L’escalation dei fallimenti [Controvento]

Fallimentodi Ettore Grassano

 

23, 54, 68, 82, 95, 99, 122, 142.

No, non stiamo dando i numeri del Lotto, in attesa della Lotteria della Befana. Quelli che leggete sono, in successione dal 2007 al 2014, i numeri dei fallimenti di imprese in provincia di Alessandria.

Una progressione che impressiona, e che meglio di tanti discorsi rende l’idea dello stato di salute dell’economia di casa nostra. Se si va a ‘sfrugugliare’ gli elenchi delle imprese nel dettaglio si trova un po’ di tutto, con una significativa predominanza della filiera edile, che non per niente nello stesso periodo ha sostanzialmente dimezzato il numero degli addetti. Ma in realtà nessun comparto produttivo o del settore dei servizi è estraneo alla dèbacle che stiamo vivendo, e va naturalmente tenuto conto che, a questi dati, vanno sommate le attività (dai negozi agli artigiani, alle piccole fabbriche) che hanno evitato il fallimento, chiudendo però ugualmente i battenti.

Del resto, la chiusura della stessa Confapi Alessandria, da sempre presentata come ‘la casa’ delle piccole e medie imprese del territorio, è davvero emblematica, e probabilmente anche poco raccontata e analizzata. E se è vero che nello stesso periodo imprese ne sono anche nate, va purtroppo tenuto presente che la ‘mortalità infantile’ delle nuove attività raggiunge ormai vette altissime.

A fronte di un trend di 8 anni di questo tipo, fa sorridere (o magari arrabbiare, diteci voi) che il premier Renzi esorti all’ottimismo, e si lanci in ‘previste previsioni’ di ripresa del Pil. E’ ovvio che prima o poi un ‘rimbalzino’ in avanti ci sarà, magari sull’onda della ripresa americana, e sempre che da noi non prevalga la deriva della Grecia, a noi assai più vicina, culturalmente e per dinamiche economiche, dei lontanissimi States.

E allora non è che non si debba mettere in campo ottimismo e determinazione, ci mancherebbe altro: ma il tutto deve essere accompagnato da un’analisi consapevole, o ci si fa solo del male.

Per cui appunto qualcuno spieghi a Renzi che nessun ‘rimbalzino’ potrà ricostruire ex novo un tessuto produttivo, una volta che lo stesso è stato smantellato, come sta avvenendo a casa nostra, e purtroppo non solo qui. Prendere coscienza della situazione reale, superando slogan e iprocrisia di facciata, è il primo, indispensabile passo per cercare di costruire davvero un Paese nuovo, anzichè far finta che quello vecchio sia solo un po’ acciaccato, mentre la realtà è tragicamente diversa.