“Certo che siamo preoccupati: come potremmo non esserlo? E lo siamo soprattutto pensando alla necessità di continuare a garantire agli alessandrini il diritto alla tutela della salute: perché è questa la finalità del nostro Ordine, non la difesa corporativa dei medici, che spetta ai sindacati”. Il dottor Mauro Cappelletti ad Alessandria è figura che non ha bisogno di presentazioni: apprezzato “medico di famiglia”, è anche da diversi anni il Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia, rieletto recentemente per il suo terzo mandato (“non esistono limiti, per statuto: ma per ora penso a dedicarmi ai prossimi 3 anni, delicatissimi. E’ un ruolo impegnativo, e anche una certa rotazione è importante”), in un momento in cui sulla sanità pubblica soffiano venti di tempesta, e costanti rischi di ‘tagli’, anche se spesso si preferisce utilizzare l’eufemismo ‘riorganizzazione’. Ma cosa fa concretamente, e che contributo può apportare in questa fase, l’Ordine dei Medici? E cosa dobbiamo aspettarci noi cittadini/pazienti del sistema sanitario nazionale?
Dottor Cappelletti, sulla sanità italiana ‘tira’ un’aria pesante, inutile girarci attorno. Che 2015 ci aspetta?
(sospira, e ci guarda serio prima di parlare, ndr) Tutti conosciamo la situazione di crisi economica in cui si trova non solo l’Italia, ma tutta l’Unione Europea: tanto che sono numerosi i Paesi ad aver rivisto verso il basso le risorse da stanziare alle politiche per la salute. Da noi poi ci sono indubbiamente complicazioni aggiuntive, su diversi fronti. Mi aspetto quindi, inutile negarlo, un 2015 molto complicato. Anche se, va detto, sono ormai diversi anni, dal 2009 in particolare, che la spesa sanitaria si contrae in maniera significativa, dopo un decennio di complessiva crescita. Nel 2013 siamo passati al 9,2% del Pil, contro il 9,4% del 2009.
Contrai oggi, contrai domani, arriveremo alla sanità pubblica a pagamento, e ad uno scenario greco, dove il sistema sanitario pubblico di fatto non offre più copertura universale?
Spero davvero di no, anche se una razionalizzazione delle risorse, e conseguentemente delle prestazioni, è da mettere in conto. Il nostro compito, come Ordine a livello nazionale, non è naturalmente di tipo economico, ma è invece quello di tenere alta l’asticella della qualità di tutela sanitaria: oltre naturalmente ad occuparci di molti altri aspetti, che vanno dalla deontologia alla formazione, fino alle questioni legate ad un sistema di tutele assicurative per i medici. Ma è chiaro che oggi la questione essenziale sul tappeto è quella delle risorse, e della riorganizzazione: In Grecia, che lei cita, non hanno tolto la mutua, diciamo così: ma la mutualità è stata limitata dai costi troppo elevati dei ticket. E anche in Francia, per fare un altro esempio, hanno inserito il ticket sui ricoveri.
Focalizziamoci su casa nostra, ossia la sanità piemontese, e quindi alessandrina: è in corso una razionalizzazione che sta facendo molto discutere, con ‘alzate di scudi’ da parte dei territori, e minacce di iniziative clamorose: da ricorsi al Tar a richieste di annessione ad altre Regioni. Cosa succederà?
Credo che una riorganizzazione del sistema, e dei presidi territoriali, sia questione ormai ineludibile. Per le questioni legate alle risorse sempre più scarse, ma anche per un aspetto di qualità, che forse non sempre viene percepito. Ossia un ospedale, per poter davvero fornire prestazioni sanitarie di eccellenza, deve essere dotato, sia dal punto di vista delle professionalità che dei macchinari e delle tecnologie, di quanto di meglio il mercato oggi offre. E mi sembra difficile che tutto questo sia compatibile con la presenza di veri ospedali in tante piccole cittadine, a meno di non pensare di espandere la spesa sanitaria in maniera esponenziale. Questo, vorrei essere chiaro, non significa essere favorevole a ridurre la qualità di offerta sanitaria per i cittadini pazienti. Ma è evidente che occorre ripensare il modello organizzativo, e anche logistico. Che è quel che sta succedendo.
