La cartolina che analizziamo oggi mostra la facciata della Casa della Madre e del Bambino sita in Spalto Marengo. È stata prodotta nel 1940 dalla Ditta Fotocelere di A. Campassi – Torino per conto di Oneto – Alessandria e spedita l’anno successivo.
L’ubicazione di questo palazzo è notevolmente decentrata (rispetto all’abitato di quell’epoca) e questo è in difformità rispetto alle altre opere alessandrine del Regime che, invece, avevano tutte una posizione più centrale, come per esempio è nel caso del Palazzo delle Poste e Telegrafi.
Già da una prima rapida osservazione dell’immagine – grazie ad evidenti dettagli – ci si rende conto di trovarsi davanti ad una costruzione in stile Razionalista, tipica del Ventennio Fascista.
Solo per fare un esempio di non trascurabile importanza voglio accennare alla città di Sabaudia, nata in soli 253 giorni, (nel 1933). È una città interamente edificata secondo le linee di questa corrente architettonica che si era sviluppata in Italia (ma anche in Europa) solo da pochissimi anni.
Per dovere di cronaca è giusto aggiungere che nel nostro Paese i dettami del Razionalismo saranno presenti ancora per diversi anni e se ne possono trovare esempi fino verso gli anni ‘70.
Il disegno, le forme del palazzo, le linee essenziali, le ampie vetrate, l’abbondante uso di archi a tutto sesto, sono elementi inconfondibili del Razionalismo italiano. Però non solo le linee, i volumi e gli spazi indicano con certezza di trovarci al cospetto di un’opera Razionalista. Tipico di questo momento storico e di questo periodo architettonico è infatti l’uso del travertino. Un marmo non molto pregiato e quindi meno costoso di altri e di facile reperibilità.
Questo Stile ha avuto il maggior fulgore nella nostra Nazione proprio durante gli anni ‘20 e ‘30 del Novecento ed è collegato in maniera così solida e costante a tutto il Ventennio da rappresentare quasi una sorta connubio indissolubile.
La Casa della Madre e del Bambino di Alessandria viene eretta fra il 1937 ed il 1939 su progetto di Venanzio Guerci.[1]
Le linee pure e totalmente rispettose del movimento Razionalista – riscontrabili in questo palazzo – non sono riuscite a salvarlo dallo scempio di un intervento di restauro[2] (o rifacimento edilizio che dir si voglia).
Anche in questo nuovo caso alessandrino non ci vuole un genio per spiegare l’assurdo recupero messo in atto. Non si può parlare di gusto personale e quindi della relatività legata al giudizio soggettivo. Ecco il motivo per cui – in questo caso – voglio pubblicare, oltre all’immagine della cartolina, anche il risultato del disastro che oggi si può disgustosamente ammirare.
Parlando di una cartolina, a volte, si può andare alla deriva in un mare periglioso e sconfinato e ci si allontana – senza volere – dalle coste conosciute e più sicure. Quindi, dopo aver aggirato la pericolosità di certi scogli, torniamo a gettare un’occhiata alla nostra cartolina. La scritta che troneggia su una parte dell’articolata facciata dice esattamente cosa sia la struttura edilizia. Non solo. Per lo sprovveduto lettore che ancora non lo avesse compreso, la presenza del fascio littorio, che precede la scritta, indica – senza ombra di dubbio – che siamo in pieno periodo fascista. Appena sotto le verghe con la scure, rappresentate in rilievo, si può leggere una data: A / XVI. (Cioè Anno 1938).
I diversi ingressi da cui si può accedere alla struttura (come indicato dalle scritte osservabili nell’immagine) portano all’Asilo nido, al Dispensario latte ed al Refettorio materno.
Sorvolo su ogni altro particolare e sui diversi pensieri che scaturiscono automaticamente per non scivolare in una facile retorica anche per il motivo che il lettore non ha bisogno di ulteriori spiegazioni per trarre le proprie conclusioni.
