Sono le 10 della sera prima dell’intervista, e una telefonata di Don Ivo, con voce gentile, ci chiede: “possiamo spostare di un’ora l’appuntamento di domattina vero? Mi hanno cercato per una Messa…”. La chiacchierata alla fine la facciamo in un bar degli Orti, dove il parroco di San Michele è più popolare di qualsiasi politico, e saluta praticamente tutti, senza mai perdere il filo del discorso, e l’entusiasmo per quel che ci racconta: “dalle battaglie contro l’inceneritore nel 1989, all’alluvione, alle emergenze sociali di oggi, sono sempre stato dalla parte della povera gente, e di chi aveva e ha più bisogno non solo del conforto spirituale, ma di aiuto concreto per sopravvivere”; Ma la storia ‘alessandrina’ di Don Ivo Piccinini comincia molto prima, “a 9 anni, al seminario di via Vochieri, dove ora c’è la sede della Camera di Commercio”, per poi passare al liceo classico Plana, alla doppia laurea “in teologia a Rivoli, e in lettere e filosofia in Statale a Milano”. Ordinato parroco a 24 anni da Monsignor Almici (“fu qui ad Alessandria dal 1965 al 1980, un grande vescovo”), Don Ivo arriva nella ‘sua’ San Michele nel 1976, dopo una prima esperienza come vice parroco in Pista, e 7 anni a Castelceriolo. “Da allora non mi sono più spostato, e a San Michele di battaglie ne abbiamo fatte tante, tutti insieme: una bellissima comunità di fedeli, e di persone. Mi conceda di citare Don Giuseppe Bodrati però, oggi parroco di San Pio V, splendido esempio di fede e vocazione fin da ragazzino. Un vero ragazzo di San Michele, fiore all’occhiello del nostro paese, che si è sempre distinto su tanti fronti: dalla scuola, al volontariato in carcere, all’attività con Radio Voce Spazio”.
Don Ivo, scegliamo tre momenti essenziali per raccontare il suo lungo percorso alessandrino: da dove partirebbe?
(sorride, ndr) Proprio in questi giorni, per una serie di coincidenze, ho ripensato spesso alla battaglia che la comunità di San Michele, con grande unità e determinazione, fece nel 1989 contro la realizzazione dell’inceneritore. E, col senno di poi, pensate a che disastri sarebbero poi potuti succedere, con l’alluvione di cinque anni dopo…
Sul tema rinfreschiamo la memoria dei più distratti, e soprattutto aggiorniamo i lettori più giovani…
Volentieri. Ricordo come fosse ieri il consiglio comunale del 26 luglio 1989, la notte dei lunghi coltelli in versione alessandrina. Sindaco Giuseppe Mirabelli: nostro grande oppositore, e in seguito mio grande amico. Un giorno mi disse: “Don, avevate ragione voi, e meno male che avete vinto”. Quella sera fu allestito anche, nel cortile interno, un grande schermo per seguire il consiglio da fuori, e c’era un mare di gente. Io, si figuri, ero presidente del comitato del no, perché mi era stato chiesto, e perché era una battaglia giusta: il 95% dei cittadini era dalla nostra parte. Ai primi di giugno c’era stata una grande manifestazione popolare, indetta dagli agricoltori, ed io feci il comizio dal palco…
Come finì la vicenda?
Una volta tanto, hanno vinto i buoni, o meglio i cittadini comuni, assolutamente contrari a quel progetto di inceneritore, perché giustamente spaventati dalle possibili conseguenze per la salute. Per convincerci della bontà del progetto ci portarono anche a vedere un inceneritore a Parma: poi si scoprì che neppure quello sarebbe mai entrato in funzione! Pensi che, nell’area che era stata individuata per la realizzazione dell’opera, ci fu a lungo un presidio permanente, 24 ore su 24: a turno si dormiva lì, li cucinava o si portava il cibo preparato nelle cucine di casa: fu un happening gioioso. Poi finalmente, nel 1992, il sito fu smantellato, e il progetto definitivamente abbandonato.
Giusto in tempo per prepararvi all’alluvione, arrivata con la sua terribile violenza due anni dopo…
Quello fu certamente il secondo grande momento del mio percorso di parroco in mezzo alla gente. Dramma indimenticabile, purtroppo: insieme a Massimo Brusasco ci ho anche scritto un libro. Io parlavo, raccontavo a ruota libera, e Massimo mi seguiva e registrava tutto. Ne è uscita credo una testimonianza diretta ed efficace, con un titolo essenziale ed emblematico: 6 novembre 1994.
Per San Michele, in particolare, quella fu un’esperienza tragica….
Purtroppo sì: gran parte delle famiglie ebbe case, proprietà e attività semi distrutte, due metri d’acqua ovunque. Fu una prova terribile, sul piano pratico, quotidiano, e anche con conseguenze psicologiche e spirituali pesanti. Ma ci siamo tutti rimboccati le maniche, subito, senza abbatterci. L’asilo lo abbiamo ospitato a lungo in chiesa, per fare un esempio. Ma ne siamo usciti, con coraggio. Anche se mica è tutto risolto, sul piano idrogeologico: nell’autunno 2014 abbiamo di nuovo avuto mezzo metro d’acqua in chiesa: vuol dire che qualcosa che ancora non funziona di sicuro c’è!