Il Consiglio dell’Ordine ha prodotto un documento che abbiamo diffuso in questi giorni e nel quale esponiamo le nostre considerazioni in proposito.
Ogni volta che incontriamo, anche per lavoro, medici e paramedici, un elemento emerge in maniera costante: orari pesanti, week end in reparto, ferie ‘saltate’. Un’emergenza che sta diventando situazione strutturale…
Purtroppo è uno degli effetti della costante riduzione di personale, medico e paramedico, nelle strutture sanitarie pubbliche: con il blocco del turn over, chi se ne va, in pensione o altrove, non viene sostituito, e si chiedono a chi resta sacrifici sempre più grandi. Chi lavora in sanità è in genere animato da una passione che lo spinge a non tirarsi mai indietro, ma è una situazione alla lunga insostenibile, e come Ordine lo segnaliamo costantemente. Anche perché parliamo di un lavoro che necessita della massima concentrazione, e di adeguata ‘freschezza’, fisica e mentale.
Anche perché, Presidente Cappelletti, rispetto a qualche decennio fa, quando per gli italiani il medico aveva sempre ragione, oggi siamo all’opposto, e il rischio di procedimenti giudiziari è costantemente in crescita…
Quello della responsabilità del medico, e quindi della necessità di adeguate coperture di tipo assicurativo, è infatti un altro dei nostri campi di attività ed intervento. Il fenomeno ha ormai assunto dimensioni tali da necessitare la massima attenzione: oltretutto si ‘lega’ all’altro aspetto, che è la necessità di muoversi, anche in fase di diagnostica ed esami, in un contesto di risorse scarse, e di necessità di razionalizzazione. Insomma, il medico spesso sta tra l’incudine e il martello: ed se è giusto che metta sempre al primo posto la tutela della salute del paziente, naturalmente deve ancora poter operare nelle giuste condizioni di serenità e salvaguardia personale.
Parliamo di formazione professionale: per un medico è essenziale, e deve essere davvero continua, dagli anni giovanili fino alla pensione, o anche oltre se continua ad esercitare: l’Ordine che ruolo svolge?
Un ruolo centrale e fondamentale nella messa a punto e proposta ai medici dell’offerta formativa, e ovviamente anche nella gestione aggiornata dei crediti formativi. E vorrei aggiungere che molti medici, soprattutto i più giovani e con contratti precari, o comunque i liberi professionisti, si pagano la formazione professionale di tasca loro: per cui anche qui, quando si dice che un medico guadagna molto, bisogna analizzare la situazione nel suo complesso, e caso per caso.
Ma ad un giovane appassionato di medicina oggi che consiglio darebbe: è una professione che vale ancora la pena intraprendere?
E’ una professione bellissima, e lo spazio per esercitarla in maniera qualificata c’è ancora. Certo, le difficoltà sono quelle che anche molti altri settori conoscono: ma o un Paese si rende conto che i medici hanno anche una funzione sociale, e sono un valore per tutta la comunità, oppure non ha futuro. E se sono un valore, tuteliamoli il giusto.
Dottor Cappelletti, un’ultima annotazione, da semplici fruitori del servizio sanitario nazionale. Ogni volta che ci capita di effettuare, per noi o per qualche famigliare, un prelievo del sangue di prima mattina al poliambulatorio dietro l’ospedale di Alessandria, ci imbattiamo in code interminabili, di centinaia e centinaia di persone. Sono davvero tutti prelievi indispensabili?
(ci riguarda serio, ndr) Le posso rispondere solo con un dato oggettivo: circa l’80% di quei prelievi è effettuato da persone con esenzione totale o per patologia, e solo il 20% da chi paga un ticket. Nei prossimi mesi credo saranno introdotte misure per il contenimento degli esami diagnostici riservandoli ai casi appropriati onde evitare sprechi o ripetizioni.
Ettore Grassano