Grexit: il «pollo» in gioco

Soro Bruno 2di Bruno Soro

 

“… i poveri hanno senso dell’umorismo. Gli avidi no. E l’avidità è frutto della mania del denaro”.
Petros Markaris, I numeri non contano la felicità, La Stampa, venerdì 26 giugno

 

Stavo meditando di scrivere qualcosa sulla strategia adottata dal Governo greco nella trattativa con il Brussels Group (il quartetto formato dai tecnici del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione UE, della BCE e del neonato Fondo Salva Stati), una trattativa che, secondo alcuni commentatori, sarebbe ispirata alla teoria economica nota come «Teoria dei giochi», quando, curiosando su internet, mi sono accorto che sull’argomento si è già scritto anche troppo.(1)

Ai fini della trattativa tra i due contendenti, l’esito del referendum di domenica scorsa è del tutto ininfluente: sia chiaro non sull’esito della stessa, al momento del tutto imprevedibile, quanto per il fatto che da lunedì mattina si tornerà a trattare (o forse lo si è già fatto, a prescindere). Mi limiterò pertanto a chiosare sul significato del «gioco del pollo» e di qualche altro «gioco».

Nell’accezione anglofona utilizzata nell’espressione «chicken game» («gioco delTsipras 2 pollo»), il «pollo», nella lingua italiana, corrisponde all’aggettivo pavido, quello cioè che cede per primo, tra due giocatori che partecipano ad un gioco rischioso, sia perché “costantemente incline a lasciarsi sopraffare dalla paura”, sia perché ritiene maggiormente credibile la minaccia dell’avversario. Lo spiega bene il professor Luigino Bruni (nell’articolo citato in nota) con l’esempio tratto da una famosa scena del film di Nicholas Ray Gioventù bruciata, scena nella quale l’indimenticabile James Dean (che morirà qualche tempo dopo aver girato il film in un incidente automobilistico) viene sfidato ad una gara di coraggio da Buzz, il capo di una piccola banda. La gara finirà tragicamente con la morte di quest’ultimo, tuttavia, con le vicende che seguiranno, la disgrazia favorirà il riavvicinamento di Jim alla sua famiglia, dalla quale era fuggito. Presagio sull’esito della trattativa?

La «Teoria dei giochi», che ha un’origine lontana, deve la sua moderna affermazione al matematico e Premio Nobel per l’Economia John Forbes Nash Jr. (1928-2015), il quale, per ironia della sorte, è deceduto il 23 maggio scorso, assieme alla moglie Alice, proprio in seguito ad un incidente stradale mentre, a bordo di un taxi, stava tornando alla sua casa di Princeton dopo aver ritirato il Premio Abel (il riconoscimento più prestigioso per un matematico), conferitogli dall’Accademia norvegese di Scienze e Lettere Kirsti Strøm Bull. Nel contesto di questa teoria, che cerca di spiegare ad esempio il comportamento delle imprese cosiddette “con potere di mercato” (2), la parola «gioco» sta a significare tutte quelle situazioni nelle quali “l’esito della decisione presa da qualcuno dipende anche dalle decisioni prese dagli altri”.(3)

Se si accoglie questa definizione, non vi è dubbio che la trattativa in corso tra il Governo greco e il Brussels Group sia riconducibile, in una qualche misura, alla «Teoria dei giochi» (pur non essendo ben chiaro a quale tipo di «gioco» si stia giocando).