A chiusura di quanto appena detto riconosco che un architetto o un progettista a cui venga assegnato un compito di Recupero Edilizio senta il bisogno di dimostrare di essersi guadagnata la parcella ed ecco, quindi, quale risultato tutto ciò può generare. (Più si interviene modificando e più si guadagna;… risolvendo l’equazione si ha: più qualcuno spende più l’opera che ne deriva fa…).[3]
Per terminare con un ricordo personale, conosciuto per merito dell’oralità della mia attempata genitrice, posso ancora raccontare qualcosa.
Nel lontano 1953 mia madre mi aveva condotto proprio in questa struttura, per essere visitato dal Dott. Pizzetti, famoso e stimato pediatra di quei tempi.
Inutile dire che mi avesse trovato perfetto.
Una bella sgridata a mia madre – però – non la volle risparmiare, in quanto a otto mesi un bambino non può assolutamente pesare 14 chilogrammi.
E con tutto ciò anche per questa volta ho concluso.
Il monumento ai Caduti di Alessandria – Nello scorso mese di luglio s’è riunita la Commissione per l’erezione del monumento ai Caduti di Alessandria. L’incarico della esecuzione del monumento è stato affidato allo scultore Gaetano Orsolini, il cui bozzetto ebbe a raccogliere, nel concorso indetto a suo tempo, i maggiori consensi della Commissione giudicatrice.
Il monumento rappresenta un Combattente che ritorna in Patria a cavallo. Nessun indumento ricopre il corpo casto del giovane guerriero, che tiene in capo l’elmo della trincea e impugna ancóra la spada, ma a guisa di croce: gesto che vuole essere, nell’intendimento dello scultore, di mònito e insieme di pace.
La scultura bronzea poserà su un alto basamento di pietra nobile, sui lati maggiori del quale verranno incisi i nomi degli ottocento gloriosi Alessandrini che donarono la vita alla Patria. Ciascuno dei due lati recherà anche, scolpita nel granito, una Vittoria alata. e alla base dello zoccolo un fregio in bronzo descriverà con sobrie figurazioni il sacrificio dei Caduti.
Il monumento – che sarà alto circa undici metri – verrà posto nei giardini pubblici, al centro d’una vasta esedra alla quale confluiranno nuovi viali dal piazzale della Stazione e dal vialone, e verrà a trovarsi sull’asse della via Arnaldo da Brescia, ove sta sorgendo la Casa del Littorio, dalla quale esso sarà visibile.
Il progetto di assestamento dell’esedra è stato apprestato dall’ing. Venanzio Guerci.
[Alexandria – Rivista mensile della Provincia – Anno II – Numero 8 – Alessandria, Agosto 1934]
_________________________________________________________
[1] Venanzio Guerci, ingegnere (Alessandria, 11 Agosto 1872 – Alessandria, 27 Ottobre 1959).
[2] Ci tengo a fare una precisazione del tutto personale e di questo chiedo scusa in anticipo. Ho scritto la parola restauro in corsivo perché, in questo caso specifico, l’infausto intervento edilizio (cose che troppo spesso càpitano ad Alessandria) non può considerarsi un restauro. (Il restauro è un’attività legata alla manutenzione, al recupero, al ripristino ed alla conservazione delle opere d’arte). In questo caso tutto mandrogno è stato perpetrato un crimine nei confronti di Venanzio Guerci, dello stile Razionalista e – non ultima – di Alessandria.
Lo Studio di progettazione Avvocato Truncon & Associati è riuscito (anche in questo caso) a superare se stesso.
Un (vero) restauro conservativo sarebbe stato auspicabile: certamente meno costoso non avrebbe portato danno e avrebbe – invece – dato lustro al committente e allo studio che ne ha curato il progetto.
[3] Mi astengo dal comunicare il mio pensiero (ed il verbo della prima coniugazione) in quanto ritengo che l’intelligenza del lettore non abbia bisogno di ulteriori suggerimenti per comprendere appieno il significato del mio dire non detto…