutto qui in Piemonte. Com’è noto, i morti viventi inventati da Romero nel ’68 che hanno mutuato il loro nome dai beneandanti di Haiti, tenuti sotto scacco da un mix di droghe a fini di sfruttamento lavorativo (e sulla cui dieta non sono in grado di riferire), affondano denti e mani nella carne umana viva e palpitante, senza farsi scrupolo di separare alcune parti dalle altre. In potente sintesi mangiano carne cruda anche se, proprio nel film del ’68 La notte dei morti viventi, assistevamo a un gustoso intermezzo in cui essi non disdegnavano di abbandonarsi voracemente a una grigliata mista collettiva, quando approfittavano dei resti rosolati di due sfortunati fidanzati che avevano tentato la fuga da una casa assediata a bordo di un furgoncino destinato a esplodere. Bene, ma come la mettiamo con la carne all’albese? O con la tartare alla francese? O con il carpaccio a fettine ricoperto di scaglie di grana?

Vegan zombieIn Piemonte gli alimenti per zombi vanno per la maggiore, soprattutto nelle campagne. Ed è proprio contro questo costume che è nata la videocucina di Chris Cooney e Jon Teddi, due chef americani che sostengono che il mangiare carne cruda faccia diventare zombi carnivori. Ideatori del format The Vegan Zombie che su YouTube ha superato 1,4 milioni di visualizzazioni e su Facebook ha raggiunto i 20mila fan, i due fanno vedere nella serie che chi consuma carne, uova e latticini viene infettato da un virus che lo trasforma in zombi. Per sopravvivere, i superstiti insegnano a realizzare deliziose ricette vegane. Il tutto condito con speciali apparizioni di zombie affamati. The Vegan Zombie ha raccolto in crowdfunding più di 43000 donazioni sulla piattaforma di Kirkstarter per finanziare la pubblicazione di un libro di ricette. Gli autori raccontano di aver iniziato così per diffondere i loro suggerimenti vegani preferiti e proporre uno stile di vita alimentare sano e alternativo. E sono stati travolti da un inaspettato successo.