La commedia musicale di Garinei e Giovannini “Aggiungi un posto a tavola” ha un protagonista, don Silvestro.
Si tratta di un semplice prete di campagna benvoluto dai suoi fedeli il quale viene prescelto dal Signore: dovrà costruire un’arca per l’avvento di un secondo diluvio universale.
Mai come in queste ultime settimane il tema del diluvio ci riguarda da vicino.
Mi affaccio alla finestra e vedo strade declassate a torrenti, tombini trasformati in fontane, ombrelli come inutili ammennicoli di carta straccia.
I sindaci presi dal panico, per lavare le coscienze di loro stessi e dei loro predecessori, chiudono le scuole come fossero luoghi di perdizione anziché di salvaguardia del corpo e dello spirito.
“Gli uomini sono corrotti, percorrono le vie del peccato tralasciando la retta strada. È necessario un nuovo diluvio che purghi la terra e rinnovi il genere umano”.
Mi tocca fare una scelta.
Cosa salvo? E soprattutto cosa sacrifico?
Faccio mente locale, mi siedo di fronte al pc e nomino un nuovo file: dasalvare.doc
Comincio la compilazione.
Al punto zero (troppo scontato e di scarso interesse per chi legge) la mia famiglia.
Non potrei fare senza.
Dopodichè:
# il fornaio sotto casa
Fa un pane commestibile, anche dopo tre giorni, utilizza materie prime di qualità e conosce a memoria tutte le barzellette di Gino Bramieri.
# il vecchio libraio
Da lui ho imparato a curiosare tra i libri, in una libreria che da anni non c’è più.
Io giravo tra gli scaffali e per ogni mia domanda lui aveva una risposta che accendeva una mia nuova domanda.
# la partitura delle quattro suites per liuto di Bach e la mia Ramirez
Proprio da quelli che sono gli apici della tecnica e della composizione è possibile costruire le fondamenta per ricominciare.
E la Ramirez è lo strumento per eccellenza, per eleganza, fattura e qualità timbrica.
# la mia allieva Giulia
Giulia ha otto anni, comprende la musica come l’avesse già dentro e suona la chitarra con la grazia di un volo di rondine e l’agilità di un balzo felino.
E sorride.
# la foto di mia madre
Salvo e chiudo un file da un migliaio di bytes.
Apro quindi un nuovo documento: dasacrificare.doc
Per pensare più a fondo mi riaffaccio alla finestra.
Sta lentamente spiovendo, le strade tornano alla normalità, i tombini non vomitano più e gli ombrelli agganciano elegantemente gli avambracci dei passanti.
I sindaci contano morti e danni, entrambi mai più risarciti; quindi promulgano messaggi di soddisfazione e di elogio a chi (non loro) si sono rimboccati le maniche lavorando per fronteggiare emergenze e difficoltà.
Torno alla scrivania, la mano sul mouse per cliccare sull’ultimo file appena aperto.
Premo il tasto destro e lo trascino nel cestino.
Ci penserò domani.
Dopotutto domani è un altro giorno.
E la mia arca – almeno per ora – può aspettare.