Il momento della verità [Il Superstite 237]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

Molti anni fa, alla fine degli anni Novanta. A Milano, nell’ufficio di Marco Tropea, uno dei grandi editori italiani con il quale ho condiviso amicizia e più di una vicenda lavorativa, risuonò il telefono. Credo fosse di pomeriggio, e di sicuro inizio estate. Perché, se non ricordo male (possibilissimo…) lì mi trovavo per discutere sugli ultimi ritocchi da portare all’annuale edizione di Chiaroscuro, in fase d’inaugurazione in quel di Asti.

Non lo sapevo, ma da quella telefonata – che in teoria avrebbe dovuto essere privata però Marco mi pregò a gesti di restare – avrei ricavato una piccola lezione di altissima professionalità editoriale e un notevole ricordo da poter esibire oggi, in questi tempi un po’ oscuri per la cultura. In buona sostanza assistetti a una trattativa tra Marco e una controparte che non sapevo definire, forse un’agenzia per diritti esteri, riguardante un certo titolo di Elmore Leonard.
(Se non sapete chi è e chi è stato Elmore Leonard, dovreste prima vergognarvi e poi abbandonare la lettura…).

La discussione si fece accesa da subito sulle ovvie dinamiche di ogni contrattazione. Da un lato c’è chi tira e dall’altro chi rilancia. Dopo un po’ di minuti in cui temetti sul serio che a Marco si rosolassero gli zebedei (le sue incazzature erano eventi alquanto temuti da chiunque lo conoscesse…), si stabilì un accordo sui 40.000 dollari. Fine della telefonata. Marco appariva moderatamente soddisfatto anche se ancora sull’agitato. A me 40.000 dollari pareva una bella cifra, a prescindere dal leggendario riferimento. Mi scappò di dirlo. E lui mi rispose:
«Se vuoi Elmore Leonard, tanto costa».
«Già. Ma ci rientri?»
Un bel numero di condivise cene notturne, magari anche di lavoro – almeno all’inizio… -, mi autorizzava a esibirmi in un’intimità contabile, per quanto generica, a pochi concessa. Senza neppure un secondo di esitazione, lui mi rispose più o meno così – vado un po’ a spanne perché il tempo non passa indenne…:
«Apprezzo l’affettuosa preoccupazione, ma credimi… Il rientro dall’investimento è il momento della verità per ogni editore degno di tal nome. Un categoria della morale che non deve mai e poi mai ricadere sulla testa dell’autore.»

Ripeto: la mia è una sintesi di significati. Non credo proprio, conoscendolo, che MarcoTropea abbia mai citato la corrida fotografata da Francesco Rosi ne, appunto, Il momento della verità del 1965. Però questo mi trasmise. E soprattutto mi trasmise – mi frigge ancora dentro – quella sorta di grande, incondizionato amore che ogni editore dovrebbe nutrire per un “suo” scrittore.
Perché l’autore lo ami e lo paghi in proporzione, perché lui ci campa con le sue parole scritte. E se un suo titolo, da te lavorato, avesse purtroppo a fallire e non dovesse rientrare dall’investimento, è affar tuo, editore. Se il titolo non ha raggiunto l’obbiettivo, sei tu che hai sbagliato. Perché in ogni caso quell’opera era – e resta – un capolavoro e come tale l’hai pagato. Di sicuro, per convincere la gente a comperarla, non ci hai messo l’amore che lui ha investito per scriverla. Questo il senso di grana grossa della frase sulla “categoria della morale”.

Adesso, sull’onda del ricordo di un amico che è stato uno degli editori puri e veri dello stivale, vorrei tranquillizzare il lettore: non sto per rifilarvi un pippone sull’editoria nel 2015 che non annovera quasi più personaggi di tanto calibro (il che è vero) o tracciare l’elegia del bel tempo andato – ed è vero anche che il tempo andato per un bel numero di ragioni è meglio dell’attuale. Però, accidenti, che stile, che signorilità, quanto amore per la parola scritta bene e per chi la scrive. Si può sottolineare senza che ci si debba per forza vedere un paragone, quasi ineludibile, con l’andazzo contemporaneo? Si può, anzi si deve. Perché gli scrittori, piccoli e grandi, hanno bisogno di amici così.

Marco ha tradotto in Italia Paco Ignacio Taibo II, Louis Sepulveda, Arturo Pérez- Reverte, Noam Chomsky, Jerome Charyn, Andrew Vachs, Miguel Bonasso, Leonardo Padura Fuentes. Ha lanciato James Ellroy e Dan Simmons, oltre a una nutrita squadra di autori italiani, tra cui Giancarlo De Cataldo e Pino Cacucci. Suppongo che tra queste persone e lui l’amicizia circoli tuttora come una nutriente corrente di vita. Essere l’editore di capolavori e rappresentare chi li ha scritti è un passaggio esistenziale e professionale degno, appunto, di trasformarsi in categoria della morale. Il momento della verità, parafrasando la corrida: vivere con orgoglio i trionfi del tuo scrittore, o abbandonarlo, addirittura colpevolizzandolo, se il pubblico lo abbandona. Soccombe lui? «No, l’eventuale suo fallimento è un problema mio». Onore.