di Giancarlo Patrucco
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Quello che sta capitando in questi giorni nella politica italiana assomiglia a quel avviene sulle linee telefoniche wireless: tu chiami e senti soltanto un borbottio di sottofondo. – Scusate non ho il collegamento di rete. – Risposta: dig..i il s… …umero … alter… … umero onto…
Allora prendi il cellulare e, dopo aver agganciato la linea, dopo aver ascoltato le istruzioni (registrate immagino), dopo aver composto il numero che identifica meglio il motivo della tua richiesta, stai lì ad aspettare l’operatore in carne e ossa, mentre una voce ti ripete all’infinito che, collegandoti sul loro sito, puoi avere tutte le informazioni che desideri.
Il fatto è che io ho chiamato il servizio clienti proprio perché non riesco a collegarmi in rete. Quindi, figuriamoci se posso contattare il loro sito vattelapesca.
Ecco, dopo lo shock down dell’elezione del Presidente della Repubblica al quarto scrutinio, giusto il primo di quelli buoni a maggioranza semplice; dopo aver eletto Mattarella come nome secco fatto da Renzi solo il giorno prima; dopo i pesanti mugugni di NCD e Forza Italia; dopo un’elezione quasi plebiscitaria, nella quale Mattarella ha mancato di un soffio la quota dei 2/3, la confusione regna sovrana come sulle linee telefoniche wireless e le prove di trasmissione sono tutte un vidiri svidiri, come direbbe il commissario Montalbano.
Prendete ad esempio il NCD. Il giorno dell’elezione, Alfano ha fatto il viso dell’armi perché non è così che si trattano gli alleati di Governo. Non è una questione di merito, bensì di metodo, ha spiegato a chiunque volesse sentirlo. Il giorno dopo, il NCD ha votato Mattarella e Alfano ha detto che il suo partito si acconciava a questo sgarbo, ma voleva risposte chiare dal PD. Ne è arrivata una, generica e sbrigativa, come di chi stesse pensando a ben altro. Due o tre giorni appresso, dopo aver ascoltato il discorso di Mattarella, Alfano si presenta tutto sorridente ai microfoni e dice: Dopo averlo sentito, sono ancora più contento di averlo votato.
Ma, prima?!? Beh, contento lui…
Prendete l’altro renitente: Forza Italia. Qui le parti in commedia si fanno più intricate perché Berlusconi è nominalmente all’opposizione, ma nello stesso tempo si è obbligato con il patto del Nazareno a sostenere le riforme istituzionali e della legge elettorale. Sì, ma io comprendevo in quel sostegno anche una scelta condivisa del Presidente della Repubblica, recrimina l’ex Cavaliere.. Risposta secca dal PD: come già chiarito più volte, il cosiddetto Patto del Nazareno è un impegno di consultazione e di reciproco riconoscimento sulle riforme di sistema. L’elezione del Presidente della Repubblica non vi figura e non ha mai figurato.
Forza Italia arriva a un punto di ebollizione pericoloso, tanto da far pensare a una spaccatura verticale tra Berlusconi e Fitto, con conseguente diaspora. Dopo averci pensato su qualche giorno, Berlusconi decide di tenere il punto, per tenere insieme il partito: il Patto del Nazareno è morto – dice. – Forza Italia ha sempre sostenuto le riforme con voti che al Senato sono stati determinanti. Ma nulla sarà più come prima. D’ora in poi, Forza Italia sosterrà esclusivamente le soluzioni che le piacciono e la convincono. Insieme a Salvini.
Stavolta, la risposta del PD non è secca, ma si frammenta in una serie di commenti persino irridenti. Se Forza Italia ci sta, bene, altrimenti, andremo avanti ugualmente. I numeri li abbiamo lo stesso. Qui si fa l’Italia e non Forza Italia. Una battuta mia, che ho preso a prestito da face book.
I 5 Stelle ci fanno fare qualche giro in più, ma abbiamo due segnali importanti che ci rivelano quel che sarà probabilmente l’atteggiamento dei Grillini nel prosieguo della legislatura: Grillo spara a palle incatenate dal suo blog e a Di Maio è ricomparso quel sorrisetto strafottente che eravamo abituati a vedere e che, nei giorni dell’elezione di Mattarella si era fatto più floscio. Insomma, loro sono sempre alternativi e faranno il meglio per additare al Paese tutto il marcio che si annida nel palazzo. Chi li ha votati, probabilmente si aspetterebbe qualcosa in più. Magari, una ricerca di alleanze, anche su singoli temi particolarmente sensibili. Magari, un’apertura verso qualche mediazione.
Mediazione? Ah, vil parola dannata! I 5 Stelle mai. Intanto, qualche stella si sfila ogni tanto. E non fa neanche più notizia, ormai.
E arriviamo al PD, reduce dai trionfi quirinaleschi. Dove andrà Renzi adesso? Saltato l’accordo con Forza Italia e ricompattato, per il momento, il partito, le condizioni sembrano favorevoli a un embrassons nous generale. In Europa si alzano le bandiere di Tsipras e di Podemos, la BCE lancia il quantitative easing, scende l’euro, resta basso lo spread, si vede pure qualche accenno di ripresa, sia nei consumi interni che nell’occupazione.
Per passare da gaio bricconcello a brillante statista, Renzi deve ancora traguardare molti passaggi. Ma un passo importante potrebbe farlo adesso, mettendo un po’ più di sinistra nelle riforme che ha in calendario. Ha solo l’imbarazzo della scelta: giustizia, fisco, scuola, diritti civili; lotta alla corruzione, all’evasione, ai poteri forti inquinati dalla criminalità organizzata.
Non deve farlo per compiacere la dissidenza interna e neanche i sindacati. Deve farlo semplicemente perché è giusto.