Le strade di Pechino mi portano a scoprire ogni giorno nuovi luoghi da esplorare. Cammino per ore, attraversando le arterie stradali che si accostano l’una all’altra. Qui i miei pensieri navigano, volano nell’etere di questo Paese che non si arresta innanzi a nulla. Così mentre passeggio, mi ritrovo in un vicolo stretto e per di più sporco. La daily life si presenta nella sua più autentica realtà svelandosi alla mia mente che ritorna sui suoi passi.
Mi fermo, mi guardo attorno e mi rendo conto che sono in un Hutòng (Huto deriva dalla dinastia mongola Yuan del 13◦ sec. e significa pozzo). La vita sembra essersi fermata. Qui si trovano le toilette comuni, le partite a majong (dama cinese) e le case ad un piano con cortile al centro (Sìhéyuàn). Continuo a camminare rimanendo estraneo al traffico contagioso della lussureggiante e sfarzosa città che ingloba questo mondo.
Sì, perché gli Hutong sono canali linfatici che attraversano in lungo e in largo Pechino e non si può conoscere la capitale cinese se non attraversando questi vicoli dall’antica vita remota.
Così mi fermo per qualche ora, pellegrinando ora qui, ora li, vedendo cinesi in pigiama e pantofole, o mentre acquistano pani, dolci e verdure nei piccoli baracchini che danno su una viuzza.
“It’s no time to make a change” cantava Cat Stevens, e forse è meglio che gli Hutong, cultura storica, rimangano patrimonio inviolabile.