Milano riabbraccia Segantini, il grande interprete della Natura [Very Art]

Segantini mezzogiorno sulle Alpi home pagedi Cristina Antoni

 

E’ con la più completa rassegna mai realizzata, comprensiva di ben 120 opere tra cui capolavori mai esposti in precedenza, che Milano omaggia il grande pittore del naturalismo simbolista, Giovanni Segantini, riconoscendogli quel ruolo di cittadino milanese di adozione che mai ottenne formalmente in vita.

Natio di Arco, nel Trentino che nel 1855 era sotto il dominio dell’impero asburgico, giunse a Milano in età scolare, poverissimo, orfano di padre e madre, apolide. Visse anni difficili, trascorrendone alcuni anche in Riformatorio, ma quando scoprì la sua vocazione, lavorando in un laboratorio fotografico, non tardò a svelare il suo talento. Riusciì a frequentare tre anni di corsi a Brera e ben presto il critico, artista e mercante Vittore Grubicy si accorse di lui e del suo valore, introducendolo negli ambienti dell’alta borghesia milanese, che divenne da subito sua committente. Passando per la scuola lombardo veneta del Verismo e per la Scapigliatura, trovò la sua strada nel naturalismo, crescendo in fama e grandezza in maniera esponenziale dopo essersi avvicinato alla tecnica divisionista.

Nell’epoca della luce elettrica era necessario trasmettere colori puri, vibranti nella luce, questo il pensiero che avvicinò l’artista ad un nuovo modo di dipingere. Il pittore, disse lo stesso Segantini, deve infatti non mostrare con la sua arte la fatica poverile dell’uomo, bensì trasmettere un pensiero fuso nel colore, come i fiori, che sono fatti così, secondo l’arte divina.

La splendida mostra milanese, a Palazzo Reale, promossa dal Comune di Milano e curata da Skira (peccato solo per il personale addetto, per lo più scontroso e scortese) presenta otto sezioni suddivise nei diversi passaggi artistici, a partire dagli autoritratti per passare alle nature morte ed ai grandi paesaggi fino ad arrivare ai capolavori simbolisti. In tutto Segantini trascorre diciassette anni a Milano, ma la sua cifra stilistica non si identifica con l’ambiente urbano e la metropoli. La sua essenza è un canto rivolto alla natura, al paesaggio, dove uomini e animali, terra e cielo si fondono e la luce predomina su ogni cosa. Solo dal periodo della Brianza, luogo nel quale si stabilisce intorno al 1881, inizia la pittura dedicata alla vita agricola, al lavoro nei campi, alla fatica, al bestiame. Ed è qui che mostrò la sua grandezza, con opere come ‘Alla stanga’, con la quale vinse imSegantini ave maria a trasbordoportanti premi e che fu poi acquistata dalla Galleria d’arte moderna di Roma.

Nella prima vera opera divisionista, l’Ave Maria a trasbordo (1882), icona bellissima della Sacra famiglia su un’imbarcazione al largo del lago di Pusiano in Brianza, la luce è protagonista: le onde dell’acqua che si diffondono in cerchi paiono rimandare l’eco delle parole recitate dell’Angelus. Per quest’opera ricevette la medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Amsterdam.
Altro capolavoro simbolo della mostra è ‘Mezzogiorno sulle Alpi’ , dove la figura femminile, Barbara Huffer, tata dei suoi figli, spesso sua modella, rappresenta l’umanità immersa nella potenza della natura. Le sue forme generose incarnano la bellezza della montagna; il paesaggio prevale con suo incanto e forza su ogni cosa; il cielo è blu vivido, grazie ai trattini rosa e argento che l’artista inserisce con la tecnica divisionista, tanto da risultarne quasi inquietante e spietata la prevalenza su ogni altro elemento.

L’ultima parte della mostra raccoglie le opere appartenenti al periodo Simbolista, nel quale l’artista reinterpreta la natura, fornendole allegorie e significati nuovi e, appunto, simbolici. Attraverso essa si avvicina allo spirituale e al misticismo
Trasferitosi in Engadina, quasi come in un ritorno alle origini, Segantini trascorre l’ultimo periodo della sua breve vita alla ricerca del Divino, tra i paesaggi incantati della montagna. Ma emerge in questa fase, in modo prepotente, anche la figura della Madre, vera ossessione dell’artista. La maternità è l’eterna rinascita, unica vera portatrice di vita e continuità per l’uomo e per la natura.Segantini le due madri

Sono di questo periodo le famose tele intitolate ‘Le due madri’, una di grandi dimensioni, dove alla maternità della donna con il suo bambino è affiancata quella della mucca con il vitellino, pervasa di atmosfera fortemente malinconica, ed una più piccola dove una madre con il figlio in braccio percorre un sentiero, forse quello dell’esistenza e delle origini alle quali tornare. O come ne LSegantini l'angelo della vita’angelo della Vita, opera fortemente simbolista dove una Madonna con il Bambino in versione ‘profana’ siede sui rami di una betulla (albero tipico dell’ Engadina) a rappresentare la maternità, ancora una volta matrice della natura stessa, quella natura che rapisce con il suo incantamento l’artista che in mezzo ad essa muore, a soli quarantun anni, in una baita dello Schafberg, per una peritonite fulminante, lasciando al mondo opere di fascino e di profondità struggente.