Ai tempi dell’alluvione nacque il mito di Don Ivo leghista, data la sua stretta collaborazione con il sindaco Francesca Calvo…
La Calvo fu un grande sindaco, seppe affrontare con determinazione una situazione drammatica. Andavamo d’accordo, è vero, perché entrambi amavano dire le cose come stanno, senza troppi giri di parole: e confermo che mi propose anche di entrare in giunta come assessore. Rifiutai naturalmente, ma in quegli anni, come già in occasione del Comitato anti inceneritore, non mi tirai indietro sul fronte dell’impegno civico, perché ho sempre creduto e credo che un prete debba saper fare anche questo: prendersi impegni e responsabilità, quando la comunità attraverso situazioni di forte difficoltà. Ma l’ho fatto anche dopo se è per questo, con l’amministrazione Scagni: ricordo che tutti i martedì mattina, dalle 8 alle 12, l’assessore alle politiche sociali Gabriella D’Amico mi metteva a disposizione il suo ufficio per ricevere le persone in difficoltà, non importa di quale colore o religione. E povertà ce n’era tanta anche allora, anche se non ai livelli di oggi. Poi la collaborazione si interruppe, per una specifica questione che riguardava una famiglia sfrattata dalle case popolari e buttata in mezzo ad una strada. Ma il rappporto umano personale con l’ex sindaco Scagni è anche oggi molto buono, ogni tanto viene anche a trovarmi in radio.
Oggi, appunto. L’Alessandria post dissesto del 2015 vive una stagione di grande difficoltà, condivisa con tutto il paese. Sotto i riflettori, in particolare, c’è l’emergenza migranti….come a dire i più poveri tra i poveri…
E’ così, anche se di persone povere e disperate ce ne sono di tutte le etnie: tutte le mattine abbiamo qualcuno che bussa alla porta in parrocchia, e non solo ascoltiamo tutti, ma quando possiamo aiutiamo concretamente. E’ successo anche stamattina, prima di uscire per dire messa in città. Però quando sento che a tanti alessandrini tagliano la luce perchè non riescono a pagare le bollette, e poi leggo di fioriere in città da 4 mila euro l’una, capisco che qualcosa continua a funzionare male. Gli stranieri io li ho sempre aiutati, e da prete li aiuterò sempre. Ricordo quando i rumeni ancora erano clandestini in Italia, perchè fuori dall’Unione Europea, e a San Michele andavamo ad iscrivere i loro figli a scuola, e li portavamo tutte le mattine. Diversi di loro peraltro si sono diplomati col massimo dei voti, perchè sono molto intelligenti, e determinati. Tuttavia ho l’impressione che questo Governo abbia le idee confuse, non vedo un progetto complessivo dopo l’emergenza. Nessuno che dica cosa si intende fare dopo, di queste persone. Ed è chiaro che se la strategia è abbandonarli al loro destino, molti di loro si ‘arrangeranno’ come potranno.
Cosa pensa, don Ivo, delle proteste dei comitati di oggi, dalle cave al Terzo Valico, lei che è stato alla testa di comitati civici del passato?
(sorride, ndr) Mi pare che ci sia una costante, tra il passato e il presente: ad Alessandria c’è sempre stata e c’è molta nebbia. Intesa come mancanza di trasparenza intendo: fanno bene i cittadini a chiedere sempre chiarezza, perchè non ci si informa mai abbastanza.
A proposito di informazione: un altro suo ‘pallino’ di sempre è il giornalismo. Radio Voce Spazio è un’istituzione ormai: lei c’era sin dalla nascita?
No, Radio Voce Spazio nacque in diocesi nel 1977, all’epoca delle radio libere, ed io in quel momento facevo altro. Fu chiusa, per una serie di problemi gestionali e amministrativi, mi pare nell’82. Fu nel 1985, quindi esattamente vent’anni fa, che il vescovo dell’epoca, Monsignor Maggioni, mi disse: “eccoti le chiavi, e le frequenze: se sei in grado rimettila in piedi”. Ci abbiamo provato con entusiasmo, ripartendo praticamente da zero: c’era giusto un mixer. In questi trent’anni abbiamo rappresentato credo una voce informativa importante: siamo partiti dalla trasmissione radiofonica della messa, a beneficio dei malati che non potevano venire in chiesa, ma poi è venuto tutto il resto. L’informazione, i dibattiti in diretta, la musica, lo sport. Un anno abbiamo anche comprato l’esclusiva dei diritti per le telecronache dei Grigi, e dai nostri microfoni sono passate tante voci anche di professionisti dell’informazione locale: Gastaldi, Brusasco, Bolloli e molti altri. Con le nostre frequenze copriamo buona parte della provincia di Alessandria, e naturalmente non smettiamo di innovare: oggi, grazie al nostro sito internet e alla diretta streaming, Radio Voce Spazio da San Michele raggiunge tutto il mondo, ed è seguita da alessandrini in ogni continente!
Ettore Grassano