di Giancarlo Patrucco
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Non è finita. Credevamo che lo fosse, quando ci dicevano: “vediamo la luce. Dai, ancora uno sforzo e saremo fuori dalla crisi”. Quando abbiamo potuto dare una sbirciatina fuori, però, abbiamo trovato un paesaggio di macerie e di miserie. Il nostro buon mondo antico – e lo chiamo così perché sembrano passati cent’anni – non era certamente il migliore possibile. Disuguaglianze, ruberie, consorterie del malaffare c’erano, come ci sono state sempre. Ma noi avevamo qualche punto fermo, su cui potevamo contare e appoggiarci per fare sonni, non dico sereni, però meno tormentati.
Sapevamo che di ascensori sociali ce n’erano due. Uno era quello del megadirettore fantozziano, che portava ai piani alti e nel quale potevano prendere posto solo i raccomandati, quelli che – come si diceva allora – avevano dei santi in Paradiso. C’era comunque un secondo ascensore, magari un tantino più lento, che potevano prendere anche gli altri.
Se avevi voglia di studiare, alla fine di quell’iter potevi fiduciosamente contare su un posto – fisso – che ti dava da mangiare. Se, poi, ti applicavi, riuscivi a mantenere decorosamente la famiglia. Se, invece, non ti andava di studiare, ma d’imparare un mestiere, andavi a bottega, dove qualcuno più vecchio di te ti insegnava l’arte. Facevi un ragionevole apprendistato e ne uscivi idraulico, elettricista, piastrellista, meccanico, carrozziere.
Quanti contadini inurbati, trasformati in metallurgici, hanno visto i figli percorrere quelle strade? Quanti figli, alla fine del percorso, potevano dire “ho migliorato”, diventando le pupille degl’occhi dei loro genitori? E’ così che è stata fatta l’Italia del boom ed è così che il benessere si è consolidato nel tempo. Nel giro di qualche generazione, i figli dei figli di quei contadini inurbati sono riusciti ad entrare nelle file della borghesia; piccola, ma in non pochi casi anche un gradino più su.
Applicazione e concretezza. Nessuno mirava troppo in alto. C’erano dei proverbi in proposito: chi troppo vuole nulla stringe; l’altezza dà le vertigini; chi troppo sale cade sovente, precipitevolissimevolmente. Niente vertigini da altezza. Soltanto il lento, quotidiano, faticoso progredire delle formiche.
In fondo al tunnel, invece, ci ha accolto un mondo completamente diverso. L’ascensore dei raccomandati funziona sempre benissimo, anzi va più veloce di prima. Ma l’altro…l’altro ormai è un catorcio e nessuno si aspetta che funzioni più, pure quando si dice che stanno facendo riparazioni. In compenso, ne hanno costruito uno nuovo, molto lussuoso e pieno di luci, con destinazioni completamente diverse da prima.
Se entrate nella cabina, vedrete che su un pulsante c’è scritto trading. Tradotto in volgare, vuol indicare commercio, scambio di ogni bene comprabile e vendibile: materie prime, oro, valute, petrolio e, naturalmente, prodotti finanziari di qualsiasi tipo.
Per darvene un’idea più chiara, mi rifaccio al grande Gecco, interpretato egregiamente da Michael Douglas in “Wall Street”. Già nel 1987, Oliver Stone aveva capito tutto ed era riuscito a rimandarci uno spaccato realistico di quel mondo, il mondo dei traders.
Oggi, la realtà ha superato la fantasia. Fatevi un giro sui social e vi accorgerete di quanto spazio prendono le iniziative pubblicitarie sul trading. Nascono come i funghi le società che predispongono una piattaforma, offrono servizi sulle quotazioni di mercato, analisi degli sviluppi attuali e possibili di un titolo, consulenza ai traders neofiti. Il trading è a portata di mano, anzi di cellulare, e dalle nostre parti è stato persino coniato un neologismo: trada, dal verbo tradare. Intanto, gli stimoli si fanno sempre più calzanti: lui – il tizio nell’immagine – guadagna 250 euro al giorno. E tu, ci vuoi provare? Qualcuno arriva puntigliosamente ai decimali: io – dice un altro tizio nell’immagine – guadagnavo 1200 euro al mese. Ora ne guadagno 12.351,32.
Sembra tutto facile, tutto a portata di mano. Scommetti su un rialzo, oppure su un ribasso, e se ci azzecchi ti porti a casa (quasi tutte) le vincite. On line non c’è tempo da perdere. Si scommette tempo un’ora, due, massimo una giornata. Alla scadenza, l’app del tuo cellulare ti informerà sui risultati.
Come dice la canzone, “uno su mille ce la fa”. Forse. D’altronde, oltre al pulsante trader, il nuovo ascensore offre ben poco: un grattaevinci, un talent, un contratto da fame per un lavoro che potrebbe sparire già l’indomani. Intanto, Gecco è tornato e sghignazza divertito guardando le videate dei suoi computer.