La riforma della scuola che (forse) verrà

Ragazzi -a- scuoladi Marina Levo

 

Quanta attenzione alla scuola in questi giorni! Scusate ma non ci siamo abituati, noi che da decenni tutte la mattine andiamo in classe ad affrontare i problemi di ragazzi e famiglie nell’indifferenza più o meno generale, siamo un po’ stupiti. Cantanti, attori ed altre celebrità, in procinto magari di partire per un tour, hanno dedicato un po’ del loro tempo e della loro cultura per commentare sulla scuola e sulla riforma prossima ventura. Quale onore che, tra un concerto ed una apparizione televisiva, si sia trovato il tempo di discettare sui problemi della categoria che rappresento! Non c’è notiziario, talk show, trasmissione del pomeriggio che non veda ospite qualche sindacalista travestito da docente, docente travestito da sindacalista, docente vero, filosofo, antropologo, sociologo e soprattutto politico che non faccia sua la bandiera del riforma sì oppure no, perché caspita, la riforma della scuola potrebbe persino far decidere qualcuno a migrare in altri partiti!

Da militante del Partito democratico ho vissuto questa vicenda con una certa sofferenza. Sono convinta che, dopo gli scempi dell’era Gelmini, sia necessario portare qualche novità e cambiare verso ad una scuola che io non vedo così male nel contesto generale italiano: in questi anni di crisi sociale ed istituzionale profonda, la scuola ha svolto fino in fondo il suo compito formativo ed aggregativo, senza fondi e con poche speranze. Ma ora è necessario un cambio di passo che parta dallo stanziamento di fondi pubblici e dall’assunzione di nuovi docenti. Abbiamo bisogno di recuperare efficienza e speranza, ma con dati concreti.

A me preoccupa molto la distanza che si è creata negli anni tra scuola e società. Noi docenti ogni tanto sembriamo ostaggio del passato, nostalgici del ruolo un tempo riconosciuto e ora misconosciuto, di pilastro della cultura e dell’educazione. In pochi decenni la società è cambiata alla velocità della luce e diversi agenti formativi si sono affiancati alla scuola, è molto cambiato il rapporto con cultura e informazione, spesso rigettando gli intermediatori o comunque ridimensionandone il ruolo. Eppure il cambiamento spaventa. Nessuno dice che questa riforma (ma di vera riforma si tratta? la struttura della scuola non è toccata, penso ad anni di progetti per unificare la scuola secondaria), sia perfetta, anzi diamoci da fare per modificare quello che non ci convince, ma non areniamoci alle solite finte riforme per non scontentare nessuno.

Non vorrei citare per l’ennesima volta il mio adorato Gattopardo e la citazione “Tutto deve cambiare perché tutto rimanga com’è”, non vorrei dover ammettere che in questo paese va bene a tutti continuare come sempre senza agganciare il cambiamento che percepiamo intorno a noi. Eppure ogni tanto qualcosa cambia: la riforma Gelmini ha annullato l’insegnamento modulare nella scuola primaria, la riforma Fornero ha cambiato le aspettative di lavoro e pensione a noi tutti. Vanno bene solo le riforme peggiorative? Il sindacato, che pure svolge il proprio lavoro e non sarò io a contestarglielo, non ha mobilitato in massa il mondo della scuola quando le riforme stroncavano posti di lavoro e speranze di uscita.

Il problema dei precari, di chi ha sborsato cifre ingenti per frequentare TFA e PASS, di chi ha un legittimo desiderio di lavorare, non si pone neppure in discussione dal punto di vista umano, ma un legislatore deve pur stabilire criteri uguali per tutti, salvaguardando soprattutto il merito. Se in passato qualcuno ha avuto accesso alla cattedra senza concorso, mi pare una anomalia tutta italiana, che alimenta le speranze di alcuni, ma che tale dovrebbe rimanere. Se a diciotto anni, molto tempo fa, io e le mie coetanee non avessimo superato il concorso, come nelle Poste, in Ferrovia o nella pubblica amministrazione in genere, non so che sarebbe stato di noi, probabilmente avremmo cambiato mestiere. Nessuno si sarebbe scandalizzato.

Tanto si è detto sulla figura del dirigente e sui suoi poteri, certo che socialmente siamo mal presi se il primo pensiero che ci tocca è quello del clientelismo, certo che la nostra società avrebbe bisogno di ben altro che una riforma della scuola. Se una nazione civile non riesce a recuperare tanta dignità in sé per non cadere inevitabilmente nella corruzione e nella mala gestione, temo che sia in uno stato di decadenza con pochi margini di recupero. Mi auguro che così non sia, so per certo che molte persone oneste sono tra noi, anche se fanno meno notizia di chi compie ruberie o malversazioni. Essendo un po’ decisionista di carattere, io spero in un inizio di cambiamento, in una nuova era migliore della precedente, ma se non cominciamo a scrollarci di dosso pregiudizi e lobbies che ci condizionano, difficilmente smentiremo la celebre frase del Gattopardo.