Siamo quasi giunti alla Festa della Liberazione del 25 aprile, e come al solito la memoria sarà di aiuto alle giuste riflessioni sul significato profondo delle parole liberazione e libertà di un popolo. Il nostro popolo, a modesto parere di chi scrive, dovrebbe bene ricordarlo cosa ha significato perderla e lottare per riconquistarla, la libertà. Così preziosa, così legata al concetto di democrazia, sempre meno percepibile, in questo momento in questo Paese. Ma tornando all’arte, perché di questo tratta Very Art, oggi osserveremo un’opera grandiosa che ben illustra il concetto di cui si parla, ossia il celeberrimo dipinto di Eugene Delacroix, La libertà che guida il popolo del 1830 (olio su tela, conservato al Louvre di Parigi).
L’opera è ispirata alla rivolta popolare avvenuta a Parigi nel luglio del 1830, contro la politica reazionaria di Luigi X di Francia. E’ un quadro ‘manifesto’ che è divenuto il simbolo del Romanticismo e delle sue aspirazioni e che è anche nella tecnica cromatica un’opera che precorre l’impressionismo. I singoli personaggi indicano diversi ceti sociali.
La donna, Marianne, con la bandiere è l’allegoria della patria e della libertà. E’ una figura classica ispirata alla Nike di Samotracia o alle divinità greche ed è ritratta in posa monumentale (era stata da poco ritrovata la Venere di Milo, nel 1820), mentre esorta il popolo alla conquista e alla lotta per la liberazione.
E’ una figura centrale, importante, irreale, indifferente alla morte e alla sofferenza che la circonda.
Delacroix inserisce nella tela anche due autoritratti: l’intellettuale con il cilindro ed il fucile che rappresenta la borghesia ed il popolano con la spada sguainata a rappresentare la violenza della guerra, un personaggio diabolico in stile Goya.
Davanti a queste figure un ragazzo, simbolo di fede negli ideali che guarda la libertà e a destra il monello che rappresenta il coraggio (la figura del ragazzo è stata di ispirazione per una celebre opera di Victor Hugo). In primo piano i cadaveri, a rappresentare la morte.
Le figure sulla tela non dialogano tra loro, sono tutte isolate. Il dipinto ha una struttura piramidale, che anche per alcune citazioni (cadaveri, travi sconnesse) pare ispirarsi alla Zattera della Medusa di Gericault, anche se rispetto a quest’ultima l’opera di Delacroix ha una prospettiva diversa, in cui le figure invece di tendere alla profondità paiono balzare in primo piano.
L’opera di Theodore Gericault, datata 1818, prende spunto da un fatto di cronaca dell’epoca legato all’affondamento della nave francese Medusa. Gli occupanti della nave si rifugiarono su una zattera che rimase abbandonata alle onde del mare per qualche settimana (anche questa immagine pare rimandare a tristi fatti di cronaca attuali). Gli sfortunati occupanti della zattera vissero un’esperienza terribile e pochi ne uscirono vivi. Pare che su quella zattera fosse avvenuto di tutto, anche episodi di cannibalismo. Il triste avvenimento colpì molto Gericault, che si mise subito all’opera per realizzare quello che resta il suo dipinto piu famoso.
Il personaggio della libertà in primo piano è uno dei primi nudi femminili in abiti contemporanei. Fino ad allora i nudi venivano accettati dal pubblico solo se filtrati attraverso rappresentazioni di carattere mitologico o storia antica. Delacroix risolse il problema rappresentando la fanciulla come allegoria appunto della Libertà.
I colori scuri del dipinto sono resi più brillanti nella rappresentazione della bandiera della Francia repubblicana.
Nello sfondo si intravedono le torri della Cattedrale di Notre Dame che suggeriscono una collocazione ben precisa. La polvere bianca è stata paragonata a quella della ‘Battaglia di Anghiari’ dipinta da Leonardo.
L’immagine della libertà è stata riprodotta sulla banconota di 100 franchi, nel 1944 appare sui manifesti in occasione della Liberazione della Francia. François Mitterrand nel 1982 la utilizza per celebrare la sua elezione a Presidente della Repubblica francese.
Nel 2013 il dipinto è stato anche oggetto di un atto di vandalismo da parte di una visitatrice, che poco prima della chiusura del Museo ha tracciato una scritta sull’ opera con un evidenziatore ‘AE911’ che rimanda ad un sito internet nel quale figura una raccolta firme per riaprire l inchiesta riguardante gli avvenimenti dell’11 settembre 2001.