Dalla sanità alle Province, quel che sta succedendo è l’epilogo (vedremo quanto evitabile, e con quali costi, e sulle spalle di chi: non è vero, non è mai stato vero che siamo tutti sulla stessa barca) di una malagestione della cosa pubblica che dura da diversi decenni, con la complicità di chiunque si è spartito qualcosa, fossero anche solo le briciole di un posticino di finto lavoro da mille euro, ammortizzatore sociale non dichiarato come tale. Quindi la lagna del popolo operoso vittima dei suoi governanti ladri almeno qui risparmiamocela, dai. Governanti e governati sono una faccia, una razza. Questa è la verità.
“Rassegniamoci, non siamo tedeschi. Quelli in vent’anni hanno rimesso in piedi la Germania Est: da noi ogni terremoto o alluvione è solo un business su cui speculare”, mi ha detto l’altro giorno un amico e collega che vive in un’altra provincia del nord, con cui amiamo di tanto in tanto scambiarci considerazioni e valutazioni. Dalle quali emerge, se può essere di consolazione, che Alessandria non è messa tanto diversamente da altri territori.
Però mettersi a fare l’esegesi di perchè l’Italia sta affondando richiederebbe altri spazi, tempi e competenze. Quindi limitiamoci a cercare di capire cosa sta succedendo ora, e quali potranno essere le conseguenze.
La Sanità è una splendida cartina di tornasole del percorso di questo Paese: basta chiedere ai 70-80 enni di oggi (se non si ha voglia di andarsi a spulciare la storia del settore: che pure ha elementi di notevole interesse) per scoprire che un tempo le prestazioni sanitarie ed ospedaliere si pagavano. Punto. E c’era chi poteva pagarsele e chi no. Punto.
Presto sarà di nuovo così? Secondo alcuni osservatori (anche autorevoli, e del comparto) probabilmente sì, sia pure con diversi gradi, livelli, sfumature. Del resto, se si pensa che solo dieci anni fa venivamo bombardati da campagne informative pubbliche che spingevano gli italiani alla prevenzione (sostenenendo anche: alla lunga prevenire costa meno che curare, a livello di sistema), e che oggi al contrario i medici di famiglia vivono nel terrore di scrivere mezzo esame di più, perchè vengono ‘monitorati’ costantemente dalle varie Asl in termini di costi, e richiamati all’ordine, si capisce quanta strada ‘del gambero’ sia stata fatta.
Oggi il dibattito è tutto concentrato sulla ‘guerra tra poveri’ nei territori (con l’inevitabile codazzo di polemiche politiche), ma forse sarebbe il caso di alzare la testa, scrutare l’orizzonte, e porsi la domanda fondamentale.
Ossia: se è vero che in sanità finisce circa ‘80% dei bilanci delle regioni (8 miliardi di euro all’anno in Piemonte, per stare a casa nostra: già coi tagli previsti, perchè prima erano di più), siamo certi che queste risorse siano utilizzate in maniera ottimale? E siamo certi che la soluzione sia tagliare prestazioni e servizi?
Parliamo, è chiaro, di un universo dove dentro c’è di tutto: dall’ottima sanità agli sprechi, alle ruberie.
L’altro giorno ho visto un film interessante ed inquietante, che consiglio a tutti: Il venditore di medicine. Certo, è una fiction: ma non un fantasy, probabilmente. Ossia può aiutare a meglio riflettere e comprendere cosa c’è dietro la sanità pubblica e privata (che poi in Italia vive di risorse pubbliche), in termini di business milionari, illeciti, inciuci, connivenze professionali e politiche. Quindi d’accordo a razionalizzare presidi ospedalieri e prestazioni, e a disincentivare quella parte di popolazione che è costantemente in ambulatorio e ospedale, ma se dovesse tirar fuori anche solo 10 euro se ne starebbe a casa.
Però non sarebbe male anche scoperchiare certi pentoloni, e vedere cosa ci è sempre bollito dentro. Opzione piuttosto inattuale, lo so. Perchè a prevalere sembra decisamente la logica di ‘tosare il gregge’, mettendo le pecore le une contro le altre.