Citiamo Erica Jong che a sua volta cita la famosa antropologa Margaret Murray: «Gli uomini della preistoria adoravano divinità molto diverse da quelle di oggi. Una era la Dea Madre che rappresentava la creazione, la nascita, la raccolta del cibo, l’abbondanza di messi e i mesi dell’estate. L’altra era il Dio Cornuto, con corna ramificate e piede fesso, che rappresentava la caccia, l’uccisione della preda e i mesi d’inverno. Il sole, assente o presente, segnava la divisione del culto tra le due divinità, antichissime e durevoli. Quando in tutta Europa il cristianesimo divenne religione costituita, non fu possibile sradicarne il culto perché i contadini continuavano ad adorarle anche molto tempo l’avvento dei cristiani. Finché questi ultimi ebbero interesse a tollerare il paganesimo (in effetti non avevano scelta perché i pagani li superavano numericamente), dee e dei vennero ammessi nel pantheon cristiano come santi e le festività pagane furono mantenute e trasformate in ricorrenze cristiane. Per esempio, il 25 dicembre, quattro giorni dopo il solstizio d’inverno (che nel calendario stregonesco corrisponde alla mitica Yule, ovvero la festa dei “fuochi del bisogno”), venne scelto come giorno natale di Cristo proprio per attirare gli adoratori del sole nell’orbita del cristianesimo, dato che era quella in origine la data della loro festività ed è sempre più facile cambiare il nome e il presunto simbolismo di una festività che non inventarne una del tutto nuova in una nuova data. Ma quando i cristiani furono finalmente forti, quando divennero dominatori sia spirituali che temporali, cominciarono la persecuzione sistematica dei pagani per sradicarne la religione. Così questi ultimi dovettero entrare in clandestinità. I loro dei furono definiti “demoni” dai cristiani. Il Dio Cornuto si trasformò nel Diavolo e per i tanti gruppi sparsi in vari luoghi si produsse la catastrofica paranoia della stregoneria”.
Questa, in estrema sintesi, la tesi classica della Murray sostenuta nel celebre saggio del 1921 Le streghe nell’Europa occidentale, una lettura che, ribadendo come il dio della vecchia religione diventa di solito il demone della nuova, ben chiarisce l’ombra demoniaca che soggiace ancora oggi in traccia vistosissima nelle pieghe delle celebrazioni del 25 dicembre. Un’ombra che segna il confine tra paganesimo e festa quasi “imposta” dal sistema, tra culto dei morti e dei demoni e messe di mezzanotte (nonché di facciata), insomma un’ombra che ci ricorda che il Natale ha un suo lato quanto mai oscuro. Una dimensione molto particolare che uno stupendo libro di Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, Tenebroso Natale – Il lato oscuro della Grande Festa (Laterza, 2012) mette ben in luce con dovizia di argomentazioni.
Vi scoprirete infatti, restando unicamente in territorio italiano, un vastissimo repertorio di tradizioni e di superstizioni che dimostrano come le tradizioni relative ai giorni di festa, il periodo che va dal 24 dicembre alla festa dell’Epifania, siano portatrici di una, appunto, tenebrosa e arcaica complessità in grado di smentire l’artefatta immagine di allegria e di dolcezza organizzata quasi scientificamente dal consumismo natalizio. Altro che Gesù bambino, stelle comete o Re Magi: nella sottostante tracciabilità pagana siamo alle prese con anime dei morti, streghe e altre inquietanti presenze soprannaturali. Esiste, a macchia di leopardo in tutta la penisola e in ambito rurale, più di un Natale alternativo dove le figure che “portano i doni” altro non sarebbero che defunti circolanti nella dimensione terrena.
Un dato è certo: il passaggio di consegne tra il mondo pagano e il cristianesimo è stato imperfetto. Per fortuna, ci verrebbe da dire. E l’imperfezione di cui sopra si riverbera persino nell’intima percezione del nostro inconscio personale e collettivo, che sotto Natale si carica di una strana e indecifrabile inquietudine. Come attestano Baldini e Bellosi, in molte zone d’Italia chi nasce nella notte di Natale si crede destinato a diventare strega o lupo mannaro; e la Befana e coloro che questuano in suo nome rappresentano in realtà altro non sono che morti viventi; e i fuochi e le luminarie della festa sono nati come rito per invocare la luce e cacciare spiriti e demoni. Insomma Black Christmas Forever a tutti! E, se volete santificare la festa in immagini, sparatevi un bell’horror film con qualche Babbo Natale particolarmente cattivo e spaventoso. Ce ne stanno un sacco, a ricordarci che il grasso, barbuto e canuto Santa Claus è da tempo sinonimo di terrore, sangue e paura. Senza perderci nelle tante diatribe storico-antropologiche sulla sua origine, ci limitiamo a ricordare che tutte le versioni di Santa Claus derivano dallo stesso personaggio storico, il vescovo (poi divenuto santo) San Nicola di cui si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli in precedenza rapiti e uccisi da un oste e che per questo era considerato il protettore dei bimbi. Tradizionalmente considerato un cacciatore di demoni, a furia di adattamenti sincretici, Santa Claus è divenuto in tempi più recenti un demone lui stesso per uniformarsi ai tanti folklori locali. Quello che invece pochi bambini sanno è che se si trovassero la mattina di Natale accanto all’albero il vero Babbo Natale, quello da cui nasce la leggenda, invece di fare i salti gioia fuggirebbero a gambe levate. Il gigante infatti nasconde un terribile segreto, il cui unico indizio forse si cela dietro un pallido ricordo iconografico: la sua lunga barba. Il Babbo Natale delle origini in realtà non è altro che un demone maligno dall’aspetto caprino le cui radici si nascondono in Lapponia. E’ qui infatti che la leggenda dell’uomo buono e generoso, dispensatore di regali e viaggiante sulla slitta di renne volanti, ebbe inizio. Nella lingua locale Babbo Natale si chiama Joulupukki, ossia Caprone di Natale. Secondo la storia, in una remota terra della Finlandia chiamata Korvatunturi, viveva un demone maligno con le sembianze di una capra, che una volta l’anno a dicembre, proprio la notte della vigilia di Natale, pretendeva che i bambini gli facessero dei regali. La spaventosa creatura bussava di casa in casa chiedendo: “C’è qualche bel bambino qui?”. Se non riceveva un dono, il demone li rapiva e… li mangiava. Un autentico Orco del nord.