Sull’altra sponda del Mediterraneo (4)
La logica dei Rentier States è semplice: offrire ai cittadini uno stile di vita dignitoso ma in cambio nessuna forma di società civile organizzata deve chiedere libertà politiche e civili. In pratica, un baratto tra la sicurezza economica e la propria libertà. Come? Attingendo al surplus derivante dalle risorse naturali di cui questi stati dispongono. Un esempio su tutti è quello dell’Arabia Saudita e, più in generale, di tutti i paesi del Golfo. Le ingenti somme di denaro che affluiscano nelle casse del Regno vengono impiegate per garantire uno stile di vita benestante per tutta la popolazione saudita. Però, nessun cittadino deve chiedere maggiori diritti politici e liberali, come a sostenere che benessere e libertà siano inversamente proporzionali, il contrario del pensiero politico e filosofico occidentale.
Che cosa c’entra il Marocco con tutto questo? C’entra che è un paese a metà strada tra il classico Rentier State e il modello occidentale, un fiore nel deserto islamico, una stanza in cui luci ed ombre si accavallano.
Innanzitutto il Marocco non ha il petrolio. È primo produttore mondiale di fosfato, e ha ingenti riserve di cobalto, piombo, zinco e argento, ma non il petrolio, che è quella risorsa che rende uno stato Rentier, che può garantire allo stato di provvedere al benessere economico di tutti i suoi cittadini. Nonostante ciò, tende a esserlo. Nel progetto di Muhammad VI c’è quello di arrivare a provvedere al fabbisogno di tutti i marocchini, obiettivo da cui è ancora molto lontano, anche se, come ho accennato in passato, il Marocco è ascritto tra i Paesi in via di sviluppo il cui ceto medio è tutto da costruire.
Il problema che, dunque, si pone, è quello delle libertà civili e politiche. Se il Marocco non è un Rentier State, qual è lo stato dell’arte delle libertà civili e politiche? Più propriamente, c’è libertà di parola e di stampa?
Se fossimo ancora nell’era di Hassan II la risposta sarebbe semplice: no. Però Muhammad VI, fin dal suo insediamento al trono nel 1999, si è dimostrato politico abile e notevole riformatore, rendendo il Marocco un paese sicuro e tendenzialmente libero, considerati gli esempi dei paesi limitrofi.
In Marocco, come sancisce anche la Costituzione del 2011, costruita ad hoc per tenare lontano il paese da tentazioni rivoluzionarie, la libertà di parola esiste. Tuttavia, su tre cose non è ammissibile sindacare: Dio, il Popolo, il Re. Questa scritta, che in arabo suona allah, wa al-watan wa al-malik, campeggia maestosamente su molti versanti montuosi di tutto il paese.
Detto ciò, considerando che il Re, in pratica, è il governo, allora attaccare, criticare e screditate il governo è come attaccare il Re, il che non è ammissibile. Per fare ciò si usano vari stratagemmi, come criticare il capo di governo, figura istituita dalla recente Costituzione, ma la linea politica è sempre comunque dettata dal Re, che è ben più di un semplice garante. Questa almeno è l’opinione più diffusa tra la maggioranza dei marocchini.
Considerando poi che, secondo l’annuale statistica di Reporters Sans Frontiers sulla libertà di stampa, il Marocco è tra gli ultimi posti, possiamo capire come possa essere difficile per un giornalista svolgere il suo lavoro in modo serio, onesto e indipendente. De facto, i maggiori organi di stampa sono strettamente controllati e monitorati dall’esecutivo.
Il punto di domanda, in ogni caso, resta: il dibattito politico occidentale è nato e si è formato sotto l’egida del dualismo, spesso violento, dalla contrapposizione tra una maggioranza e le sue opposizioni, tra critiche e veleni che, che se ne dica, sono riusciti a formare una società con un benessere mai conosciuto nella storia umana. I governi stessi sono stati garanti delle critiche e delle opposizioni e mai la sicurezza economica è stata baratta con la cessione dei diritti dal secondo dopo guerra in avanti. Il Marocco, che non è un Rentier State, che ha una società dinamica, che per certi versi bolle come l’acqua tenuta con forza sotto un coperchio, potrà garantire benessere economico senza subire la rivendicazione di diritti politici e liberali? O forse verrà risucchiata dal modello occidentale? Le istanze liberali emergeranno con tutta la loro carica propulsiva?
Sartre sosteneva che le rivoluzioni avvengono perché nessuna società, soggetta al cambiamento cui la storia impone, può essere tenuta in uno stato di perpetua conservazione. Però, osservava, ogni rivoluzione è continua reazione e conservazione. Il Re è sempre stato abile nel fare del Marocco un’eccezione nel Nord-Africa, evitando rivolte e rivoluzioni. Tuttavia, i propositi liberali non potranno essere tenuti ancora a lungo sedati. E a quel punto una decisione andrà presa. Il Marocco cambierà, in un modo o nell’altro.