Il nome secco

Cavalchini Pierluigi 2di Pier Luigi Cavalchini
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Elezione da applausi quella che ha visto, alla quarta tornata, prevalere il magistrato Sergio Mattarella. Da applausi e da encomi, tanto da dover ricordare una storica elezione, sempre al quarto scrutinio, del presidente Gronchi nel pieno della Prima Repubblica. Persona degna – Sergio Mattarella – , di grande spessore culturale, competente, garbata e – quando ce n’è stato bisogno – assolutamente netta e decisa.

Lo è stato, per esempio, ad inizio anni Ottanta quando si è dimesso da una prestigiosa carica ministeriale in disaccordo con la cosiddetta “Legge Mammì” quella che spianò la strada al libero mercato delle reti televisive e, sostanzialmente a Berlusconi. E qui sta il primo punto di riflessione, come gli altri – prossimi – da leggere solo e soltanto in chiave politico-governativa: “Ho parlato ieri…e ier l’altro con Berlusconi… non c’è problema… il Nazareno tiene…”. E poi, tranquillamente, gli assesta una coltellata, ben sapendo che il Silvio di Arcore certe cose non se le dimentica e quindi, nel caso di un suo interessamento “a tempo” avrebbe detto no al nome di Mattarella. Ma non c’è problema. L’importante è andare avanti e costringere gli altri a starti dietro. E proprio qui viene fuori il secondo miracolo di Matteo: “O Alfano….guarda che la cosa sta così…se non ti garba…te ne puoi andare…” E non importa se a parlargli sia stato lui stesso o qualche suo collegato, il messaggio è arrivato e Alfano – non c’era dubbio – si è tenuto ben stretto il suo incarico da Ministero dell’Interno.

Anche se quest’ultimo passaggio, ancor più del primo, ci preoccupa un poco. In pratica laMattarella 3 scelta di Mattarella è stata fatta a tavolino due, tre mesi fa, come confermato da varie fonti con la massima copertura possibile, quella del già presidente Napolitano, con l’intento non tanto recondito di mandare messaggi e creare premesse per sviluppi futuri. E’ alla portata, sullo specifico, la non semplice operazione di sterilizzazione definitiva del Cavaliere a vantaggio degli alleati centristi che, ora ancor di più, sono a tutti gli effetti nella grande barca governativa a comando unificato.

Non so se più o meno coscientemente è già in atto l’operazione “nuova Repubblica”, anteprima di quello che sarà il “Partito della Nazione” o come si definirà. Una grande piattaforma “di garanzia” che senza scossoni riporti l’Italia ai livelli di produzione e di attrazione precedenti. Il refrain è noto e ci sta girando intorno da un po’: “finalmente si esce dalla crisi, grazie all’opera illuminata di questo governo…”, “si ritorna alla ‘politica’ e alla possibilità di essere filtro, ‘armonizzatori’ così come all’inizio della Repubblica…”, “era ora, un po’ di tecnica e razionalità associata ad una persona competente e inattaccabile” (interventi colti da “Stampa” e “Corriere della Sera”)…e siamo a posto. Anzi…ritorna tutto come prima, non voglio arrivare al ‘blasfemo’ “proprio con un Presidente fratello di un martire della mafia siamo nel pieno di una delle peggiori stagioni di intrighi Stato-mafia” (tratto dal blog di Grillo), ma di sicuro non è – solo – con questo Presidente, con questa sola carica dello Stato che sarà possibile arrivare a cambiamenti di sostanza.

Infatti il terzo punto su cui, pare, abbia “vinto facile” Renzi è stato quello dei possibili contraccolpi a scelte di “cambiamento” non condivise complessivamente e non gradite a questa o a quella parte della cittadinanza. Il rinnovo (ma non doveva essere l’azzeramento?) del Senato della Repubblica nella sua nuova veste di ‘rappresentanza’, il ‘dimezzamento’ (speriamo ‘autentico’) dei parlamentari, la semplificazione amministrativa (basata sulla riorganizzazione e efficientizzazione delle strutture statali o equiparate), la revisione delle politiche del lavoro con nuove modalità di assunzione e verifiche nella giungla delle pensioni d’oro o in quelle ‘di favore’, dovrebbero essere i primi tasselli di un’opera riformatrice che se vuole essere presa in considerazione deve essere valida di per se stessa e non grazie ad una qualche concertazione con il Capo dello Stato pur in presenza di competenze specifiche. “Presidente della Repubblica” che, mi auguro, ritorni nei binari prescritti dalla Costituzione, con buona immagine internazionale e funzione di garanzia all’interno. Niente più.

Perciò tutto questo ‘movimento’ intorno alle elezioni appena terminate aveva ben altro significato, uno in particolare: una dura risposta agli oppositori interni, a chi chiede di “discutere tutto”, a chi “non si fida”. Bersani lo aveva capito la settimana passata e, senza problemi, aveva glissato sulla ‘notiziona’ dell’altro dirigente piddino Fassina che ricordava il ruolo di Renzi nell’agguato a Romano Prodi (i famosi “centouno” del 2013) mettendola sul ridere e sfilandosi con un elegante assist al candidato Mattarella. Diversa è stata la strada di questi ultimi giorni, fino alle ultime ore, per Civati e lo stesso Fassina: profilo basso, interviste al minimo, sorrisi e applausi di circostanza… nient’altro.

Ma, come si può capire, la partita è solo all’inizio e, purtroppo, comincia già male con dati forzati in positivo sull’occupazione giovanile, sul PIL prossimo futuro e su uno stato di salute favorevole per l’Italia che ben pochi vedono. Non si tratta di essere “gufi”, è sufficiente essere realisti e andare a vedere i dati delle varie Camere di Commercio di questi ultimi sei mesi e si capirà che, rimanendo al paradosso renziano, anche con un Governo di Salute Pubblica (il ‘Partito della Nazione’ appunto) non si va da nessuna parte se questo serve solo a coprire cassa integrazione, a pagare debiti diretti e su interessi, oltre che a finanziare opere di dubbia utilità.
Quindi, il “moloch” Renzi ha avuto le sue soddisfazioni, ha piazzato quello che ritiene essere il Presidente meno “difficile” possibile e può rientrare nella sala dei bottoni per continuare la corsa.

Ammetto, e lo scrissi in più occasioni, che non sono per questo tipo di “coalizione frittata” in cui ci sta tutto e il suo contrario (…ma a guardar bene, a leggere le dichiarazioni di Marchionne e Draghi il “tutto” non ha contrario) auspicando una ‘grosse koalition’ solo per tempi brevi e contingentati. Poi tutti con le loro idee e con la possibilità di farsi capire dai cittadini e solo a questi ultimi la parola definitiva. Le elezioni al 2018 non le concepisco con queste premesse e mi auguro, per quanto possa valere l’auspicio, che si arrivi a breve ad un confronto tra forze con definizioni, obiettivi e programmi chiari. Mi sembra, pero’, che la recente vittoria della “coalizione frittata” non giochi a favore di un approfondimento dei problemi, di una loro relativizzazione (anche a livello europeo e mondiale) e, quindi, di una loro effettiva soluzione…..anzi.