Leopolda versus Piazza San Giovanni? [Controvento]

Renzi Camussodi Ettore Grassano

 

Voi con chi state: Piazza San Giovanni, Leopolda o altrove? Sia chiaro, tutte le posizioni hanno diritto di espressione, e ben venga il confronto, aspro come deve essere in un momento storico tanto delicato, e che necessita di scelte importanti, e ‘di sistema’.

Solo, per favore, non veniteci a parlare di due sinistre. Primo, perchè in Italia più della metà degli elettori di sinistra non è, e ha diritto di avere voce e rappresentanza, e se possibile al di fuori del Partito Nazione, rivoluzionario istituzionale.

Secondo, e più importante, perchè ieri abbiamo visto una (finalmente bella forte e vitale) piazza di sinistra, che è quella radunata dalla Cgil/Fiom in San Giovanni a Roma.

E un’altra piazza, in finto formato garage, assolutamente neoliberista e filo imprenditoriale (padronale, ha detto la Camusso: e ci sta) incarnata da Matteo Renzi e dai suoi baldi giovanotti e giovanotte della Lepopolda, nonché dai tanti imprenditori al seguito e sostegno.

Ripetiamolo: due posizioni legittime, senza dimenticare che non sono esaustive del sentire del Paese, dove hanno voce e devono avere rappresentanza anche opzioni legittime e importanti (per quanto si faccia di tutto per delegittimarle) come quelle del Movimento 5 Stelle, e della Lega Nord, per citarne due rilevanti.

Il punto però, per stare a quel che si è visto ieri, è che incarnano proprio, Camusso e Renzi, Cgil Piazza san giovanni due mondi diverse, due ontologie, due visioni della società. E non è questione di vecchio e nuovo, o di semplice anagrafe, ma di strade diverse e alternative: questo Paese deve scegliere quale imboccare, e nell’un caso e nell’altro capire che ci saranno chiare conseguenze da sopportare.

Renzi ha dalla sua uno schieramento mediatico senza precedenti (assai più forte di quello che ci faceva gridare all’allarme democratico con il Berlusca, per intenderci), e la legittima convinzione che economia e lavoro significhino essenzialmente imprenditoria. Il lavoro salariato, dipende o para dipendente, è per lui una variabile secondaria del sistema, che cresce e si ‘sgonfia’, a fisarmonica, in base alle esigenze non del mercato (che è un’astrazione), ma delle imprese e degli imprenditori che decidono se quando investire, dove e come, a quali condizioni ecc ecc… Naturalmente gli imprenditori che sostengono Renzi sono in realtà tutti in fila per avere tramite il loro portavoce politico sostegni e incentivi pubblici, dall’Europa in giù, ma questo fa parte delle modalità italiane di fare impresa. Fiat ha fatto scuola, per tutto il Novecento: che altro potremmo aspettarci ora?

Quel che oggi c’è di assolutamente nuovo però è la pretesa di un unico partito, il Pd, di stare in garage e in piazza, per così dire. O meglio, di continuare a ‘vendersi’ come partito di sinistra, avendo invece con Renzi scelto (legittimamente, diciamolo per l’ennesima volta) di essere altro, nei fatti. L’equivoco funzionerà ancora un po’ probabilmente, per tanti ragioni. In primis il fatto che siamo un popolo poco informato, e che si accontenta di slogan e di sentito dire (su tutti i fronti, naturalmente). Epperò i nodi stanno venendo al pettine, man mano che si va incidere sulla carne viva delle persone. E in questo processo siamo solo agli inizi, questo è certo ed evidente.

Per cui sarà interessante, già nei prossimi mesi, capire se e come al messaggio (chiaro, semplice ed efficace, ma anche assolutamente liberale e liberista) di Renzi si riuscirà a contrapporre un diverso modello di società, che faccia naturalmente i conti con la realtà economica del Paese, coniugando diritti e conquiste della cittadinanza (e mica solo quella di sinistra) e disastrati conti pubblici. Che sono poi quelli che determinano la morte per l’asfissia di tutto ciò che pubblico non è, e oggi viene sostanzialmente ucciso giorno dopo giorno da tasse, burocrazia, insolvenza dello Stato nelle sue varie articolazioni.

Ci piace pensare, comunque e nonostante tutto, che data l’enormità della posta in gioco queste siano scelte che devono poter fare tutti gli italiani, in maniera chiara e attraverso una consultazione elettorale non ‘truffaldina’. Perché non ci pare che, quasi due anni fa, il Pd, all’epoca a guida Bersani, si sia presentato agli elettori con i progetti ora ‘essenza’ del governo Renzi. O no? Insomma, un premier che pretende di rivoluzionare un Paese dalla testa ai piedi senza mai essere stato votato, forte solo di slogan, sondaggi e sostegno di un po’ di amici influenti sarà pure un gran ganzo (come dice Renzi: “nel 2011 mi sono reso conto che l’Italia era scalabile”; et voilà, detto fatto), ma la democrazia è un’altra roba.

Eppure c’è chi è pronto a scommettere che non si voterà fino al 2018, e Renzi stesso dichiara che farà il premier, bontà sua, solo fino al 2023: ma avanti di questo passo, non osiamo pensare in quali condizioni ci arriveremo, a quelle due date sul calendario. Voi che ne pensate?