di Dario B. Caruso.
All’inizio degli anni Ottanta il lungimirante dj Claudio Cecchetto, oggi uno dei deus ex machina della discografia italiana, produsse il Gioca jouer, un brano per famiglie che invase la televisione generalista e privata in erba di quegli anni – da Sanremo in avanti – e anticipò i balli di gruppo che da tempo ormai sono sulla cresta dell’onda per tutte le generazioni.
Noi adolescenti di allora, come gli adolescenti di sempre sicuri fuori e confusi dentro, guardavamo quella danza con disprezzo esibendoci in pista sbeffeggiando le mosse e coloro che la prendevano seriamente.
Talvolta (chi non lo ha fatto scagli la prima pietra…) sostituivamo alcuni ampi movimenti con gesti volgari altrettanto ampi per rivendicare l’appartenenza generazionale.
Dormire! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Nuotare! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Camminare! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Salutare! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Salutare, appunto.
Le azioni annoverate dal buon Cecchetto tra quelle più facili e naturali per l’essere umano comprendono il salutare.
Salutare (verbo transitivo) = Rivolgere a una persona, nel momento in cui la si incontra o la si lascia, parole e cenni di saluto, esprimenti amicizia, affetto, rispetto.
Salutare (aggettivo) = (1) Che giova alla salute; (2) utile, proficuo.
Qualsiasi accezione si voglia prendere, racchiude un significato positivo, uno stato di benessere con gli altri e soprattutto con se stessi.
Mario sta passeggiando tranquillamente per la via principale della sua città, un sabato pomeriggio. In direzione opposta arriva Carla, una giovane ormai adulta alla quale ha dedicato molto del proprio lavoro negli anni passati.
Lui abbozza un sorriso, pronto a salutarla e lei abbassa gli occhi, senza degnarlo di uno sguardo.
A Mario si smorza il sorriso e il saluto si spegne in gola.
Quando Mario mi ha rivelato questo episodio ancora provato emotivamente per la delusione subìta, gli ho dato il benvenuto nel mondo reale.
Gli ho confidato che anch’io utilizzo la tattica del non-saluto quando ritengo persone non-vive, sono spettri il cui corpo si aggira su questa terra ma hanno perduto l’anima.
In un’ottica flessibile esistono ma solamente in un universo parallelo, come uno spazio temporale affine ma distinto.
“Probabilmente da te questa ragazza si aspettava qualcosa di diverso, uno sconto, un amore…un figlio. Fatto sta che oggi non ti vede.”
“Magari ho sbagliato qualcosa…”
“Un giorno, caro Mario, ti racconterò ad uno ad uno tutti i miei non-vivi. Ora non c’è tempo, la pagina del Flessibile sta per finire…”
Baciare! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Saluti! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
Saluti! Tà tataratatà tataratatà tataratatà tatarata
SUPERMAN!!!