Questa mattina mi sono recata al Carro della Memoria, non l’avevo ancora fatto: ero curiosa
di vedere la realizzazione di quei famosi lavori effettuati con il finanziamento della Regione Piemonte, in questo caso la riverniciatura del carro ferroviario, operazione così specialistica da richiedere almeno due lavoratori con competenze specifiche.
Ci si può solo avvicinare: la zona è tutta cintata da una rete e chiusa da un cancello col
lucchetto. Manca solo il filo spinato!...Una targa su cui sono stati cancellati gli orari, avverte che vi si potrà accedere solo il 3° sabato di ogni mese, su prenotazione (o su appuntamento); per tale circostanza ricordo di aver letto da un comunicato dell’Uff. stampa del Comune che “sarà garantita la manutenzione e la sorveglianza dell’area grazie ad una convenzione tra il Comune e il Gruppo Giovanile della Comunità S. Paolo, coordinato da don Giampiero Armano, mentre per la pulizia e il decoro del Carro e dell’area nel Giorno della Memoria garantisce il Gruppo Rilanciamo Alessandria”. Sono garanzie facili da soddisfare, se valgono per un solo giorno e se l’area è inaccessibile! Si era scritto qualche giorno fa, a proposito della Sinagoga, di “mummificazione” dei monumenti, e questo ne è davvero l’esempio più calzante.
Giro intorno all’area e …strabuzzo gli occhi, inforco gli occhiali per essere sicura di non
sognare: sul vagone una grande foto riporta l’immagine di Giovanni Palatucci. Ma i rappresentanti delle istituzioni sono aggiornati su chi era costui? Chiunque si può informare
ai molteplici link che indico, oltre che su Wikipedia; si sappia almeno che in seguito ad una ricerca sulla figura di Palatucci effettuata nel 2013 dal Centro Primo Levi, il “giusto” commissario è poi stato rimosso dal Museo dell’Olocausto di Washington e dallo Yad Vashem
di Gerusalemme in quanto “zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume, nel suo incarico di responsabile dell’applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all’aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l’indipendenza di Fiume”.
http://www.panorama.it/news/esteri/primo-levi-olocausto-giovanni-palatucci/
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Palatucci
Proseguo, alla ricerca del braciere della memoria che sarebbe stato acceso l’altro giorno. Si tratta di una torre altissima, ovviamente spenta: sarebbe più appropriato chiamarlo braciere della dimenticanza. Che idea stonata e ridondante quella del braciere, se poi rimane spento!
Acceso per un solo giorno, come il lumino al cimitero per il solo giorno dei morti, che per un anno fa sentire bene chi l’ha acceso. A Roma il braciere all‘Altare della Patria non è mai spento ed è sorvegliato a turno dalla Guardia d’Onore delle Forze Armate in tutte le sue declinazioni: l’esercito, l’aviazione, la marina, la finanza, i carabinieri.
E con ciò la visita è conclusa. Rimango a meditare sul senso della ridondanza, del cerimoniale retorico e pomposo, sulla presa di coscienza che invece quasi si ribella, che pretenderebbe meno disinvoltura, meno esteriorità, meno fumo: non c’è bisogno di grandi parate. Anche la frase “perché non accada mai più” è fumosa, è vuota, è retorica, in una parola: è noia.
Oggi l’Europa è di nuovo attraversata da movimenti di xenofobia, intolleranza, razzismo, antisemitismo e non è certo con gli slogan ripetuti ogni anno che si costruisce una coscienza civile, una memoria condivisa. Ovviamente non ho soluzioni da proporre, esprimo solo un parere personale dopo aver osservato, ascoltato, letto.
Enrica Bocchio – Alessandria