Non solo «pollo». Va chiarito innanzitutto che l’esito di un «gioco» dipende dalle condizioni che caratterizzano le scelte dei due giocatori. Oltre ad essere improntate alla ricerca del massimo tornaconto individuale, tali scelte sono influenzate dalla maggiore o minore avversione al rischio di ciascun giocatore, nonché dal fatto che il «gioco» sia ripetitivo (come nel caso del gioco cosiddetto del «dilemma dei coniugi»), (4) oppure non ripetitivo (come nel caso più classico e drammatico del «gioco del pollo», qualora nessuno dei due contendenti scelga di non essere un «pollo»). La teoria dà conto, quindi, di una certa varietà di situazioni che possono condurre ad un esito negativo per entrambi (come nel caso appena citato in cui tutti e due i giocatori ritengano che il «pollo» sia l’altro); un esito positivo per quello dei due contendenti che non è il «pollo», ma che, nel caso in cui quest’ultimo dovesse sopravvivere, potrebbe cercare di vendicarsi, e dopo essersi alleato con qualcun altro, provare a giocare al «gioco della guerra»; o, infine, un esito parzialmente positivo per entrambi, qualora i giocatori scegliessero di collaborare: una scelta auspicabile (come nel caso di un accordo tra i coniugi nel gioco del «dilemma dei coniugi»), qualora entrambi avessero riguardo alle ripercussioni che la scelta di oggi potrebbe avere sulla stabilità del loro rapporto domani.

Da questi pochi e semplici esempi, ma l’elenco dei giochi può essere allungato a piacere, si può dedurre che l’esito al quale può condurre la trattativa tra il Governo greco e il Brussels Group si potrà conoscere solo alla fine del gioco. Per restare alla cronaca, poniamo che il Governo greco accetti le condizioni poste dal Brussels Group. In tal caso, indiscrezioni di stampa riferiscono che la moglie di Tsipras chiederebbe subito il divorzio (una decisione dalla quale non è affatto detto che egli non abbia a trarre qualche vantaggio personale persino nel caso in cui venisse fatto cadere il suo Governo). Per contro, qualora venissero accolte le condizioni poste da Governo greco, di certo avranno di che pentirsi quei Paesi che si sono sottoposti alla cura dell’austerità, una cura della quale persino i «medici» del Fondo Monetario Internazionale hanno riconosciuto (ancorché tardivamente) la tossicità sociale. Ho la netta sensazione che la trattativa, qualsiasi ne sia l’esito, darà modo ad entrambi i giocatori di verificare come il protrarsi della tenzone, in assenza di una strategia comune volta a superare lo scoglio delle potestà nazionali, porti al rafforzamento delle forze ostili alla pace tra i popoli e favorevoli alla guerra tra i poveri.

(1) Cito per tutti, l’interessante articolo di Alberto Bisin, Il gioco del pollo di Varoufakis, la Repubblica 17 febbraio; l’esaustivo articolo del Consulente di gestione del rischio presso European Investment Consulting Pasquale Merella, Con gli occhiali di Nash si vede meglio il gioco della Grecia, Il Sole 24 Ore, mercoledì 27 maggio 2015 e l’editoriale del prof. Luigino Bruni, Non è tempo di giochi, Avvenire, giovedì 2 luglio 2015.

(2) Più in generale, la «Teoria dei giochi», che trova applicazione nel caso di un mercato nel quale si fronteggiano poche grandi imprese, ciascuna delle quali deve tenere in considerazione il comportamento delle altre, cerca di fornire una spiegazione a tutte le situazioni cosiddette di «interazione strategica», nelle quali «diversi decisori agiscono tenendo conto del fatto che le loro scelte influiscono sui guadagni degli altri decisori e viceversa».

(3) Le citazioni virgolettate riportate nel testo concernenti la «Teoria dei giochi» sono tratte dal libro di Italo Lavanda e Giorgio Rampa, Microeconomia. Scelte individuali e benessere sociale, Carocci, Roma 2014.

(4) Bene illustrato nel citato articolo di Merella su Il Sole 24 Ore, il «dilemma dei coniugi» si presenta nella diversa strategia di due coniugi a seconda che essi collaborino o meno nelle attività domestiche: la non collaborazione oggi può portare ad un conflitto domani. Un comportamento collaborativo (ripetuto) induce certamente alla stabilità della coppia, anche se altre e spesso determinanti possono essere le cause che possono provocare l’instabilità, come si avrà modo di chiarire in seguito, nel caso in cui Tsipras venisse indotto a collaborare nella trattativa con il Brussels Group.