di Tony Frisina e Antonio Silvani.
… Nessuno, dotato di raziocinio, avrebbe mai pensato di abbattere queste meraviglie… eppure…
Così abbiamo terminato il pezzo la scorsa settimana ed ora ci “divertiremo” a raccontare quanto di inumano fu fatto dalla giunta d’allora, così come con Alfio l’abbiamo raccontato (all. n. 1) al Museo della Gambarina la sera dell’undici aprile, suscitando alterne reazioni.
Correva l’anno 1987 e la Borsalino scomparve dalla faccia della terra, fu salvata la sola zona uffici, occupata ora da parte dell’Università.
L’all. n. 2 è tutto tratto dal libro di Ugo Boccassi ed Anna Cavalli “La Passerella di Borsalino – fatti e curiosità sotto il cappello” e, precisamente, possiamo apprezzare:
– una rara foto (all. n. 2a), ricavata dalla prima di copertina del succitato libro, che ritrae il viale delll’attuale corso Teresio Borsalino con il canale Carlo Alberto, scavalcato dalla passerella, a sinistra. La strada, l’unica carreggiata di allora correva a destra;
– due fasi (all. n. 2b) del criminale smantellamento della passerella.
Nell’all. 3a si può vedere la distruzione di una costruzione oltrecanale, mentre l’all. 3b mostra quello che resta, prima del totale abbattimento, di un’ala della fabbrica al di qua del canale.
Da notare in entrambi i casi lo spessore e la solidità dei muri, che sarebbero durati ancora secoli.
Alain Delon, dalla locandina del film “Borsalino”, girato nel 1970, guarda con aria severa gli scempi (all. n. 3c) e sembra voglia vendicarli col suo mitra…
Secondo Antonio il film “Borsalino” uscì in un momento di grave crisi nell’industria del cappello e l’azienda non seppe approfittarne. Il film fu un grosso rilancio, a livello mondiale, per il marchio e l’azienda avrebbe dovuto iniziare proprio allora la diversificazione della produzione (cravatte, cinture, ombrelli, ecc.), cosa che fece in seguito, ma troppo tardi.
L’all. n. 4 è un’ulteriore prova dello spreco del danaro pubblico e del dissacramento nei confronti dei valori tra i più alti degli Alessandrini.
Nel 4c vediamo ciò che è stato raso al suolo:
in via Cavour (all. n. 4a) esattamente sul prolungamento della parte non demolita occupata dall’università ed in una panoramica più generale (all. n. 4b) che ha come sfondo corso 100 Cannoni.
Sappiamo che il Museo del Cappello (all. n. 4e) è in odore di sfratto da parte dell’Università che ha bisogno di aule…
… abbiamo già parlato in questa puntata ed anche la scorsa settimana della spaziosità, della luminosità, della solidità della vecchia fabbrica Borsalino, stupendo esempio dell’architettura industriale dell’800…
Ma quante università, compresa la costosissima sede eretta agli Orti, avrebbero comodamente funzionato in questi locali?
E’ stato costruito il complesso Agorà, è stata costruito il supermercato alimentare Esselunga… ma quante Agorà, quante Esselunga, avrebbero vissuto e funzionato nella ex fabbrica di Borsalino, magari anche oltrecanale?
Quanti capolavori dell’architettura industriale dell’800 sono stati rivalutati, riadattati e fatti rivivere? Basta guardarsi un po’ intorno e senza andare molto lontano, a partire da Torino Lingotto!
L’all. n. 5 è la quarta di copertina del libro di Gianni Fozzi “Il meglio di Cantuma Lisondria” (ricordiamo che nella prima di copertina di questo testo, riportata la settimana scorsa, è rappresentata la ciminiera di Borsalino ancora intatta).
Ebbene in questa 4a di cop., accanto alla biografia/curriculum dell’autore, sono rappresentate le tragiche fasi dell’abbattimento della ciminiera avvenuto nel maggio 1987.
Ci furono raccolte di firme, petizioni, richiesta continue da ogni ceto sociale, perché si salvasse la ciminiera, ma coloro che allora stavano nella stanza dei bottoni (la cui mente era presa da altri interessi… quali? Sarebbe bello conoscerli con certezza… anche se facilmente intuibili…) se ne fregarono allegramente degli Alessandrini e portarono a termine il loro scempio!
Qualcuno fu punito? Ma neanche per sogno… ben raramente i misfatti degli amministratori politici trovano il giusto castigo… ma ciò che non fecero gli uomini fu, almeno in parte, onorato dalla natura…
Passano gli anni e negli anni ’90 circa, su progetto dell’architetto Paolo Portoghesi viene costruito oltrecanale sulle ceneri della ciminiera il complesso “Borsalino” (all. n. 6c), protagonista di un miracolo tutto alessandrino o di una grande magia…
Sembra che l’altezza dei soffitti fosse più bassa di qualche centimetro relativamente alle leggi vigenti (quanti si lamentarono che i loro armadi erano troppo alti!)… e qui avvenne il miracolo o la maganza: sembra che dopo una riunione di giunta ad hoc (qualcuno segnalò anche la presenza dell’impresario edile… ma sono solo voci…) le misure tornarono normali e nei canoni!
E’ doveroso finire questa chiacchierata sulla Fabbrica di Borsalino con due poesie, la prima, di anonimo e senza titolo, si udì proprio il giorno in cui fu abbattuta la ciminiera:
Salve, sono la Ciminiera
Sì, lo so, si è fatta sera
e le ruspe lì di sotto
stan per fare il quarantotto
Sono inutile, son vecchia
ma Alessandria in me si specchia.
La seconda è di un grande poeta alessandrino, ancora vivente, arzillo ed attivo (sperùma ‘ncùra per sént àni!): Luciano Olivieri. Ricordiamo che Luciano ha partecipato all’ultimo concorso “A sùma tüc Gajóud 2015” con tre elaborati piazzatisi, secondo il punteggio della giuria, ai primi tre posti e la poesia che segue è risultata seconda:
La ciminéra ‘d bursalén
In amìš u m’à dìc: “Ma… dla ciminéra
t’ài mài pensà ‘d scrìvi dù rìghi?”
Am ricòrd che an cùca manéra
tücc i Lisandrén la són andàcc a vìghi.
A la pianšìvu cme ‘na parénta,
cme ch’la fìsa ‘na vègia šìa!
Da anlùra, u sméa nénta,
ma… la Sità a s’è angrišìa.
Tücc i dìvu: “Lasèla stè!
Tuchèla nénta, l’è ‘d nujàter!
La piaš fìna ai furesté:
andè a trè zü cuccòsa d’àter!”
“Sati el vòti ch’am són bità
per scrìvi düi vèrs ans l’argumént?
At dìgh pròpi la verità:
um vén da mandèi di asidént!”
La ciminiera di Borsalino
Un amico mi ha detto: “Ma… alla ciminiera / non hai mai pensato di scrivere due righe?” / Mi ricordo che in un modo o nell’altro / tutti gli Alessandrini la sono andati a vedere. / La piangevano come una parente, / come fosse una vecchia zia! / Da quel giorno, non sembra vero, / ma… la Città si è ingrigita. / Tutti dicevano: “Lasciatela stare! / Non toccatela, è nostra! / Piace anche ai forestieri: / andate ad abbattere qualcosa d’altro!” / “Ma sai le volte che mi sono messo / per scrivere due versi sull’argomento? / Ti dico proprio la verità: / mi viene da mandar loro degli accidenti!”